L'eco dell'entusiasmo della Chiesa cagliaritana per la visita di Benedetto XVI nelle
parole dell'arcivescovo, Giuseppe Mani, e dei giovani
E’ ancora viva a Cagliari e in tutta la Sardegna l’entusiastica accoglienza riservata
domenica a Benedetto XVI. Oltre 150mila persone lo hanno accompagnato lungo tutti
i suoi spostamenti. Affetto genuino, simbolo di una fede vissuta nel quotidiano dalla
popolazione sarda, che si è preparata a lungo per questa visita. In mattinata la grande
celebrazione al Santuario di Santa Maria di Bonaria, in occasione del centenario dalla
proclamazione della Madonna di Bonaria come patrona massima dell'isola; nel pomeriggio,
poi, l'emezionante incontro con i giovani, in piazza Carlo Felice. Ma prima il pontefice
aveva incontrato in cattedrale sacerdoti e seminaristi sardi. Ce ne parla il nostro
inviato a Cagliari, Salvatore Sabatino:
Rivolgendosi
a loro, il Pontefice è andato col pensiero ai “tanti confratelli che lavorano nell’Isola
- ha detto - su un terreno dissodato e coltivato con ardore apostolico da coloro che
vi hanno preceduto. La Sardegna ha conosciuto presbiteri che, come autentici maestri
di fede, hanno lasciato meravigliosi esempi di fedeltà a Cristo e alla Chiesa”: “Lo
stesso tesoro inestimabile di fede, di spiritualità e di cultura è affidato oggi a
voi; è posto nelle vostre mani, perché di esso siate attenti e saggi amministratori.
Abbiatene cura e custoditelo con gioia e passione evangelica!”. Il
Pontefice ha voluto, poi, ringraziare “gli educatori e i professori, che quotidianamente
si dedicano a un così importante lavoro apostolico". Accompagnare nel loro percorso
formativo i candidati alla missione sacerdotale, significa aiutarli innanzitutto a
conformarsi a Cristo:
“In quest’impegno, voi,
cari formatori e docenti, siete chiamati a svolgere un ruolo insostituibile, poiché
è proprio durante questi anni che si pongono le basi del futuro ministero del sacerdote”.
“Ecco perché - ha aggiunto il Papa - occorre guidare i
seminaristi ad una personale esperienza di Dio attraverso la quotidiana preghiera
personale e comunitaria, e soprattutto attraverso l’Eucaristia, celebrata e sentita
come il centro di tutta la propria esistenza. Facendo riferimento, poi, all’Esortazione
post-sinodale Pastores dabo vobis di Giovanni Paolo II, il Santo Padre si è
rivolto a seminaristi e alunni della Facoltà Teologica, sottolineando che la formazione
teologica è opera quanto mai complessa e impegnativa: “Essa
deve condurvi a possedere una visione 'completa e unitaria' delle verità rivelate
e del loro accoglimento nell’esperienza di fede della Chiesa”. “Di
qui scaturisce la duplice esigenza - ha aggiunto il Papa - di conoscere 'tutte' le
verità cristiane e di conoscerle in modo organico". Inoltre, in questi anni, ogni
attività e iniziativa deve disporvi, ha indicato, a comunicare alla carità di Cristo
Buon Pastore:
“Di Lui siete chiamati ad essere
domani ministri e testimoni: ministri della sua grazia e testimoni del suo amore.
Accanto allo studio e alle esperienze pastorali ed apostoliche delle quali potete
usufruire, non dimenticate pertanto di porre al primo posto la costante ricerca di
un’intima comunione con Cristo. Sta qui, solo qui, il segreto del vostro vero successo
apostolico”. “Cari presbiteri, cari aspiranti al sacerdozio
e alla vita consacrata - ha proseguito Benedetto XVI - Iddio vi vuole tutti per sé
e vi chiama ad essere operai nella sua vigna, così come ha fatto con tanti uomini
e donne lungo la storia cristiana della vostra bella Isola. Essi hanno saputo rispondere
con un 'sì' generoso alla sua chiamata. Senza il seme del cristianesimo - ha osservato
- la Sardegna sarebbe semplicemente più fragile e povera. Insieme a voi rendo grazie
a Dio che mai fa mancare al suo popolo guide e testimoni santi. A voi tocca ora proseguire
l’opera di bene compiuta da chi vi ha preceduto":
“Non
vi spaventino, né vi scoraggino le difficoltà: il grano e la zizzania, lo sappiamo,
cresceranno insieme sino alla fine del mondo. È importante essere chicchi di buon
grano che, caduti in terra, portano frutto. Approfondite la consapevolezza della vostra
identità: il sacerdote, per la Chiesa e nella Chiesa, è segno umile ma reale dell’unico
ed eterno Sacerdote che è Gesù”. Un discorso intenso, quello
del Papa a sacerdoti e seminaristi, così come profondo è quello rivolto ai giovani
del capoluogo sardo, che Benedetto XVI incontra a Piazza Carlo Felice. “Una GMG sarda”,
la definisce lo stesso Papa. Un appuntamento all’insegna della gioia e della felicità,
ma anche della riflessione: due giovani testimoniano la loro speranza contro un presente
faticoso, fatto di disoccupazione, emigrazione, di difficoltà nella costruzione del
proprio futuro. Al Papa consegnano le loro speranze e la loro voglia di fede, per
costruire per tutta la gioventù sarda e non solo un mondo migliore. A loro Benedetto
XVI si rivolge con grande affetto:
“È una grande
gioia per me incontrarvi, al termine di questo breve ma intenso soggiorno nella vostra
bella Isola. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per questa calorosa accoglienza”.
“Conosco il vostro entusiasmo
- prosegue il Papa - i desideri che nutrite e l’impegno che ponete per realizzarli”.
E ha ben presenti anche le difficoltà ed i problemi che i giovani incontrano: la piaga
della disoccupazione e della precarietà del lavoro, l’emigrazione, l’esodo delle forze
più fresche ed intraprendenti, con il relativo sradicamento dall’ambiente che talvolta
comporta danni psicologici e morali, prima ancora che sociali. Il Pontefice, poi,
torna a parlare dei mali di questo tempo, della società consumistica:
“Il guadagno e il successo sono diventati i nuovi idoli di fronte ai quali tanti si
prostrano? La conseguenza è che si è portati a dar valore solo a chi - come si suol
dire - 'ha fatto fortuna' ed ha una sua 'notorietà', non certo a chi con la vita deve
faticosamente combattere ogni giorno”. “Si rischia di essere
superficiali - aggiunge il Papa - di percorrere pericolose scorciatoie alla ricerca
del successo, consegnando così la vita ad esperienze che suscitano soddisfazioni immediate,
ma sono in se stesse precarie e fallaci”:
“Cresce
la tendenza all’individualismo, e quando ci si concentra solo su se stessi si diventa
inevitabilmente fragili; viene meno la pazienza dell’ascolto, fase indispensabile
per capire l’altro e lavorare insieme”. Poi, un riferimento
a Giovanni Paolo II, che nel suo discorso ai giovani, qui a Cagliari, nel 1985 volle
proporre tre valori importanti, tre parole che iniziano con la lettera F - Famiglia,
Formazione e Fede - per costruire una società fraterna e solidale. “Indicazioni quanto
mai attuali anche oggi - sottolinea Benedetto XVI - che volentieri riprendo evidenziando
in primo luogo il valore della famiglia, da custodire come 'antica e sacra eredità'.
“In passato la società tradizionale aiutava di più a formare e a custodire una famiglia.
Oggi non è più così, oppure lo è 'sulla carta', ma nei fatti domina una mentalità
diversa": “Sono ammesse altre forme di convivenza;
a volte viene usato il termine “famiglia” per unioni che, in realtà, famiglia non
sono. Soprattutto si è molto ridotta la capacità dei coniugi di difendere l’unità
del nucleo familiare a costo anche di grandi sacrifici. Riappropriatevi, cari giovani,
del valore della famiglia”. Al termine
di questa importante giornata per tutta la Chiesa sarda, e cagliaritana in modo particolare,
Salvatore Sabatino ha avvicinato per un commento l’arcivescovo del capoluogo
sardo, mons. Giuseppe Mani:
R.
- Io l’ho presentata veramente come una grande celebrazione della fede del popolo
sardo. Ed è riuscita veramente tale. La gente ha partecipato in modo inverosimile
e con una adesione personale che mi ha commosso profondamente.
D.
- Lei ha presentato letteralmente la Sardegna al Papa definendola “un tempio del Signore”…
R.
- E’ stata veramente un tempio del Signore. In Sardegna siamo pochi, siamo soltanto
un milione e 600 mila abitanti, in una terra che è più grande della Sicilia. E credo
ci saranno state tra le 100 e le 120 mila persone almeno. E gli altri erano davanti
alla televisione.
D. - Un altro esempio, quindi,
concreto di quanto questa fede - come dice lei - sia viva, sia nella quotidianità
di questa gente…
R. - E’ una fede vivissima. Siamo
noi che rischiamo di misurare la fede con le statistiche, ma questa è fede su cui
si può far leva. Questo è ciò che fa la Chiesa qui in Sardegna.
D.
- Il Santo Padre ha pronunciato dei discorsi anche molto intensi e legati ai problemi
di questa società. In particolare, ha pregato che la Vergine rende i sardi capaci
di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica. Parole forti...
R.
- Sì. Il Papa ha parlato proprio della necessità di permeare, invadere, animare tutte
queste realtà con la fede, e ne ha parlato in maniera molto forte e anche molto incisiva.
Credo che questo tema sarà un tema che sarà ripreso dalla pastorale, e diventerà veramente
uno stimolo per fare molto.
D. - Ai seminaristi il
Papa ha portato un messaggio importante: "Non vi spaventino né vi scoraggino le difficoltà”.
Un segnale di speranza anche per loro..
R. - Ed ha
citato anche le due figure di martiri dei nostri preti. Il Papa ha detto di non aver
paura, portando come modello don Muntoni, il viceparroco di Orgosolo che è stato ucciso,
e l’altro missionario del PIME, ucciso anch'egli. Questi riferimento sono stati sicuramente
molto, molto efficaci da parte del Papa.
D. - Secondo
Lei, eccellenza, cosa rimarrà come eredità di questa visita ai cagliaritani e a tutti
i sardi, ?
R. - Rimane il frutto di una grande celebrazione
della propria fede. Io in questo ci credo moltissimo, e aver celebrato la fede tutti
insieme - i centenari, le famiglie, i giovani - è stato sicuramente un grande evento,
ed è stato un grande evento di speranza. Ai giovani della Sardegna
- che, ha detto il Papa, "sono il domani di questa terra" - Benedetto XVI ha voluto
ricordare, come abbiamo sentito, tre grandi valori, quali famiglia, formazione e fede.
Ascoltiamo alcuni dei ragazzi presenti all’incontro col Pontefice, nelle interviste
realizzate dal nostro inviato a Cagliari, Salvatore Sabatino:
R. - Penso
che il Santo Padre abbia portato luce a quelli che sono i concetti che per noi giovani,
in questo momento, dovrebbero rappresentare un punto cardine. Perché penso che la
mia generazione si sia un po’ allontanata dai questi valori, ovvero la famiglia, la
formazione e la fede. Da parte del Santo Padre c’è stato quindi, a mio parere, questo
forte richiamo verso di noi, verso noi giovani che dovremmo fare da apripista per
le nuove generazioni.
D. - Cosa vi lascia in eredità
Benedetto XVI?
R. - Sicuramente una carica interiore
che potrà permettere a tutti noi giovani di guardare al futuro con più fiducia. Se
vogliamo cambiare questa società, dobbiamo iniziare anzitutto da noi stessi ed impegnandoci
soprattutto nel nostro piccolo e quindi nel nostro quartiere, nelle nostre scuole,
nelle nostre università e nel nostro comune.
R. -
Io sono molto contenta perché il Papa ha lasciato un messaggio di speranza. Credo
che per i tempi che viviamo, e questo soprattutto nella nostra isola, ci abbia veramente
incoraggiati a non perdere la speranza per la vita futura, ma soprattutto verso il
presente che viviamo.
D. - Quali sono state le emozioni
che avete vissuto?
R. - Commozione profonda, emozione,
vibrazioni del cuore. E’ una persona che ha detto delle cose che hanno veramente toccato
il cuore a tutti.
R. - E’ riuscito a farci capire
che ci pensa e che capisce quali siano i nostri problemi e come viviamo tutti i giorni
la disoccupazione, i licenziamenti, la difficoltà di costruire una famiglia. io e
mio marito abbiamo avuto la fortuna di esserci sposati, da tre anni, e il Signore
ci aiuta. Sentiamo il Papa tanto vicino.
Vasta eco hanno avuto le parole
del Papa che guardando a Cristo ha esortato a “evangelizzare il mondo del lavoro,
dell’economia, della politica”, ribadendo la necessità “di una nuova generazione di
laici cristiani impegnati”. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento
di Antonio Maria Baggio, docente di etica politica presso l’Istituto Universitario
“Sophia” di Loppiano: R.
- C’è un aspetto preoccupante in ciò che ha detto il Papa ed è che se chiede ad una
nuova generazione che si impegni anche in politica, significa che percepisce in un
certo senso una assenza di questa generazione. Manca un’identità forte. Si avverte
che a volte c’è una sudditanza culturale, la necessità di piegarsi alle posizioni
dei vari partiti che non sarebbero secondo una linea di vero pensiero sociale cristiana.
Una frammentazione, in sostanza, che non è soltanto politica. E’ culturale. Siamo,
quindi, davanti al richiamo del Papa - mi sembra – a compiere un lavoro di scavo molto
più profondo.
D. - Sentendo il discorso del Papa
vengono in mente figure come De Gasperi, La Pira… Ma cosa vuol dire oggi essere un
cattolico impegnato in politica? Cosa bisogna fare?
R.
- A me pare che ci voglia un grandissimo lavoro di inculturazione del Vangelo nel
linguaggio specifico della società e della politica. E’ un nuovo annuncio, in effetti,
che deve avvenire nel linguaggio dell’impegno civile. Senza questo annuncio, anche
l’annuncio stesso del Vangelo che la Chiesa fa quotidianamente rimane incompiuto:
rimane, per così dire, almeno in questi settori, disincarnato.
D.
- Seguendo le orme di Cristo, il Papa ha portato in Sardegna la luce della speranza,
ma la quasi totalità dei quotidiani italiani si è concentrata sulle espressioni riferite
alla necessità di un nuovo slancio in politica….
R.
- Mi sembra sia un po’ il mestiere del giornalista in questo contesto, che ha come
punto di riferimento i politici. Il giornalista si interroga quindi - in maniera molto
quotidiana e non secondo l’attualità profonda di un discorso, ma secondo la sua contemporaneità
spicciola - da che parte tale discorso possa essere "tirato". E siccome ci sono dei
politici che di fronte ad un richiamo del genere non vedono l’immensità del problema
- l’epocalità dell’impegno che è richiesto, ma vedono ciò che praticamente può toccare
il loro piccolo - anche il giornalista che fa riferimento a questa "piccolezza" politica
non può che commentare in questo senso.