2008-09-03 15:50:51

Conferenza di Accra: le Chiese cristiane africane chiedono maggiori interventi per i poveri


Una riforma degli aiuti allo sviluppo che non affronti la questione centrale del suo reale impatto sui poveri non potrà risolvere lo scandalo della povertà nel mondo. È il monito lanciato dalle Chiese cristiane africane e dalle ong religiose, alla vigilia del Terzo Forum di alto livello promosso dall’Unione Europea sull'efficacia degli aiuti, che ha preso il via ieri ad Accra, in Ghana. La conferenza, cui partecipano 800 rappresentanti di Paesi donatori e di Paesi beneficiari e delle organizzazioni della società civile, dovrà fare il punto dell’attuazione della “Dichiarazione di Parigi” sull’efficacia dell’aiuto allo sviluppo come strategia di contrasto alla povertà. In particolare nel corso della conferenza, che si concluderà giovedì, verrà adottata la “Accra Agenda for Action", un documento che dovrebbe tracciare il percorso per l’applicazione dei principi adottati alla Conferenza di Parigi del 2005. Le Chiese cristiane del Continente interverranno partecipando ad un forum parallelo della società civile. In una dichiarazione congiunta, la Caritas Internationalis, il SECAM, il Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar, la Conferenza panafricana delle Chiese (AACC), la Cooperazione internazionale per lo sviluppo e la solidarietà e l’Azione delle Chiese insieme per lo sviluppo rilevano come gli interessi reali dei poveri non siano stati presi in considerazione nelle bozze dei documenti che saranno presentati al Forum. “La conferenza di Accra può aiutare a porre fine allo scandalo della povertà, ma solo a condizione che aiuti i poveri a diventare artefici del proprio sviluppo”, ha dichiarato il reverendo Mvuve Dandala, Segretario generale della AACC. Secondo René Grotenhuis, che rappresenta la Caritas, finora è stata data più attenzione alla quantità che alla qualità degli aiuti e la “Dichiarazione di Parigi” ignora il tema dello sviluppo sostenibile. Ancora più netto il giudizio di Gweneth Berge, dell’Azione delle Chiese insieme per lo sviluppo, che lamenta lo scarso coinvolgimento delle comunità direttamente interessate e denuncia come gli aiuti siano gestiti dai Paesi ricchi solo in funzione dei propri interessi economici, anziché di quello dei poveri. Secondo mons. Francisco Silota, che rappresenta il SECAM, è necessario coinvolgere di più le Chiese e le Ong religiose nella gestione degli aiuti, essendo esse le principali fornitrici di servizi sanitari, educativi e assistenziali nei Paesi in via di sviluppo. (L.Z.)







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