India: i funerali del padre carmelitano barbaramente ucciso nell'Andra Pradesh
Si sono svolti oggi i funerali di padre Thomas Pandipally, il carmelitano ucciso e
mutilato il 16 agosto scorso mentre si stava recando in un villaggio dell’Andra Pradesh
per celebrarvi la Messa. Lo riferisce l’agenzia AsiaNews. Il sacerdote era nativo
della diocesi di Palai nel Kerala, dove pure è nato il salesiano padre Johnson Prakash
Moyalan ucciso in Nepal in luglio. In un comunicato congiunto il Consiglio dei vescovi
del Kerala ha espresso “stupore e angoscia” per “il brutale omicidio” di padre Thomas,
che “ha dedicato la vita ad aiutare la gente”. E hanno chiesto al governo di proteggere
i missionari che lavorano per “gli emarginati e i poveri del Paese”. Padre Anthoniraj
Thumma, segretario della Federazione delle Chiese dell’Andhra Pradesh, nota che nella
zona dell’omicidio “ci sono già state violenze” anticristiane. Violenze dirette –
notano i vescovi – anzitutto contro le istituzioni cristiane come scuole e ospedali
per i poveri, invise a chi gestisce analoghe strutture a pagamento. Mons. Raphael
Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubanewsawr nell’Orissa, denuncia che le autorità
non hanno perseguito gli autori delle violenze di Natale, quando migliaia di estremisti
indù hanno scatenato in alcuni villaggi una vera “caccia al cristiano”, in modo organizzato
e sistematico, distruggendo e bruciando chiese e decine di abitazioni di cristiani,
uccidendoli e costringendoli a fuggire per settimane nella foresta. “I colpevoli sono
liberi e fieri della loro impunità”. Mons. Cheenath è stato sentito il 15 luglio dalla
Commissione Panigrahi che svolge l’indagine penale e che pure ha già sentito “3 sacerdoti,
2 suore e un diacono”. A tutti la Commissione “ha solo posto domande per accertare
se vi siano state conversioni”. In alcuni Stati dell’India, convertire altri dall’induismo
ad altra fede è un grave reato punito con il carcere. “La Commissione non ci ha chiesto
chi erano gli aggressori, chi ha distrutto chiese e conventi, solo una domanda occasionale
circa l’inattività della polizia”, che in molte zone per giorni non è intervenuta.
“Sono potuto rientrare nei luoghi devastati solo 42 giorni dopo l’assalto”. Invece
è stato chiesto loro “quante persone abbiamo convertito”. “Il governo centrale – prosegue
– ci ha garantito un risarcimento, ma finora abbiamo ricevuto solo 1,6 milioni di
rupie (circa 24.700 euro) per ricostruire dispensari, centri di computer, eccetera.
I danni sono di almeno 30 milioni, ma le autorità non considerano la distruzione di
chiese, conventi e altri edifici”. Anche suor Suma, superiora regionale delle Missionarie
della Carità, dice ad AsiaNews che “la Commissione ha solo chiesto come ci siamo convertiti.
Abbiamo risposto che già i nostri nonni erano cattolici”. Le Missionarie della Carità,
per celebrare la nascita di Madre Teresa e il suo battesimo (il 26 e 27 agosto), saranno
dal 23 al 30 agosto a Baliguda, dove ci sono state gravi violenze anticristiane, per
creare un centro medico e fare visita di casa in casa, sperando di migliorare gli
instabili rapporti tra cristiani e indù.