I russi si ritirano da Gori. Sudosseti e abkhazi reclamano l’indipendenza
Prime schiarite nella crisi georgiana: le truppe russe si stanno ritirando dalla città
di Gori. Il servizio di Fausta Speranza.
Separatisti
abkhazi e sudosseti in piazza oggi per reclamare l'indipendenza dalla Georgia, mentre
il ritiro delle forze russe procede al rallentatore e con sorprese. Oggi infatti lo
stato maggiore russo ha confermato che tutte le forze militari di Mosca si ritireranno
entro domani dalla Georgia, come promesso dal leader del Cremlino Dmitri Medvedev,
ma all'interno dell'Ossezia del Sud e della fascia di sicurezza, nella zona dei peacekeeper
russi. L'accordo di pace mediato dalla presidenza francese della UE, invece, prevede
che le truppe russe, come quelle georgiane, tornino alle posizioni precedenti al conflitto:
in tal caso, i soldati russi dovrebbero arretrare oltre il confine, lasciando solo
i peacekeeper. Inoltre, nonostante l'annuncio del ritiro anche dalla zona di Gori,
tuttora inaccessibile, le forze russe continuano a presidiare anche la strada che
porta a Tbilisi. Qualcosa comunque si muove, se a Zaramag, alla frontiera tra l'Ossezia
del sud e quella della repubblica russa dell'Ossezia del Nord, si è verificato un
imbottigliamento di camion militari. A Tskhinvali, capitale dell’Ossezia del Sud,
- dove stasera il famoso maestro russo Valeri Gergiev, di origine osseta, dirigerà
la sua orchestra in un concerto-requiem all'aperto per le vittime del conflitto -
è atteso nel pomeriggio un raduno di massa sollecitato dal 'presidente' Eduard Kokoity
per sostenere la richiesta di riconoscimento dell'indipendenza. Analoga iniziativa
si è già svolta nell'altra regione separatista dell'Abkhazia, dove 55 mila persone
hanno sostenuto l'istanza formalizzata ieri dal 'parlamento' per il riconoscimento
da parte di Mosca. Lunedì ne discuterà il senato russo, e forse anche la Duma, la
camera bassa del parlamento russo. Resta da dire che Medvedev, intanto, dopo l'appoggio
espresso dalla leadership venezuelana e bielorussa, ha incassato oggi anche la solidarietà
e il sostegno del presidente siriano Bashar al Assad in visita a Soci.
E
sulla situazione degli sfollati a Tblisi, Claudia Di Lorenzi ha intervistato
il dott. Francesco Rocca, direttore delle operazioni della Croce Rossa Italiana,
che nella capitale georgiana guida un team di medici e volontari operativi presso
alcune delle 600 strutture che ospitano le vittime del conflitto:
R. – I profughi
sono circa 50 mila; prevalentemente vengono dall’Ossezia del Sud, dall’area di Gori,
e sono dislocati in scuole, vecchi ospedali, asili. Sono circa 600, in questo momento,
i centri di accoglienza per i profughi qui a Tbilisi. Disperati perché hanno lasciato
tutto: hanno lasciato il lavoro, hanno lasciato la casa, quelli più fortunati sono
venuti via in macchina, quindi hanno potuto portare poche cose. La maggior parte ha
bisogno di vestiario, cibo, cure mediche. Le storie sono tante; quello che, come in
ogni guerra, in ogni tragedia colpisce è la situazione dei bambini, che sono sempre
i più vulnerabili e i più colpiti.
D. – A che punto
è il ritiro delle forze russe dal territorio georgiano?
R.
– Ci sono voci contrastanti, ma non sembra che allo stato le truppe russe si siano
completamente ritirate; ci sono ancora parecchi presidi, parecchi ceck-point, poi
c'è anche tutta una serie di milizie irregolari che si aggirano per i villaggi, per
cui le persone hanno deciso di lasciare le loro cose, le loro case e di scappare dalla
violenza e trasferirsi verso la capitale. Questo pomeriggio ci recheremo proprio a
Gori per verificare la situazione e fare anche una prima valutazione sul campo, perché
in quell’area i bisogni della gente sono enormi.
D.
– Come opera in questi giorni la Croce Rossa a Tbilisi?
R.
– Stiamo allestendo una cucina da campo presso un ospedale abbandonato, dove ci sono
circa 1500 persone - di cui circa 300 bambini - e noi daremo da mangiare a tutte queste
persone e ad alcuni asili in zona, fino a un totale di 2500 persone. La prossima settimana
è in arrivo un’ulteriore autocolonna da Brindisi, che verrà dislocata proprio nell’area
di Gori, per sostenere 2500-3000 persone al giorno. Ci sono molte difficoltà, perché
Tbilisi è praticamente circondata; alcuni corridoi vengono aperti. Comunque è una
zona altamente insicura, proprio per la presenza di irregolari, anche per gli operatori
umanitari. Io prego di rispondere agli appelli che in questo momento si stanno moltiplicando,
per sostenere questa popolazione così colpita; in particolar modo, Croce Rossa ha
lanciato un appello per sostenere le nostre attività che dovrebbero protrarsi per
almeno sei mesi.