Ancora violenze e omicidi in India ai danni della comunità cristiana. La Santa Sede:
basta "sopraffazioni". Intervista con il nunzio apostolico, mons. Lopez Quintana
Ancora orrore e sgomento in India, dove è salito a cinque il bilancio dei morti a
causa di violenze scoppiate nello Stato di Orissa e compiute contro cristiani da estremisti
indù. la Santa Sede, in un comunicato diffuso dalla Sala Stampa, esprime solidarietà
alle Chiese locali e alle Congregazioni religiose coinvolte. La Santa Sede “riprova
queste azioni che ledono la dignità e la libertà delle persone e compromettono la
pacifica convivenza civile”. Nello stesso tempo, fa appello a tutti affinché, con
senso di responsabilità, si ponga fine ad ogni sopraffazione e si ricostituisca un
clima di dialogo e rispetto vicendevole. Nelle ultime ore, tre persone sono morte
per asfissia dopo che le loro case sono state incendiate. Un uomo è inoltre rimasto
ucciso in seguito ad un incendio divampato in un villaggio. Tra le vittime c’è anche
una giovane missionaria avvolta dalle fiamme, mentre in un orfanotrofio cercava di
mettere in salvo dei bambini. Su queste violenze ascoltiamo il commento di uno dei
portavoce dei vescovi dell’Andra Pradesh, padre Anand Mutungal, raccolto da
Tracey McClure del programma inglese della nostra emittente:
R. - What
has taken place... Quello che è successo recentemente è che il fondamentalismo
è aumentato e si è diffuso. E’ un tipo di fondamentalismo specifico dei movimenti
indù, soprattutto di uno dal nome Hindutva. Il loro movimento è diventato
molto forte sia in Andra Pradesh che in tutta la regione indù, compresa la zona di
Orissa. Il risultato della crescita di questi movimenti indù sono gli scontri che
vediamo sia nel nostro Stato che in altri Paesi.
D.
- Fino a che punto pensa che questi recenti scontri siano il risultato delle paure
del popolo indù riguardo alle conversioni cristiane?
R.
- The fact is that... Il fatto è che le conversioni forzate sono molto poche
in India e soprattutto nelle regioni indù, come l’Andra Pradesh e altre. Usare le
conversioni come pretesto per gli scontri è diventata una questione politica, dove
si accusano i cristiani di convertire la gente. Tutto questo, però, è infondato. E’
la loro agenda politica. C’è - è vero - un elemento di conversione, ma questo si concentra
maggiormente nel circolo delle Chiese indipendenti di origine protestante-evangelica.
Queste conversioni accadono maggiormente, perché alla gente viene offerto qualcosa
di materiale. E questi gruppi che convertono ricevono fondi dagli Stati Uniti e dal
Canada soprattutto. Le Chiese indipendenti mandano gruppi missionari da questi Paesi.
Investono tanto denaro in queste missioni, e, una volta convertiti i piccoli villaggi,
se ne vanno. Queste persone lasciate sole, poi, cominciano a creare problemi alla
Chiesa tradizionale indiana. E siccome la quella cattolica indiana è una delle Chiese
cristiane più tradizionali dell’India, è essa a subirne le conseguenze. Tutta questa
tensione deve essere fermata una volta per tutte in India: soprattutto, deve essere
affrontato questo tipo di conversione e arrestato questo modo di spendere denaro per
convertire. Anche il lavoro di queste Chiese indipendenti deve essere fermato.
D.
- Il World Council of Churches insieme con il Vaticano sta lavorando per stilare delle
linee guida per quanto riguarda le conversioni. Sa qualcosa di questo progetto?
R.
- Yes, I have been through... Sì, tramite Internet sono venuto a conoscenza
delle politiche del World Council of Churches. La domanda rispunta, perché ci sono
pastori che lavorano indipendentemente sia dal Vaticano che dal World Council of Churches.
Sono loro che veramente usano il denaro per convertire le persone, solo per dei brevi
periodi, dopo di che se ne vanno. E’ mia opinione che sia dovere dei governi stilare
delle politiche che mettano fine a questo tipo di attività sbagliata dei missionari
indipendenti in India. Questo sarebbe molto meglio.
Gli attacchi contro
i cristiani in Orissa sono iniziati lo scorso 22 agosto, dopo l’omicidio di un leader
radicale indù, ucciso secondo diverse fonti non da cristiani - come sostenuto da fondamentalisti
induisti - ma da ribelli maoisti. Dietro questa nuova ondata di violenze contro i
cristiani nello Stato indiano ci sono, in realtà, diverse cause. E’ quanto sottolinea
al microfono di Amedeo Lomonaco l’arcivescovo Pedro López Quintana,
nunzio apostolico in India:
R. – Dietro
questa violenza ci sono dei gruppi fondamentalisti. Qualcuno è anche appoggiato ad
ideologie di matrice nazista, totalitaria. Lo scopo di questi gruppi è di creare e
imporre uno Stato fondamentalista. Hanno trovato in certi Stati dell’India una situazione
maggiormente favorevole. Sono diffusi in tutto il Paese, ma in alcune parti dello
Stato non riescono ad avere presa sulla popolazione. In altre zone trovano terreno
più fertile per creare questa situazione e diffondere la violenza.
D.
– Quindi, in realtà, la religione non è la causa di queste violenze. Il vero problema
è costituito da queste ideologie...
R. – Esatto.
La religione viene utilizzata come uno strumento di manipolazione. In questo caso,
anche tali gruppi considerano la religione cristiana una religione straniera, cui
bisogna opporsi. Secondo loro, si deve evitare che il cristianesimo si diffonda nel
Paese. Travisano la realtà affermando che i cristiani praticano il proselitismo, cosa
che è proibita dalla legge. Sostengono che i cristiani fanno delle conversioni forzate.
Ci sono moltissime accuse assurde. Oggi ho ascoltato uno di questi leader fondamentalisti
in televisione: diceva che loro non stavano diffondendo la violenza. Ma allo stesso
tempo, aggiungeva che questa violenza contro i cristiani è un bene, perché i cristiani
impediscono che altri lavorino. Questa è una tesi allucinante. Sono queste le accuse
che non reggono. Ma sono scuse dalle quali la gente semplice si lascia manipolare
facilmente.
D. - Ricordiamo che i cristiani sono
il 2 per cento della popolazione in India. Quale contributo danno proprio i cristiani
allo sviluppo dello Stato indiano, sotto il profilo sia culturale, ma anche formativo?
R.
- Sia nel campo assistenziale, sia in quello sanitario che educativo i cristiani in
India sono una presenza molto, molto importante. Bisogna pensare che i centri educativi
- soprattutto cattolici - sono i più ricercati per la qualità dell’insegnamento. Questo
dimostra che la Chiesa ha una rilevanza molto importante nel Paese, più che la realtà
stessa. Alle volte sembra che siamo una forza più grande, dal punto di vista numerico,
rispetto alla dimensione reale della comunità, che è una piccola minoranza. Questo
è un elemento che molte volte confonde gli stessi gruppi fondamentalisti: pensano
che siamo più forti di quello che in realtà siamo.
D.
- Dopo queste violenze in quali passi e azioni concrete si possono riporre reali speranze
di riconciliazione?
R. - La speranza in India è una
realtà che esiste, perchè il dialogo, la convivenza sono qualcosa che appartiene alla
realtà della società indiana. Purtroppo, i gruppi fondamentalisti cercano di distruggere
tale realtà, gettando veleno per rompere la struttura della società indiana. Noi siamo
sicuri - come è già successo a Natale, sempre nello stato di Orissa - che gli stessi
membri delle altre comunità saranno i primi a dare una mano anche in questo caso.
E vorrei anche dire - come sottolineano i vescovi - che la Chiesa in India è risoluta
e, a dispetto di tutta questa orrenda esperienza di violenza, tornerà a fare il suo
lavoro per il bene di tutti, particolarmente per i più poveri. Se questi gruppi pretendono
di mettere paura nel corpo perchè la Chiesa abbandoni la propria missione, non ci
riusciranno: la Chiesa in India è risoluta nel continuare la propria missione di amore,
nel manifestare l’amore di Dio a tutti, particolarmente ai più piccoli.