Elezioni parlamentari in Angola, le prime dalla fine della guerra civile
L’Angola alle urne nelle prime elezioni parlamentari dalla fine, nel 2002, della guerra
civile, che per 27 anni ha sconvolto il Paese africano. Otto milioni gli aventi diritto
al voto. Indipendente dal Portogallo dal 1975, il conflitto vide confrontarsi il Movimento
Popolare per la Liberazione dell’Angola (MPLA), guidato dall’attuale presidente Edoardo
Dos Santos, e gli ex ribelli dell’Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola
(UNITA) di Jonas Savimbi, ora scomparso, e si chiuse con lo spaventoso bilancio di
500 mila morti. Nonostante le frizioni politiche non siano del tutto terminate, in
Angola attualmente si è voltata pagina sul periodo drammatico della guerra, e, grazie
anche ad importanti investimenti dall’estero, si assiste ad un sensibile miglioramento
economico e sociale, anche se la povertà interessa ancora vaste aree della popolazione.
Sulla situazione Giancarlo La Vella ha raccolto il parere di Silvia Prati
del Centro Informazione ed Educazione allo Sviluppo, organizzazione non governativa
che porta avanti diversi progetti in Angola:
R. – La situazione
politica nel Paese è assolutamente normalizzata. Ci sono delle differenze enormi,
anche con le elezioni del ’92, che avevano portato tanti e così grandi problemi. C’è
ovviamente qualche timore legato ad un’eccitazione generale, in vista delle elezioni,
ma si temono più i piccoli tafferugli legati ai festeggiamenti, che non seri disordini. D.
– La situazione sociale oggi qual è? La popolazione come vive? R.
– La situazione sociale è molto particolare, nel senso che, in un Paese con uno sviluppo
economico così grande ci si aspetterebbe che non ci sia il bisogno di un intervento.
In realtà, è un Paese che ha bisogno di partner sociali forti. Negli ultimi anni,
per esempio, nell’alfabetizzazione ci sono stati dei miglioramenti enormi e veramente
tangibili. Rimangono però tanti settori, come quello della salute, come quello della
prevenzione, che hanno veramente bisogno di un sostegno. Anche da un punto di vista
della disoccupazione, l’Angola ha il boom delle opere pubbliche in questo momento,
ma sono tutte affidate a ditte straniere che operano con personale proprio. Quindi,
c’è stato un aumento dell’offerta dei posti di lavoro, ma veramente minima, rispetto
a quello che è il boom del Paese. Ci sono enormi sacche di povertà, non solo nelle
province, ma anche all’interno della stessa capitale. E’ ovvio, però, che è un Paese
in cammino. D. – Questo cammino è stato possibile grazie all’intervento
massiccio della comunità internazionale? R. – Sì, assolutamente.
La comunità internazionale è stata molto presente durante la guerra: le Nazioni Unite,
l’Unione Europea, anche le Ong e le realtà di questo settore a livello internazionale.
E nel periodo di ricostruzione prima e normalizzazione poi è stata veramente una presenza
importante. D. – Tutto questo sta avvenendo grazie anche al
vostro intervento e delle altre organizzazioni non governative… R.
– Stiamo facendo la nostra parte, ovviamente in linea con le necessità e con le prospettive
del Paese. Siamo riusciti ad arrivare ad un dialogo per la riforma del diritto minorile,
alla creazione di un tribunale per i minori, al recupero sociale dei minori in conflitto
con la legge. Quindi, il sociale veramente è un aspetto importante della vita di un
Paese. Spesso, devo dire, il bisogno sociale viene sottovalutato rispetto al bisogno
economico. Mentre, invece, ritengo che l’Angola abbia veramente bisogno di partner
sociali che gli permettano di procedere in questo cammino di democratizzazione che
ha cominciato con ottimi risultati.