La Georgia ritira le truppe dall’Ossezia del sud, mentre la Casa Bianca lancia un
monito alla Russia e l’Abkhazia dichiara lo stato di guerra
C’è ancora preoccupazione per quanto sta accadendo tra la Georgia e la Russia impegnate
in un duro faccia a faccia sulla provincia georgiana filorussa dell’Ossezia del Sud
che, secondo Mosca, avrebbe provocato duemila vittime. Uno spiraglio di distensione
è giunto da Tbilisi che ha ritirato le sue truppe dalla zona “in segno di buona volontà”.
La Casa Bianca intanto ha messo in guardia la Russia dal rischio di “un forte impatto”
sulle loro relazioni mentre è giunta la conferma ufficiale che anche l’altra repubblica
secessionista filorussa dell’Abkhazia ha dichiarato lo stato di guerra alla Georgia.
Il servizio di Giuseppe D’Amato:
Le truppe
russe controllano completamente il capoluogo Tskhinvali e lo ammettono, dopo ore,
anche fonti georgiane. Nella città si continua, però, a sparare contro i cecchini
e nonostante i georgiani si siano ritirati ed abbiano rioccupato le posizioni da cui
avevano lanciato l’attacco venerdì all’alba.
In
mattinata numerosi gruppi di civili sono stati radunati alla stazione degli autobus
ed hanno iniziato su mezzi di fortuna il lungo e pericoloso viaggio verso la salvezza
in Russia. I feriti, molti dei quali non trasportabili, rimangono nei rifugi e nei
sottoscala. I dottori operano in condizioni difficilissime e senza elettricità. L’ospedale
è stato distrutto e per le strade e nelle case semidiroccate vi sono morti ovunque.
Un accordo per creare due corridoi per l’evacuazione
dei feriti sarebbe stato trovato. Mosca ha imposto il blocco navale della Georgia
– dice Tbilisi – mentre i russi negano. Il Cremlino teme, comunque, che possano essere
trasportate armi. Ieri alcuni Paesi occidentali e l’Ucraina erano stati accusati di
aver fornito ai georgiani equipaggiamento militare. Alcuni aeroporti militari georgiani
sono stati bombardati nella notte e Tbilisi denuncia morti fra i civili. L’Abkhazia,
l’atra regione separatista delle Georgia, ha dichiarato lo stato di guerra per dieci
giorni. All’ora di pranzo il presidente Medvedev ha incontrato il premier Putin appena
rientrato dall’Ossezia settentrionale. “Abbiamo la responsabilità dei profughi - ha
detto il capo del Cremlino - e i colpevoli di questa tragedia dovranno rispondere
penalmente.