Guerra tra Russia e Georgia, si parla di migliaia di vittime e di profughi. Putin
a Tbilisi: metta fine all'aggressione
Sempre più allarmante la situazione tra Georgia e Russia. Il primo ministro russo
Vladimir Putin ha intimato alla Georgia di ''mettere fine all'aggressione'' contro
l'Ossezia del sud e ha definito “legittime” le azioni della Russia. Immediata la risposta
del presidente georgiano Saakashvili “la comunità internazionale condanni la Russia”.
Da Pechino è giunto l’appello del presidente Bush: “bisogna fermare l’escalation”.
In serata nuova riunione del consiglio di sicurezza Onu Intanto una delegazione
congiunta di rappresentanti dell'Unione Europea, degli Stati Uniti e della Nato
parte questa sera per la Georgia per cercare di raggiungere una mediazione sul cessate
il fuoco nel conflitto in corso. In marcia dall’Ossezia circa 30 mila profughi. Le
vittime sono stimate tra le 130 e le 2000. La cronaca da Giuseppe D’Amato
Per una valutazione
sulla situazione in Georgia, Luca Collodi ha raccolto la testimonianza di mons. Giuseppe
Pasotto, amministratore apostolico per i cattolici di rito latino nel Caucaso, raggiunto
telefonicamente a Tbilisi
R. – La
situazione è difficile: mi hanno da poco avvisato che è stata appena bombardata la
città di Gori e anche delle zone abitate. Non sembra ci siano svolte positive in questo
momento. Sembra che le posizioni siano rimaste le stesse, anche se è stato annunciato
dalla televisione russa che l’esercito di Mosca ha ripreso la capitale Tskhinvali.
I georgiani invece negano questa notizia. Quello che è molto strano per me è che questo
conflitto, iniziato da due giorni, sia stato già caratterizzato da raid, con bombardamenti
in diverse aree. Alcune di queste non sempre obiettivi militari. Capisco che si possa
vivere un momento di difficoltà in una zona, ma estendere il conflitto in questo modo
secondo me è molto strano D. – Mons. Pasotto, lei come spiega
il precipitare della situazione? La Georgia poco fa ha dichiarato lo stato di guerra.. R.
– Sì, il presidente georgiano ha dichiarato lo stato di guerra. La situazione è precipitata
e non so perché. Bisognerebbe sentire le varie parti, perché è difficile da qui capire
la situazione. Da parte georgiana, si dice che c’è stato un intervento che è seguito
a tante, tantissime provocazioni: “Dopo aver porto la guancia tante volte in questi
giorni – ha detto proprio il presidente georgiano - ad un certo punto abbiamo mandato
la polizia, non l’esercito”. Si percepiva che stava avvenendo qualcosa. Qualcuno diceva
che era tutto pronto anche da parte della Russia. Ma non saprei dire... Mi è sembrato
strano che nel momento in cui dovevano partire le trattative – ed infatti il ministro
georgiano era andato per cominciare questi negoziati – è cominciato invece il conflitto. D.
– Come è in questo momento la vita dei civili nella capitale, a Tblisi? R.
– In questo momento c’è molta apprensione, qualcuno è anche andato via; c’è una situazione
di grande tensione. In altre città, per esempio a Gori, la situazione è problematica:
dopo i bombardamenti per strada ci sono case distrutte e lì è tutto molto più difficile.
Per molti la sensazione è che quanto successo a Gori, potrebbe accadere anche a Tblisi. D.
– Lei è in contatto con la comunità cattolica della Georgia? R.
– Sì, ho sentito diversi sacerdoti. Ho parlato anche con il prete che era a Gori e
mi ha detto che sarebbe arrivato a Tblisi. Mi ha riferito che la casa vicino alla
nostra è stata bombardata. Vive l’apprensione che vivono tutte le persone in Georgia
in questo momento. D. – La comunità ortodossa che
commenti fa su questa situazione? R. – Il patriarca
ha chiesto che la sera alle 19.00 ci sia un momento di preghiera per tutti, per chiedere
la pace. Ieri ci siamo ritrovati tutti, i rappresentanti delle minoranze religiose
ed etniche, per fare una dichiarazione comune. Abbiamo chiesto l’interruzione completa
della guerra e il rispetto dei diritti di ogni persona. Abbiamo chiesto che altri
Stati non entrino nell’ambito della sovranità nazionale, chiedendo in modo particolare
alla Russia di svolgere un ruolo pacificatore. Questa dichiarazione comune è venuta
in seguito ad un’ora di discussione, che è stata molto difficile, molto tesa, ma anche
bella .