Tiblisi accusa Mosca di violare la tregua. Bush al Cremlino: "rispettate i patti"
Continua lo scambio di accuse tra Georgia e Russia, nonostante il cessate il fuoco
firmato grazie anche alla mediazione europea guidata dal presidente francese Sarkozy.
Secondo Tbilisi le forze russe starebbero continuando i loro movimenti in territorio
georgiano, nonostante la smentita di Mosca che ha invece annunciato il ritiro dei
carri armati. Da Washington il presidente Bush attacca il Cremlino per non aver fermato
le operazioni militari, mentre dalle Nazioni Unite, il segretario generale Ban Ki-moon
sostiene l’integrità territoriale della Georgia e accoglie con favore l’accordo tra
Mosca e Tbilisi. Per martedì intanto è stata fissata la riunione dei ministri degli
esteri della Nato. Per la cronaca, da Mosca Giuseppe D’Amato
Ma
il piano di pace, così come è formulato, può realmente risolvere la questione osseta?
Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al nunzio apostolico in Georgia, mons. Claudio Gugerotti,
raggiunto telefonicamente a Tbilisi:
R. – E’ molto
difficile dirlo, per il momento. La questione osseta ha radici complesse, estremamente
articolate e non basta; certamente è un primo passo per risolvere definitivamente
il problema. Certamente, ci si sta incamminando in una direzione che è quella del
dialogo e del negoziato. Questa è assolutamente l’unica percorribile.
D. –
Come è stato accolto questo epilogo in Georgia?
R. – In due modi. C’è una Georgia
che tenta di reagire con il suo orgoglio, la sua fierezza. C’è una Georgia che tenta
di rimettersi in piedi, di ricominciare a vivere con onore, e c’è un’altra Georgia
che è completamente prostrata dalla miseria, dalla sofferenza: ci sono moltissimi
ammalati, moltissimi feriti. Non ci sono strutture, stiamo cercando di impiantare
ospedali da campo, attività umanitarie. Ma non abbiamo neanche i soldi per poterlo
fare. Quindi colgo l’occasione per fare veramente un appello affinché ci sia una mobilitazione
internazionale più cospicua nell’attenzione ai malati e ai sofferenti di quanta non
ci possa essere stata per prevenire il conflitto. C’è il desiderio di fare ma bisogna
prima di tutto tamponare il sangue che sta uscendo copioso dalle ferite fisiche.
D.
– Oltre allo status della terra osseta, sembra ormai evidente che siano state anche
altre le cause di questa guerra. Quale peso hanno avuto, in particolare, le rotte
caucasiche del petrolio che arrivano in Europa?
R. – La parola “petrolio” è
una parola magica, che oggi spesso sostituisce quelli che in altri tempi erano dei
valori che si scrivevano con la maiuscola. Certamente, il problema del petrolio e
del gas giocano un ruolo notevole, ma più che nell’avvenimento, in tutta la geopolitica
di questa area.
D. – Il mondo dell’informazione, in questi giorni probabilmente
abbagliato anche dai giochi olimpici di Pechino, ha raccontato correttamente ed obiettivamente
la guerra in Ossezia?
R. – Io le posso dire di aver visto degli ottimi servizi
su alcune televisioni internazionali; devo anche dire che è molto difficile destreggiarsi
in un servizio di informazione dai luoghi che è fortemente pilotato e spessissimo
contraddittorio. Per cui, io capisco anche la difficoltà dei giornalisti. Questa notte
viaggiavo e ho trovato molti giornalisti italiani sull’aereo: evidentemente, si stanno
mobilitando per venire sul posto. E’ probabile che la visione delle cose direttamente
dal posto possa garantire un’informazione che altrimenti risulta mediata da un’antica
tecnica, che è quella della 'disinformazia'.
D. – E quali allora le speranze
della gente e della Chiesa georgiane?
R. – Per il momento, francamente, speranze
non ce ne sono. Per il momento, c’è soltanto la gioia di poter sopravvivere, di poter
essere ancora vivi e di doversi prendere carico delle famiglie, dei parenti. La speranza
è sempre una speranza che nasce dal cuore. Devo dire che anche la Chiesa ortodossa
si è mobilitata molto con la preghiera... L’invito che il Santo Padre ha espresso
domenica è stato accolto con molta gratitudine dal popolo georgiano ed il suo messaggio
è stato letto subito dopo il discorso del Patriarca due giorni fa, in piazza. Questo
ci porta a ben sperare che forse, nella sofferenza, si trovi anche quella unione di
intenti e di spiriti. Certamente è un passo verso una visione più fraterna della compresenza
in questa area.