Guerra tra Russia e Georgia: forse centinaia le vittime. La testimonianza di mons.
Pasotto
Crescono angoscia e apprensione per il conflitto tra Russia e Georgia: secondo fonti
russe i morti, finora, sarebbero almeno 1500. I profughi, poi, sono più di 30 mila.
La Russia ha annunciato di aver cacciato le truppe georgiane dalla capitale dell’Ossezia
del Sud. L’obiettivo russo è di respingere i tentativi dell’esercito georgiano di
riconquistare la provincia separatista. La Georgia lancia un appello per il cessate-il-fuoco,
ma nega la sconfitta. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
Continua
senza un attimo di pausa il conflitto in Ossezia. Gli eserciti russo e georgiano proseguono
le operazioni di guerra, mentre la diplomazia internazionale è in un vicolo cieco.
E’ purtroppo l’ora delle armi, della resa dei conti. Le truppe federali controllano
il capoluogo osseto Tskhinvali e tentano di rioccupare le zone di competenza delle
forze di interposizione. Ovunque, nelle province ossete, sono segnalati duri combattimenti.
Anche a Tskhinvali sono in corso sparatorie fra russi ed infiltrati georgiani, che
dirigono il tiro della loro artiglieria piazzata su una montagna davanti al capoluogo.
Gli osseti dichiarano di avere abbattuto oggi un secondo aereo militare georgiano:
ci sono anche le immagini. “E’ una catastrofe umanitaria”, così Dimitri Medvedev,
che vuole imporre la pace, nel corso della riunione del Consiglio di Sicurezza della
Federazione russa. Migliaia sono i civili in marcia verso nord per mettersi in salvo.
Un grande ospedale da campo per curare i feriti è già pronto. Quello di Tskhinvali
è stato colpito ieri durante gli scontri. Lo Stato maggiore a Mosca ha ammesso di
aver perso due velivoli negli scontri. Tblisi parla di bombardamenti russi contro
proprie città, fra queste il porto di Poti e gli aeroporti militari. I russi smentiscono.
Il presidente georgiano Saakashvili ha già dichiarato lo stato di guerra e la legge
marziale. Il Parlamento si è riunito in una sessione di emergenza. Le truppe georgiane
impegnate in Iraq stanno tornando in patria.
Sulla situazione
in Georgia, Luca Collodi ha raccolto la testimonianza di mons. Giuseppe
Pasotto, amministratore apostolico per i cattolici di rito latino nel Caucaso,
raggiunto telefonicamente a Tbilisi:
R. – La situazione
è difficile: mi hanno da poco avvisato che è stata appena bombardata la città di Gori
e anche delle zone abitate. Non sembra ci siano svolte positive in questo momento.
Sembra che le posizioni siano rimaste le stesse, anche se è stato annunciato dalla
televisione russa che l’esercito di Mosca ha ripreso la capitale Tskhinvali. I georgiani
invece negano questa notizia. Quello che è molto strano per me è che questo conflitto,
iniziato da due giorni, sia stato già caratterizzato da raid, con bombardamenti in
diverse aree. Alcune di queste non sempre obiettivi militari. Capisco che si possa
vivere un momento di difficoltà in una zona, ma estendere il conflitto in questo modo
secondo me è molto strano.
D. – Mons. Pasotto, lei
come spiega il precipitare della situazione? La Georgia poco fa ha dichiarato lo stato
di guerra...
R. – Sì, il presidente georgiano ha
dichiarato lo stato di guerra. La situazione è precipitata e non so perché. Bisognerebbe
sentire le varie parti, perché è difficile da qui capire la situazione. Da parte georgiana,
si dice che c’è stato un intervento che è seguito a tante, tantissime provocazioni:
“Dopo aver porto la guancia tante volte in questi giorni – ha detto proprio il presidente
georgiano - ad un certo punto abbiamo mandato la polizia, non l’esercito”. Si percepiva
che stava avvenendo qualcosa. Qualcuno diceva che era tutto pronto anche da parte
della Russia. Ma non saprei dire... Mi è sembrato strano che nel momento in cui dovevano
partire le trattative – ed infatti il ministro georgiano era andato per cominciare
questi negoziati – è cominciato invece il conflitto.
D.
– Come è in questo momento la vita dei civili nella capitale, a Tblisi?
R.
– In questo momento c’è molta apprensione, qualcuno è anche andato via; c’è una situazione
di grande tensione. In altre città, per esempio a Gori, la situazione è problematica:
dopo i bombardamenti per strada ci sono case distrutte e lì è tutto molto più difficile.
Per molti la sensazione è che quanto successo a Gori, potrebbe accadere anche a Tblisi.
D.
– Lei è in contatto con la comunità cattolica della Georgia?
R.
– Sì, ho sentito diversi sacerdoti. Ho parlato anche con il prete che era a Gori e
mi ha detto che sarebbe arrivato a Tblisi. Mi ha riferito che la casa vicino alla
nostra è stata bombardata. Vive l’apprensione che vivono tutte le persone in Georgia
in questo momento.
D. – La comunità ortodossa che
commenti fa su questa situazione?
R. – Il patriarca
ha chiesto che la sera alle 19.00 ci sia un momento di preghiera per tutti, per chiedere
la pace. Ieri ci siamo ritrovati tutti, i rappresentanti delle minoranze religiose
ed etniche, per fare una dichiarazione comune. Abbiamo chiesto l’interruzione completa
della guerra e il rispetto dei diritti di ogni persona. Abbiamo chiesto che altri
Stati non entrino nell’ambito della sovranità nazionale, chiedendo in modo particolare
alla Russia di svolgere un ruolo pacificatore. Questa dichiarazione comune è venuta
in seguito ad un’ora di discussione, che è stata molto difficile, molto tesa, ma anche
bella.