2008-08-16 15:47:11

Nepal: il leader storico dei maoisti eletto premier a due mesi dall’abolizione della monarchia


Il leader storico degli ex ribelli maoisti nepalesi, Prachanda, è il nuovo primo ministro del Paese himalayano. Il capo del governo è stato eletto, ieri pomeriggio, dall'Assemblea Costituente, creata alla caduta della monarchia, per formare le nuove istituzioni repubblicane. All’elezione di Prachanda si sono opposti i componenti del partito del Congresso nepalese, che auspicavano un premier dell’area moderata. Ma quali cambiamenti si avvertono oggi nel nuovo Nepal? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Luca Lo Presti, presidente di Pangea Onlus, organizzazione non governativa, che da tempo porta avanti progetti umanitari in Nepal a favore delle donne:RealAudioMP3

R. – Ancora non vediamo nessuno che tenda a rispettare i diritti appieno, come noi ci aspettiamo che avvenga. Però, il fatto che non ci sia più una monarchia assoluta con un governo e un re con tutte le sue prerogative, ci fa sperare che, con il tempo, si possano ritrovare quei diritti fondamentali ai quali tutti si ambisce.

 
D. – Dal punto di vista sociale, si avverte un cambiamento, un miglioramento?

 
R. – Ancora no. C’è scetticismo, c’è attesa ... C’è anche speranza, perché il governo del re Gyanendra certamente non era stato un governo democratico. Oggi c’è lo stesso scetticismo da parte della gente, come in ogni Paese dove vengono ribaltate le sorti politiche, dove comunque il popolo non è stato chiamato a decidere, dove il popolo da sempre è abituato alle angherie di chi comanda.

 
D. – Il Nepal è pronto alla democrazia?

 
R. – Intanto, proviamo ad immaginare che cosa è il Nepal: è uno Stato fatto dalle montagne più alte del mondo, composto prevalentemente da contadini, pastori o allevatori dispersi qua e là sulle montagne. Dello Stato centrale sanno poco perché non li coinvolge, perché comunque è distante ... sono realtà molto, molto piccole, quelle dove la gente vive. Non ci saranno molti cambiamenti e, se ci saranno, saranno nel tempo. Dire che i nepalesi sono pronti ad una democrazia, secondo me, è un’affermazione abbastanza prematura. Speriamo che il governo porti la democrazia là dove la gente vive, portando la scuola, portando i servizi sociali, portando tutte quelle cose che possono dimostrare la presenza di un governo e non più la guerra, come c’è stata fino ad oggi!

Pakistan
In Pakistan, almeno 462 miliziani integralisti e 22 soldati del forze regolari sono morti nell'ultima settimana segnata dall’offensiva dell’esercito contro oltre 3 mila talebani, asserragliati nelle zone tribali del nord ovest del Paese. I violenti scontri hanno provocato la fuga di circa 219 mila persone. E mentre Islamabad si trova a fare i conti anche con l’emergenza profughi, la coalizione di governo ha messo a punto la procedura di impeachment contro il presidente Pervez Musharraf incentrata sulla violazione della costituzione. Dal canto suo, Musharraf ha ribadito di non volersi dimettere, ma sono sempre più insistenti le voci di negoziati in corso per indurre l’ex generale a lasciare la scena politica in cambio della garanzia di evitare strascichi legali.

Iraq
Sei pellegrini sciiti sono morti in un attentato a Baghdad. I fedeli si stavano dirigendo a Kerbala per la festa che celebra il dodicesimo imam, Mahdi. La strage, l'ultima di una serie che negli ultimi due giorni ha fatto 36 morti tra i pellegrini, è stata messa in atto con un'autobomba nel quartiere di Ur della capitale irachena. Poche ore prima, un’altra autobomba ha ucciso nove persone in un parcheggio di Balad, cento chilometri a sud di Baghdad.

Somalia
Non si ferma la violenza in Somalia, dove sono almeno 6 mila i civili uccisi, negli ultimi 12 mesi, in attentati e scontri tra milizie islamiche e le truppe etiopi che appoggiano il governo di transizione. Ieri pomeriggio l’ennesima strage vicino a Mogadiscio, dove circa 40 persone che viaggiavano a bordo di due minibus sono state uccise dai soldati etiopi che hanno aperto il fuoco sui passeggeri, come rappresaglia di un attentato dinamitardo subito poco prima.

Paraguay
“Lotta senza quartiere alla corruzione e impegno per la giustizia sociale”, alla cerimonia di insediamento di ieri il nuovo presidente del Paraguay, Fernando Lugo Mendez, è tornato sulle promesse della campagna elettorale. Folta la platea di capi di Stato latinoamericani, che hanno assistito al giuramento. Si apre così il mandato di Lugo, che presenta fin da subito molti punti di rottura con le amministrazioni precedenti. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

A quasi quattro mesi dalla vittoria alle elezioni, il nuovo presidente del Paraguay, Fernando Lugo Mendez, si è insidiato ufficialmente ad Asuncion, succedendo al leader del Partido Colorado, Nicanor Duarte Frutos. Si tratta del sesto presidente eletto democraticamente dal 1989, anno della fine del regime militare che ha tenuto in pugno il Paese per oltre 35 anni. Il nuovo presidente ha giurato ieri, alle ore 10 locali, nel corso della cerimonia di insediamento che ha visto la presenza dei più importanti capi di Stato dell’America Latina, fra cui il brasiliano Lula e il venezuelano, Hugo Chavez. Forte di un altissimo gradimento popolare confermato dagli ultimi sondaggi, Fernando Lugo ha annunciato un programma di austerità a tutti i livelli “per dosare le risorse del Paraguay”. Lugo è anche tornato a ribadire la necessità di un maggior impegno nella lotta alla corruzione. Il nuovo presidente ha quindi promesso ''uno Stato trasparente'' ed ''un programma produttivo orientato al sociale'', e come primo segno tangibile di discontinuità del suo mandato ha rinunciato al suo stipendio e all’utilizzo della residenza presidenziale. Infine, Lugo ha voluto indicare due battaglie che lo vedranno impegnato in prima persona: quella per le popolazioni originarie indigene a cui spetta la proprietà della terra e il dramma dei bambini abbandonati nelle strade.

 
Repubblica Dominicana
Ventinove morti e trenta feriti. E’ il bilancio provvisorio dell’incidente che ha coinvolto ieri due autobus nella Repubblica Dominicana. Alla base della sciagura, in cui hanno perso la vita anche 4 turisti italiani, sarebbe stata la scarsa visibilità per le piogge battenti.

Stati Uniti
Negli Stati Uniti fa discutere la misura disposta dal provveditorato agli studi del distretto di Harrold, in Texas, che autorizza gli insegnanti a portare armi a scuola. Il provvedimento, il primo del genere negli USA, è stato deciso per garantire la sicurezza del corpo docente e degli stessi studenti in caso di sparatoria o attacco armato. Il programma "guns for teachers", che prevede uno speciale corso di formazione per i docenti, ha incassato il bene stare dei genitori degli studenti. La scuola americana, in questi ultimi anni, è stata segnata da un'escalation di cruente sparatorie che hanno causato diverse decine di vittime. Il più recente massacro di questo tipo risale al 16 aprile 2007, quando uno studente d'origine asiatica uccise 33 studenti nel campus del politecnico "Virginia Tech". (Panoramica internazionale a cura Marco Guerra)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 229

 
E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.







All the contents on this site are copyrighted ©.