Proseguono i controlli antidoping in vista delle Olimpiadi di Pechino: finora, trovati
positivi 17 atleti
A cinque giorni dalle Olimpiadi di Pechino, il Comitato Olimpico Internazionale ha
annunciato la donazione di 4 milioni di dollari alle popolazioni del Sichuan, la regione
della Cina colpita nei giorni scorsi da un violento terremoto, dopo l’altro catastrofico
sisma di maggio. Altri 4 milioni di dollari verranno versati dal Comitato Olimpico
Cinese e dal Comitato Organizzatore dei Giochi. Intanto, un nuovo scandalo doping
colpisce il mondo dello sport: pochi giorni dopo le indagini al Tour de France, il
fiorettista Andrea Baldini, leader della classifica di coppa del mondo e grande favorito
per l’oro a Pechino 2008, è risultato positivo ad un test antidoping. E' salito così
a 17 il numero degli atleti risultati positivi ai controlli. Ma qual è l’origine del
fenomeno doping, che oggi ha assunto aspetti decisamente nuovi e non meno preoccupanti
del passato? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Massimo Achini, presidente
del Centro Sportivo Italiano:
R. - Il problema
resta sempre quello: è necessaria una cura seria, meticolosa, per debellare nel tempo
– perché è chiaro che si parla di un fenomeno complesso – la questione del doping.
E l’unica cura possibile per noi resta quella della grande fermezza in termini di
normative. Ma è necessario, soprattutto, diffondere una nuova cultura dello sport,
basata veramente sui valori, tanto tra i ragazzi, quanto tra i professionisti.
D.
– In generale, perché un atleta assume, così a cuor leggero, il rischio dei farmaci
a volte pericolosi per il proprio fisico?
R. – Ormai
ci sono carriere sempre più brevi, nelle quali si deve cercare a tutti i costi di
raggiungere i risultati; credo che stia dietro questa esasperazione il fatto che porta
degli atleti - che spessissimo sono dei bravissimi ragazzi - ad incappare appunto
in esperienze di doping. Serve una rivisitazione etica dello sport professionistico,
uno sport che deve puntare all’alto livello, che deve mirare a grandi risultati, a
grandi prestazioni. L’Italia ci ha sempre regalato delle soddisfazioni incredibili
a livello di sport mondiale ma deve riscoprire con fermezza, la necessità di essere
un modello ed un esempio per i ragazzi, per i giovani e per gli atleti stessi.
D.
– L’opinione pubblica, secondo lei, in qualche modo si è abituata al fenomeno doping?
Questo è un pericolo in più?
R. – Ci sono due grandi
rischi, a mio giudizio: uno è quello di una sorta di assuefazione da parte dell’opinione
pubblica. Bisogna poi ricordare che questi campioni vengono trovati positivi alla
luce di controlli estremamente severi. E’ facile immaginare cosa può capitare invece
per atleti o per ragazzi che non sono sottoposti a controlli così rigorosi come nel
caso di chi svolge attività semiprofessionistica, o addirittura dilettantistica: si
assumono sostanze senza capire effettivamente il gravissimo rischio a cui va incontro.
Bisogna credere che lo sport può essere davvero un grandissimo strumento educativo.
Bisogna credere che lo sport è un’occasione irripetibile per far vivere valori tanto
ai giovani quanto ai grandi atleti. Si deve promuovere uno sport capace di rimettere
al centro la persona e non la prestazione a tutti i costi e fine a se stessa.