2008-09-05 12:52:44

Mons. Ravasi a Salamanca: dimenticare il cristianesimo è cancellare tutta la nostra cultura


Il cristianesimo come “grande codice” ideale dell’Europa: questo il tema centrale della relazione di mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontifico Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Il presule è intervenuto presso la Pontificia Università di Salamanca, in occasione del convegno intitolato “Il patrimonio culturale della Chiesa. La bellezza al servizio dell’evangelizzazione e della cultura”. Il servizio di Isabella Piro:RealAudioMP3

 
 
“La lingua materna dell’Europa è il cristianesimo”: lo diceva Goethe e mons. Ravasi lo ricorda, ribadendo poi che la religione cristiana, “con la sua celebrazione della persona e della dignità umana”, con “l’ora et labora” del monachesimo, con “la riflessione del Medio Evo e con “la cultura gloriosa dell’Umanesimo e del Rinascimento”, costituiva “il grande codice ideale dell’Europa”. Certo, continua mons. Ravasi, oggi il Vecchio Continente ha una sua “sfera politica, economica, laica” con una propria dignità ed una propria autonomia “emblematicamente rappresentata da un parlamento comune e da una moneta, l’euro”. Tuttavia, ribadisce il presule, “c’è un’altra sfera che è distinta ma non antitetica ed è quella della persona umana, della cultura, della spiritualità ove si configura “l’immagine” non di Cesare, ma di Dio”. Di qui, l’attenzione posta dal presidente del Pontificio Consiglio della Cultura affinché “l’Europa di Cesare e l’Europa di Dio, cioè immanenza e trascendenza, politica e religione, economia e cultura” si intreccino tra loro, “senza reciprocamente prevaricare”.

 
E a questo proposito, mons. Ravasi lancia un triplice appello per impedire “la dissoluzione della nostra specificità, della nostra autenticità, della nostra identità gloriosa”. In primo luogo, il presule ricorda che “è innanzitutto necessario lottare contro la smemoratezza nei confronti delle proprie radici, dei valori costitutivi, dell’identità genuina dell’Europa”, perché “c’è il rischio che l’Europa si riduca proprio a scorza, a tronco arido, avendo disseccato la linfa delle sue radici profonde cristiane, votata solo alla “virtualità”. Il secondo appello proposto da mons. Ravasi è quello contro “la superficialità, la banalità, la vacuità, la volgarità, la bruttezza”, affinché si torni “all’etica e alla bellezza”, stelle fisse – le definisce il presule – del cielo della civiltà europea, sullo stimolo del messaggio cristiano. Per questo, continua, “è necessario un sussulto di moralità, un supplemento di anima”, perché “manca una voce che ci indichi la rotta, il senso della vita, che ci interpelli sul bene e sul male, sul giusto e sull’ingiusto, sul vero e sul falso, sull’esistere e sul morire”.

 
Infine, il terzo appello di mons. Ravasi è quello della lotta agli “estremismi, agli eccessi, alla spirale delle pure antitesi”, perché se da un lato si rischia “un sincretismo che diventa relativismo incolore e che spegne e dissolve la nostra identità specifica”, dall’altro si corre il rischio di “precipitare lungo il versante di un fondamentalismo che diventa esclusivismo acceso e che cancella ogni rispetto e ignora ogni valore altrui”. Per evitare, allora, questa “sorta di foga iconoclastica, feroce e impaurita al tempo stesso, nei confronti di tutto ciò che è diverso”, mons. Ravasi ribadisce che “è indispensabile ritrovare la grande tradizione del dialogo, del confronto tra le culture e le religioni, nello spirito del cristianesimo genuino”. Perché, conclude il presule, citando il poeta americano Thomas Stearns Eliot, “se il cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura, se ne va tutto il nostro stesso volto”.







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