Alla Conferenza mondiale sull'AIDS, la preoccupante situazione dei bambini affetti
da Hiv nei Paesi poveri
Dare i farmaci antiretrovirali a persone sane ma esposte al rischio di infezione con
il virus Hiv: è questa la nuova strategia di prevenzione, già in fase di sperimentazione
in Brasile, Sudafrica e Stati Uniti, esposta dal Fondo Globale per la lotta contro
l’AIDS nel giorno conclusivo della 17.ma Conferenza mondiale sull’Aids a Città del
Messico. Secondo il Fondo, è possibile raggiungere l’obbiettivo delle cure per tutti
entro il 2010. Intanto, resta preoccupante la situazione dei bambini affetti da Hiv
nei Paesi poveri. Medici Senza Frontiere denuncia la mancanza di medicinali appositamente
studiati per i bisogni dei più piccoli. L’organizzazione internazionale fornisce,
in 27 Stati, farmaci antiretrovirali ad oltre 140 mila persone, delle quali 10 mila
bambini. Paolo Ondarza ne ha parlato con Raffaella Ravinetto, presidente
MSF Italia:
R. – La situazione
è ancora drammatica, nonostante ci siano stati dei miglioramenti e aumenti nel numero
dei pazienti, anche bambini, che sono stati trattati. Nel 2007 sono stati quasi 300
mila i bambini sotto i 15 anni di età che sono morti di AIDS: questo vuol dire più
di mille morti al giorno. Si stima che ogni minuto, l’anno scorso, un bambino è nato
contraendo l’infezione dell’Hiv. Pensiamo poi alle conseguenze indirette: circa il
9 per cento di tutti i bambini subsahariani ha perso almeno un genitore a causa dell’AIDS.
D.
– E di fronte a questa emergenza come ci si può muovere?
R.
– Innanzitutto, è necessario curare i bambini che sono già malati. Per farlo correttamente
noi abbiamo bisogno di farmaci adeguati. E’ tristemente nota a tutti quelli che si
occupano di Hiv nei Paesi poveri la mancanza di formulazioni farmaceutiche adeguate.
Spesso siamo costretti a frazionare le compresse destinate agli adulti, a fare ricorso
a sciroppi che sono difficili da dosare correttamente; tutt’oggi sono molto poche
le industrie, soprattutto generiche, che hanno deciso di investire nella formulazione
di farmaci antiretrovirali adatti ai bambini. E’ indubbio che l’HIV pediatrico oggi
come oggi interessi quasi solo esclusivamente le popolazioni povere. Possiamo paragonare
tristemente l’AIDS pediatrico a malattie come la lesmaniosi, la malattia del sonno,
che coinvolgono solo popolazioni povere; quindi ci sono mercati poco interessanti
dal punto di vista del profitto.
D. – I bambini,
denuncia Medici senza frontiere, non lottano solo contro l’AIDS, ma anche contro il
tempo: perché?
R. – La mortalità, in effetti precoce,
di molti bambini che muoiono sotto i cinque anni o anche sotto i due anni di AIDS,
è in parte dovuta alla diagnosi tardiva. Infatti, fino ai 18 mesi non è possibile
effettuare una diagnosi precisa con le metodiche standard. Metodiche che in genere
sono basate sull’identificazione degli anticorpi. Dovremmo poter utilizzare un metodo
diretto di ricerca del virus, però i test esistenti sono estremamente costosi e non
sono alla portata dei Paesi in via di sviluppo. C’è poi un altro problema: il 90 per
cento dei casi di AIDS pediatrico è dovuto alla trasmissione dalla madre durante la
gravidanza e soprattutto durante il parto o l’allattamento. Questo nei Paesi ricchi
non capita praticamente più, perché la madre è in terapia antiretrovirale per una
serie di misure.
D. – I medicinali da soli, secondo
Medici senza frontiere, non bastano: occorre anche altro, occorre un approccio umano,
psicologico...
R. – Certo, purtroppo, nella maggior
parte dei Paesi in via di sviluppo lo staff a disposizione dei servizi di salute è
insufficiente. Pensiamo solo che quando all’Organizzazione mondiale della salute servono
20 medici e 100 infermieri per 100 mila persone, in un Paese come il Malawi i medici
sono due e gli infermieri 56. Quindi, è indispensabile che la comunità internazionale
investa parallelamente sul rafforzamento dei sistemi di salute e sul rafforzamento
del personale sanitario a disposizione e, soprattutto, nelle zone rurali distanti
dai centri di riferimento.