Accordo tra Libano e Siria per l'avvio di relazioni diplomatiche. Intervista con mons.
Raï
Il Libano e la Siria hanno stabilito la ripresa delle loro relazioni diplomatiche.
Una decisione, definita da più parti “storica”, risultato del viaggio del presidente
libanese Suleiman a Damasco. Entrambi i Paesi hanno poi concordato di riprendere il
lavoro di un comitato congiunto per stabilire una frontiera comune senza affrontare
però la vicenda delle contese fattorie di Shebaa, controllate dalle forze israeliane
e rivendicate da Beirut. Sull’importanza di questo vertice di due giorni che segue
l’attentato di Tripoli, nel nord del Libano, costato la vita a 18 persone, Stefano
Leszczynski ha intervistato mons. Béchara Raï, vescovo di Byblos dei Maroniti.
R. – Questo
viaggio è avvenuto proprio allo scopo di normalizzare i rapporti tra Libano e Siria
e, in particolare, la questione delle frontiere e delle relazioni diplomatiche tra
i due Paesi. Purtroppo, però, questo attentato di ieri è avvenuto per boicottare il
processo di normalizzazione nei rapporti tra i due Paesi. Potrebbe trattarsi anche
di un'azione contro l’esercito libanese. Questo terrorismo mira a destabilizzare l’unità
dell’esercito, ma in fondo in fondo, per me il problema è sempre uno: il famoso conflitto
tra sunniti e sciiti. D. – Il presidente Suleiman prima di partire
ha lanciato un appello all’unità nazionale dicendo che il terrorismo non riuscirà
ad infrangerla. Cosa serve al Libano, in questo momento? R.
– Certo, questo appello del presidente è un appello a tutti i libanesi; ma purtroppo
chi compie questi atti di terrorismo non sono libanesi, sono agenti stranieri che
non vogliono la pace in Libano. Tutto il popolo libanese vuole l’unità, non ci sono
problemi tra i libanesi stessi, anzi: quello che desiderano è serrare i ranghi. Ma
purtroppo, non dobbiamo dimenticare che gli avvenimenti del Libano sono ‘teleguidati’
dalle forze regionali e internazionali: dietro i sunniti ci sono l’Arabia Saudita,
l’Egitto e gli Stati Uniti; dietro gli sciiti, ci sono l’Iran e la Siria. Sono questi
che strumentalizzano i libanesi e i non libanesi. Il Libano se non ha la vera autonomia
e indipendenza, non potrà mai dominare le forze che sono guidate dall’esterno. D.
– Come mai l’azione dell’Occidente appare sempre piuttosto debole sul Libano? R.
– Non dobbiamo dimenticare che in Libano abbiamo i palestinesi, che sono armati; abbiamo
il problema di Hezbollah, che è armato; abbiamo armi che circolano qua e là ... Il
problema è che la comunità internazionale veramente non ha fatto quello che doveva
fare perché il Libano potesse avere la sua piena sovranità e indipendenza. D.
– Questo viaggio del presidente libanese in Siria potrebbe portare ad una maggiore
stabilità all’interno del Paese? R. – E’ quello che noi desideriamo.
Noi siamo sempre per il dialogo, siamo sempre per i buoni rapporti con la Siria. Certo,
la visita del presidente è importante, ma è anche importante che i siriani stessi
siano rispettosi del dialogo che verrà avviato, perché i siriani hanno anche i loro
propri interessi in questo conflitto regionale e internazionale. Il Libano è come
uno strumento nelle loro mani e loro utilizzano questo piccolo Paese per affrontare
i problemi e cercare soluzioni internazionali.