2008-08-18 15:57:38

Un ristorante per sconfiggere i pregiudizi sui ragazzi autistici: l'iniziativa della Fondazione "Santa Rita" di Prato


Dagli anni Settanta del secolo scorso, è cresciuto di dieci volte il numero di bambini autistici: il dato è del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie di Atlanta, secondo il quale la sindrome colpirebbe un bambino ogni 150. In Italia, si registrano 20 casi ogni 10 mila nati, soprattutto maschi. Le persone autistiche tendono ad isolarsi dall'ambiente esterno, costruendosi un mondo difficile da penetrare. E’ proprio con l’obiettivo di entrare in questo mondo e vincere tanti preconcetti che la Fondazione "Santa Rita" di Prato ha deciso di intraprendere una sfida: aprire un ristorante che si avvale della collaborazione di ragazzi affetti da questa sindrome. Al microfono di Elena Mandarano, il presidente dell’Associazione, Roberto Macrì, ha raccontato questa esperienza:RealAudioMP3  
R. - Abbiamo avviato questa esperienza di coinvolgimento di ragazzi autistici nel campo della ristorazione. E’ un’esperienza molto interessante, perché ci ha fatto scoprire le tante potenzialità, talvolta inespresse, che in questi ragazzi ci sono. E' stata importante anche perché siamo riusciti ad aprire una finestra in città sul problema dell’autismo.
 
D. - Quale è stato il vostro approccio con questi ragazzi?
 
R. - Il nostro intervento è caratterizzato da una grande attenzione alla gradualità, nel senso che non chiediamo mai ai nostri ragazzi di fare cose che potrebbero non rientrare nelle loro attitudini, nelle loro possibilità. Quindi, lavoriamo con la politica dei piccoli passi e questo ci ha facilitato anche nel poter svolgere un’attività che è cresciuta con il tempo e senza grossi traumi.
 
D. - Come si sono rapportati invece i ragazzi a questa nuova esperienza?
 
R. - Devo dire che siamo stati particolarmente meravigliati da come i ragazzi hanno risposto: sono stati conseguiti risultati davvero notevoli, anche proprio in ordine alla qualità di ciò che abbiamo ottenuto. Chi viene a mangiare e a gustare il servizio che questi ragazzi sono in grado di offrire credo trovi un ambiente all’altezza. La cosa che ci ha resi particolarmente soddisfatti è l’aver notato come i ragazzi facciano volentieri questa esperienza, che per loro è un’esperienza di riabilitazione ma è anche e soprattutto un’esperienza che mette al centro la loro dignità. Perché noi crediamo fortemente nel fatto che tutti loro sono persone con tante potenzialità, con tante risorse. Vedere questi ragazzi contenti perché magari riescono a portare nella maniera giusta e ordinata il piatto a tavola, o perché piuttosto riescono a far bene la pratica di cucina che è stata loro insegnata, per noi è davvero un motivo di grande gratificazione.
 
D. - Quindi, si può dire che questo ristorante svolge una funzione educativa e riabilitativa?
 
R. - Sicuramente. Nasce proprio con questa specificità. Però, noi vogliamo abbinare tutte e due le cose: da una parte, uno strumento riabilitativo, educativo, dall’altra anche una finestra aperta al servizio alla città. E creando questa osmosi, noi crediamo di fare un intervento significativo anche dal punto di vista sociale, perché le persone credo che debbano essere anche sensibilizzate.







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