2008-08-04 20:32:44

Il cordoglio del mondo per la morte di Solzhenitsin. Mercoledì i funerali ortodossi


È in lutto il mondo della cultura. Si è spento ieri sera a 89 anni nella sua casa alle porte di Mosca lo scrittore russo, Alexandr Solgenitsin, Nobel per la letteratura nel 1970, autore di Arcipelago Gulag e grande figura della dissidenza sovietica. Nel 1993 il suo incontro con Giovanni Paolo II e pochi mesi più tardi il rientro in patria dopo un esilio durato vent’anni. I funerali ortodossi si celebreranno mercoledì a Mosca, dove lo scrittore verrà sepolto. Il servizio è di Silvia Gusmano.RealAudioMP3

Un’icona della dissidenza sovietica e dell’anticomunismo, ma non solo. Con Alexandr Solgenitsin scompare il più grande scrittore russo contemporaneo, l’uomo che con coraggio e per amore di verità ha raccontato al mondo la vergogna dei Gulag. Era una realtà che Solgenitsin conosceva da vicino, per avervi trascorso otto anni, a seguito di una condanna per alto tradimento della Patria nel 1945. La sua unica colpa aver lasciato trapelare in una lettera un’allusione contro la politica staliniana. Da quell’esperienza nacquero le opere che valsero a Solgenitsin il Premio Nobel per la Letteratura nel 1970, tra cui “Il primo cerchio” e “Una giornata di Ivan Denisovič”. E nacque Arcipelago Gulag, la trilogia a metà tra autobiografia e ricerca storiografica, tradotta all’estero nel 1974 e costata allo scrittore un esilio durato vent’anni. Dopo un periodo in Svizzera, Solgenitsin si trasferì negli Stati Uniti, e continuò a far sentire la propria voce in difesa della libertà. Commovente nell’ottobre del '93 il suo colloquio in Vaticano con Giovanni Paolo II, definito l’incontro tra due uomini venuti dall’Est che sognavano un futuro diverso per il proprio Paese. Pochi mesi più tardi Solgenitsin rientrò in Russia dove continuò a seguire con attenzione le evoluzioni politiche e sociali e ad invocare l’instaurazione di una democrazia solida. “Una vita difficile, ma felice la sua”, ha detto ieri la moglie Natalia, la vita di un uomo che è divenuto simbolo di coraggio.

Sulla figura di Aleksandr Solgenitsin, Giada Aquilino ha intervistato padre Sergio Mercanzin, fondatore e direttore del Centro Russia Ecumenica, che conobbe personalmente lo scrittore russo e la sua famiglia:RealAudioMP3

R. – Vorrei ricordare il figlio che ho avuto la gioia di accompagnare da Giovanni Paolo II, appena eletto Papa. Giovanni Paolo II gli disse subito: “Quand’è che potrò vedere tuo padre”? Dopo molti anni, Giovanni Paolo II ha potuto incontrare Solgenitsin: è stata una lunga, lunghissima udienza e tutti e due erano alla fine estremamente commossi.

D. – Che ricordo ha di quel colloquio dell’ottobre ’93?

R. – Erano due grandi figure che hanno avuto la fortuna di conoscersi personalmente: lo volevano da decenni. Due anime grandi che hanno potuto parlarsi.

D. – Quell’incontro fu frutto dell’impegno ecumenico?

R. – C’è stato un impegno ecumenico, ma c’è stato anche - direi - il capirsi tra due grandi anime slave. Tutti e due avevano coscienza che essere slavi era una grande opportunità e poi, naturalmente, l’incontro è stato anche un’intesa in una grande battaglia per la libertà. Si parlò essenzialmente della situazione del mondo, ma in particolare della situazione della Russia, dell’Est e ovviamente dei rapporti tra cattolici ed ortodossi. Ricordiamo che Solgenitsin è stato nell’età matura, e poi per tutto il resto della sua vita, un dichiarato credente ortodosso.

D. – Cosa ricordiamo di lui come ortodosso?

R. – La sua grandissima fede, che poi si incarnava in una concezione che dava alla Russia anche un grande ruolo nel mondo, anche da un punto di vista religioso: quello di far sentire la voce di Dio nella realtà, nella società, nella politica, nella cultura, nella letteratura.

D. – Cosa ha rappresentato per la Chiesa tutta la figura di Solgenitsin?

R. – Ha rappresentato innanzitutto la figura di un martire: la persecuzione a cui è stato sottoposto è stata durissima e direi che l’esilio non è stato meno pesante per lui che era un russo vero, radicato nella sua terra. L’esilio è dunque stato una sofferenza non meno grande del Gulag.

D. – Ha vissuto tante fasi dell’Unione Sovietica prima e della Russia poi. L’esperienza nei Gulag, poi la sua espulsione e il rientro in patria nel ’94. Quando tornò, il suo viaggio partì proprio dall’Estremo Oriente russo, dove c’era stato uno dei più atroci lager. Solgenitsin come ha trasformato la Russia?

R. – Direi che Solgenitsin è stato veramente un grande trasformatore della Russia: forse - se non avessimo avuto il suo “Arcipelago Gulag” e le altre sue opere - avremmo un’altra idea, un’altra concezione di quel che è stato il comunismo in Unione Sovietica. Quindi gli siamo riconoscenti anche per questo. Ricordo una facile profezia che venne fatta quando lui fu espulso: qualcuno - vedendo la contrapposizione tra Solgenitsin e il regime sovietico, allora incarnato in Breznev – disse: “tra qualche decennio nessuno ricorderà più questa crisi, ma tutti ricorderanno la luminosa figura del perseguitato, Solgenitsin”.








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