Memoria di Santa Chiara d'Assisi. Il suo messaggio: donare la vita a Cristo
“Colloca il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza e trasformati interamente,
per mezzo della contemplazione, nell'immagine della divinità di Lui”. Così scriveva
Santa Chiara d’Assisi che morì nel monastero di San Damiano l’11 agosto 1253, due
giorni dopo aver ricevuto l’approvazione papale della sua regola. Erede dello spirito
francescano, la fondatrice delle Clarisse amò profondamente il Santissimo Sacramento
tanto che la sua ostensione salvò Assisi dai Saraceni. Ma cosa dice ancora oggi questa
Santa al mondo? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Suor Chiara Franca Bielli,
abbadessa della comunità di clausura delle Clarisse di Santa Chiara di Roma:
R. – Io credo
quello che ha sempre detto e cioè che spendere la vita e donare la vita a Cristo sia
la cosa più importante, anche se oggi il mondo non lo vuol sapere e non lo vuole ammettere.
Credo che dare la vita al Signore sia la cosa più importante.
D.
– Come vivono oggi le Clarisse il messaggio di Santa Chiara in una vita organizzata
controcorrente rispetto alla tecnologia, alla comunicazione immediata...
R.
– Anche noi usiamo i mezzi tecnici, però ricordando sempre che questo non ci deve
portare più nel mondo. I principi della nostra vita, del silenzio, della preghiera,
del ritiro devono prevalere sempre, anche se ci sono dei media che ci possono, se
non stiamo attente, farci divagare.
D. – Annunziare
il Vangelo è la regola di vita consegnata da Chiara alle sorelle “spose dello Spirito
Santo”. Come si può raggiungere questo obiettivo nella clausura?
R.
– Noi non andiamo ad annunciare il Vangelo per le strade, ma ciò che noi dobbiamo
annunciare è ciò che viviamo: la gioia di appartenere a Cristo, di vivere in sostanza
per il mondo, perché non è che siamo qui per vivere per noi, ma per Cristo, per Dio,
per la Chiesa e per il mondo. Quindi, è questo il nostro modo di annunciare: la vita
vissuta.
D. – La regola di Santa Chiara è una regola
per la prima volta scritta da una donna, con una sensibilità probabilmente nuova,
rispetto al passato...
R. – Sì, questo è vero. Diciamo
però che Santa Chiara ha avuto questa illuminazione anche da San Francesco. Era innamorata
della povertà, quindi, ha avuto il coraggio di scrivere la regola che era un disegno
che il Signore aveva su di lei, è stata fedele. Era il suo amore grande per Cristo,
perché Cristo era povero. In una lettera a Sant’Agnese di Praga, Santa Chiara dice
che non dobbiamo avere paura o avere vergogna o desiderare ciò che Cristo non ha avuto:
siamo spose di Cristo crocifisso e risorto. Il suo ideale era Lui e basta.
D.
– Giovanni Paolo II aveva definito Santa Chiara “una piccola pianta” all’ombra di
San Francesco...
R. – Sappiamo che la fondatrice
delle Clarisse è stata Santa Chiara, ma diciamo sempre che San Francesco l’ha avviata
e hanno vissuto quei momenti di scelta insieme. Questo diventa appunto una forza
per il mondo, una forza per l’ordine, una forza per chi vuole mettersi in ascolto
di questa spiritualità. E, infatti, tanta gente oggi vuol sapere qualcosa almeno di
come noi viviamo, praticamente, per essere così felici. Solo se si è nella volontà
di Dio e nella chiamata che Dio fa ad ognuna di noi si è felici.
D.
– Quale ancora oggi il valore di quella dimensione eucaristica così presente, così
importante nella storia di Santa Chiara?
R. – Certo,
il valore più importante e più grande è questo, perché noi sappiamo che dal Tabernacolo,
da Gesù Cristo, si riceve forza, grazia e amore. Se noi spendiamo la vita in questo,
la spendiamo perché senza di Lui non possiamo far niente, non solo nella preghiera,
ma sbucciandoci le ginocchia davanti a Gesù Eucaristia, per il bene dei fratelli,
della Chiesa, del mondo, dell’ordine, delle missioni: solo da lì noi riceviamo la
forza.