2008-09-04 14:57:25

Guatemala: messaggio per la Giornata dell’Emigrante


“Madre terra, vita dei Paesi” è il titolo del messaggio scritto da mons. Álvaro Ramazzini, vescovo di San Marcos e presidente della Pastorale della Mobilità Umana della Conferenza Episcopale del Guatemala, per la celebrazione della Giornata Nazionale dell’Emigrante che la Chiesa del Guatemala celebra domenica prossima. “In questo anno - si legge nel messaggio ripreso dall'agenzia Fides - vogliamo richiamare l’attenzione, nazionale ed internazionale, sul dramma vissuto dalla popolazione migrante riguardante il fenomeno disumano delle deportazioni e segnalare, nel contesto guatemalteco, l’intima relazione esistente tra l’ingiusta distribuzione dei beni della terra e l’aumento della povertà, causa fondamentale delle migrazioni forzate”. Secondo mons. Ramazzini, “i flussi di immigrati dai Paesi poveri verso i Paesi ricchi sono attualmente determinati da fattori di indole economica”. Infatti, “l’aumento della povertà, la mancanza di opportunità e il mancato avvio di processi di sviluppo integrale e sostenibile, sono causa ed effetto del divario sempre crescente tra i Paesi ricchi ed i Paesi poveri, e tra i settori ricchi e quelli impoveriti di ciascun Paese”. Questa divisione è frutto della globalizzazione, dove “la dinamica del mercato assolutizza con facilità l’efficacia e la produttività come valori regolatori di tutte le relazioni umane”; questo fenomeno promuove dunque “ineguaglianza ed ingiustizie molteplici”. Secondo il vescovo, “i problemi sorti da una situazione di ingiustizia strutturale che colpisce con sempre maggiore forza i poveri, devono essere risolti con criteri etici”. Vi è inoltre il problema delle detenzioni e delle deportazioni irregolari in Messico e negli Stati Uniti, fenomeno che “comporta sempre il rischio di colpire i diritti umani”. Una dimostrazione di ciò è la violenza che soffrono gli immigrati quando devono attraversare i Paesi di transito nelle zone di confine, dove sono frequenti “i crimini legati alla tratta delle persone, attraverso lo sfruttamento sessuale, la prostituzione, il lavoro forzato, la schiavitú e pratiche analoghe come la servitù”. Inoltre non è diminuita l’immigrazione clandestina “ma si è spostata verso nuove rotte, usando vie più pericolose per via delle politiche e delle leggi sull’immigrazione sempre più restrittive”. Per questo “la vulnerabilità degli immigrati si acutizza, aumenta il numero di morti, la maggiore dipendenza dai trafficanti ed un maggiore costo per giungere a destinazione”. “Come discepoli di Gesù Cristo non dobbiamo né possiamo lasciar passare inosservati il dolore ingiusto e l’esclusione che soffrono quotidianamente i nostri fratelli e sorelle emigranti. Restare indifferenti di fronte alle detenzioni ingiustificate, alle morti, alle deportazioni di massa, alle violazioni dei diritti umani, alla povertà crescente - conclude il presule - significa rendersi complici”. (R.P.)







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