Naufragio di immigrati al largo di Malta: 70 dispersi
Sono riprese le ricerche dei 70 immigrati dispersi nel naufragio dell'imbarcazione
su cui viaggiavano, avvenuto ieri a circa 40 miglia a sud di Malta. Le operazioni
sono condotte da un elicottero tedesco della missione dell'Unione Europea, Frontex.
Il velivolo, ieri sera, aveva avvistato in acqua a 56 miglia dalla costa de La Valletta
i corpi di tre extracomunitari, ma non era stato possibile recuperarli a causa delle
cattive condizioni del mare. Gli otto migranti sopravvissuti hanno raccontato di essere
partiti dalla Libia in 78, giovedì scorso. Dopo due giorni di navigazione sarebbero
rimasti senza viveri e lunedì avrebbero cominciato a imbarcare acqua. Tra i passeggeri
c'erano anche quattro donne di cui tre incinta. A soccorrerli, mentre il gommone stava
affondando, è stato l'equipaggio di un peschereccio maltese. Una tragedia che rappresenta
la punta di iceberg di un fenomeno di immigrazione irregolare che prosegue senza sosta
seppur a ritmi diversi a seconda della stagione. Fausta Speranza ha raggiunto
telefonicamente l’arcivescovo di Malta, mons. Paul Cremona:
R. – Well,
actually, obviously it is a tragedy; it is a tragedy because so many people ... Ovviamente,
è una tragedia; è una tragedia perché tanta gente è costretta a lasciare aree in cui
imperversano conflitti, carestie e povertà: già questa è una tragedia di per sé. L’entità
della tragedia aumenta quando, nell’attraversare il tratto di mare tra Africa ed Europa,
accade quello che è accaduto ieri notte: che tanta gente muore nel compiere questa
traversata. Questo aggiunge tragedia a tragedia. Penso che sul piano internazionale
dovrebbe esserci collaborazione ad ogni livello ed in ogni istituzione in modo che
questa gente non debba più avere la necessità di affrontare queste traversate alla
ricerca di una vita migliore. La Chiesa interviene quando queste persone, questi richiedenti
asilo, arrivano a Malta. Il numero è elevato e, da un punto di vista economico e politico,
questo pone un problema al governo. La posizione della Chiesa, però, èsempre
stata quella di ricordare che non ci troviamo di fronte a cifre, perché ciascuno di
loro è un essere umano con la dignità e l’importanza di ogni essere umano e di fronte
a Dio Creatore, che ha creato ogni singola persona a sua immagine e somiglianza, a
prescindere dal colore della sua pelle, dalla sua origine, dal suo Paese. Da parte
sua, la Chiesa a Malta cerca di aiutare queste persone quando arrivano sull’isola
e quando poi vivono a Malta. La Chiesa cattolica si prende cura di circa 400 richiedenti
asilo, sugli oltre duemila presenti nel Paese; esiste anche, per iniziativa della
Commissione per i migranti, un laboratorio per la pace in cui sono ospitati altri
immigrati. Per quanto riguarda i diritti umani, abbiamo il Jesuit Refugee Service,
il servizio di assistenza umanitaria dei Gesuiti, che regolarmente fa visita ai centri
di raccolta per verificarne il rispetto. In questo ultimo mese, c’è stata anche una
presa di contatto tra la Chiesa e uno dei maggiori sindacati del Paese, affinché a
coloro che lavorano a Malta siano riconosciuti dignità e diritti. Quindi, a coloro
che otterranno il permesso di lavorare a Malta sarà riconosciuta anche la dignità
di lavoratori, non saranno più considerati richiedenti asilo, come accade con la popolazione
del luogo. Ecco, queste sono le prime considerazioni che mi vengono in mente quando
accadono questi disastri, come il terribile annegamento di tante persone.
D.
– Quali sono i sentimenti della popolazione? I maltesi hanno paura degli immigrati
clandestini? R. – No. I think that the feelings are on two levels.
I think that in themselves, … No, credo che i sentimenti siano complessi.
Credo che la popolazione maltese non sia razzista. Quando ero ancora parroco, nella
nostra parrocchia c’erano alcuni richiedenti asilo, alcuni profughi, e la gente li
ha aiutati tanto, li hanno accolti nella nostra comunità. Credo che il problema –
e questo è l’altro lato della medaglia – consista nel fatto che sono talmente tanti,
ormai, qui, sull’Isola, che noi speriamo che questo non porti a manifestazioni di
razzismo tra la gente. Noi, i vescovi sull’Isola, diciamo sempre che ci rendiamo conto
che i numeri ingenti di persone che arrivano rappresentano un problema, che magari
Malta non è nemmeno in grado di assorbirle tutte. Ma queste persone non sono numeri
ma, appunto, persone, e devono essere trattate nel rispetto della dignità riconosciuta
ad ogni essere umano. Specialmente i cristiani hanno il dovere di considerarle con
gli occhi della fede. E questo significa che non c’è alcuna differenza tra loro e
chiunque altro, maltese o no, che viva su quest’Isola. E proprio
stamane imbarcazioni di irregolari sono state soccorse a sud di Lampedusa e a largo
delle coste della Sardegna. Anche in Italia infatti lo sbarco è praticamente giornaliero.
Così come il fenomeno è intenso anche sulle coste spagnole e rappresenta pertanto
una questione europea. Fausta Speranza ha chiesto a Pasqualina Napoletano,
deputata del Parlamento Europeo, se ci sono dei distinguo da fare tra Italia, Spagna
e Malta. R.
– Sono più o meno le stesse situazioni dell’Italia, anche perché sono successe molte
tragedie anche nello Stretto di Gibilterra, nel passaggio dal Marocco alla Spagna.
I problemi più o meno sono gli stessi; Malta, tra l’altro, essendo una piccola isola,
vive questo con particolare ossessione. La Spagna ha avuto la possibilità di integrare
nelle attività lavorative, per esempio nell’edilizia, molti immigrati e quindi questo
flusso è stato anche accolto. Però adesso, per esempio, nel settore dell’edilizia
c’è una crisi e quindi c’è una preoccupazione che riguarda appunto la tenuta di queste
persone che sono entrate nel Paese ... Quindi, diciamo che i problemi sono analoghi.
C’è da dire che l’Europa stenta a darsi una politica coerente e completa per quanto
riguarda l’immigrazione, perché ciascun Paese pensa di governarla per conto proprio.
Le cose che si sono cominciate ad armonizzare sono state, per esempio, la direttiva
sul respingimento degli immigrati che si trovano nel territorio europeo senza regolare
permesso di soggiorno o perché scaduto o perché erano entrati, diciamo, con varie
forme legali che poi non sono riusciti a rinnovare: in questo c’è stata un’armonizzazione.
Però, non si può cominciare dalle espulsioni senza avere fatto insieme un lavoro che
riguarda i canali di immigrazione illegale, l’accordo con i Paesi di provenienza non
solo sul respingimento, ma anche sull’accoglienza. Quindi, possiamo dire che la politica
europea finora è parziale, non riesce a governare il fenomeno nel suo complesso.