Intervista con l'Ordinario militare per l'Italia sulle pattuglie di soldati in città
Prosegue in Italia il dibattito sulle pattuglie miste, soldati-Forze dell’Ordine pubblico,
per la sicurezza nelle città. I primi soldati hanno iniziato l'operazione lunedì scorso.
Complessivamente, circa 3mila militari saranno impegnati per sei mesi nelle "aree
sensibili" delle principali città italiane. Sulla questione è intervenuto anche il
vescovo Vincenzo Pelvi, Ordinario militare per l’Italia. Ascoltiamolo al microfono
di Luca Collodi: R.
– Direi che tutti vogliamo essere difesi nella libertà, perché ognuno di noi ha dentro
questo desiderio concreto di un futuro stabile e sereno. E allora credo che il tema
della sicurezza si imponga, anche perchè oggi c’è una complessità di vedute su tante
altre dimensioni che riguardano ad esempio la sacralità della vita; ci troviamo davanti
alla distruzione dell’ambiente; c’è il discorso della droga. Questo penso sia veramente
da considerare con attenzione: oggi le persone cercano tranquillità duratura. D.
– Mons. Pelvi, sulla sicurezza le istituzioni hanno pensato di utilizzare i militari,
i soldati, per il pattugliamento delle città. Lei cosa ne pensa? R.
– Vivendo come Ordinario militare, mi rendo conto che la questione militare ha oggi
sempre più un volto sociale, quindi è attenzione per l’uomo, è una questione antropologica.
Insomma, i nostri militari portano avanti una cultura fondata sul rispetto della persona.
Anche quando noi li vediamo in contesti al di fuori della nostra nazione, diventano
sempre più ministri di libertà, anche in situazioni difficili e delicate. L’operazione
città sicura di questi giorni la definirei un’operazione “volto amico”. Guardando
i nostri militari, conoscendoli, avendo con loro un rapporto quotidiano di frequentazione,
credo che vivano l’operazione “volto amico”, perché chi conosce un po’ i nostri militari
conosce la loro ricchezza umana, la loro professionalità. Ci troviamo davanti a uomini
e donne con le stellette che sono credenti e che quindi fanno confluire la testimonianza
della loro vita in un impegno vissuto con coerenza anche a vantaggio della dignità
dell’uomo, di tutto l’uomo. Vivere la città per me significa anche considerare le
paure, che, di fatto, abitano nelle nostre città. E le paure vanno affrontate, vanno
superate. E’ un male noto a tutti noi il senso di insicurezza e di inquietudine che
respiriamo. Cosa fare dinanzi alla proposta dell’operazione dei 3 mila soldati? Io
dico incoraggiamo tutte quelle proposte che danno la possibilità di migliorare la
percezione di sicurezza. La gente vuole la presenza delle istituzioni. Io non esprimerei
allora un giudizio a priori su questo progetto che durerà sei mesi, ma auspicherei
quasi un osservatorio dell’iniziativa che va avanti e un confronto, perchè credo che
il dialogo aiuti sempre a maturare il bene di tutti.