Pakistan: tanti i cristiani "vittime della persecuzione religiosa"
Non solo in India “i cristiani vivono nella paura e sono vittime della persecuzione
religiosa”. Accade anche in Pakistan e a denunciarlo all’Opera di diritto pontificio
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS) è padre Emmanuel Asi, francescano cappuccino,
parroco a Lahore e segretario della Commissione biblica cattolica del Paese. “Ancora
oggi – racconta padre Asi – essere cristiani in Pakistan equivale a essere cittadini
di serie B, ma nonostante questo essi vanno molto fieri della loro appartenenza religiosa”.
In Pakistan, i cristiani appartengono spesso ai ceti sociali più disagiati e intere
famiglie sono costrette a lavorare per i grandi proprietari terrieri. Senza contare,
riporta il Sir, che ai cristiani è interdetto l’accesso a determinate professioni
e perfino ai colloqui di lavoro. Il dialogo interreligioso è reso difficile anche
dalle accuse di proselitismo rivolte ai cattolici. Negli ultimi due anni, informa
ACS, c’è stato in Pakistan “un rilevante aumento degli attacchi nei confronti delle
minoranze religiose”, realizzati sotto forma di “fatwa” (i verdetti emessi dai tribunali
islamici che possono condannare a morte anche i non-musulmani), di rapimenti e di
assalti ai luoghi di culto. Lo strumento peggiore di persecuzione religiosa rimane
la cosiddetta “legge sulla blasfemia”, che punisce le offese al Corano e la diffamazione
del profeta Maometto con il carcere a vita o con la pena di morte. (S.G.)