Il cardinale Martino sulle misure antiaccattonaggio: combattere la povertà, non i
poveri
In questi giorni si è molto discusso sulle misure anti-accattonaggio adottate da diverse
amministrazioni comunali in Italia. Sulla questione è intervenuto anche il cardinale
Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace,
criticando con forza la scelta di combattere chi chiede l'elemosina. Ascoltiamo il
porporato al microfono di Francesca Sabatinelli:
R. – Mettiamoci
nei panni di chi chiede l’elemosina, escluso ovviamente quello che è il racket dell’elemosina,
che è una forma criminale che bisogna certamente estirpare. Questo è certo. Ma chi
chiede l’elemosina, perché la chiede? Perché ha bisogno. E allora vuol dire che quelli
che vogliono far scomparire queste scene, non prestano attenzione alla realtà di chi
stende la mano. E’ la povertà che bisogna eliminare e non chi è costretto dalla povertà
a sopravvivere.
D. – Eminenza, perché oggi si ha
la sensazione che si voglia nascondere la povertà o comunque la manifestazione della
povertà?
R. – Io credo che questa sia una forma di
egoismo. Nel Meridione si dice infatti: “Chi è sazio, non crede al digiuno”. Vogliamo
guardare dall’altra parte, ci basta la nostra ricchezza, il nostro sviluppo e gli
altri quasi non esistono. Questo è un grave, un grave difetto di chi ha raggiunto
un livello di sviluppo e di ricchezza ed ha dimenticato la solidarietà, ha dimenticato
che nel mondo esistono i poveri e che hanno bisogno.
D.
– Sono state le diverse le città in Italia che hanno adottato queste misure antiaccattonaggio
e parliamo di città grandi, importanti e che hanno anche delle amministrazione di
colore politico diverso…
R. – Ogni amministratore
pubblico, ogni politico dovrebbe sempre avere davanti la persona umana, la sua dignità
sia esso un prigioniero, un carcerato, un condannato a morte, un povero. E’ sempre
una persona con uguale dignità ed uguali diritti come ciascuno di noi. Se dimentichiamo
questo, arriviamo allora a forme di intolleranza che cristianamente ed umanamente
sono inammissibili. I poveri che stendono la mano molte volte non sono barboni, non
sono accattoni. Molto spesso sono persone che non ce la fanno più ad andare avanti
con il proprio stipendio o con quanto hanno a disposizione e quindi sono costretti
a rivolgersi alla solidarietà degli altri. E dove sta l’amore cristiano?
D.
– E’ la povertà che cambia volto?
R. – Sì, è la povertà
che cambia volto e che ha tante espressioni. Molte volte si tratta di povertà che
non hanno bisogno di un pezzo di pane o dell’euro per sopravvivere, sono le povertà
psicologiche e che oggi sono forse più terribili della mancanza del pane.
D.
– Eminenza, lei è preoccupato da questa società?
R.
– Certamente. E questo perché è impiantata su questo relativismo che non è altro che
egoismo!