Stallo nel negoziato sul futuro dello Zimbabwe. Per i colloqui in corso a Pretoria,
in Sudafrica, il portavoce dell'opposizione, George Sibotshiwe, parla infatti di “impasse”.
Ieri alle trattative era arrivato d'urgenza anche il leader dell'opposizione Morgan
Tsvangirai, per dibattere su una spartizione del potere con la delegazione del presidente
Robert Mugabe, al fine di dar vita ad un governo di unità nazionale e ad una nuova
Costituzione. L'opposizione chiede che Tsvangirai venga nominato primo ministro, mentre
al capo dello Stato - rieletto a giugno in un voto boicottato dal Movimento per il
cambiamento democratico - sarebbe concessa solo una presidenza onorifica. Mugabe,
invece, punta al riconoscimento pieno della carica di presidente e propone per Tsvangirai
il ruolo di terzo vicepresidente. Sulla situazione politica ad Harare, Giada Aquilino
ha intervistato il prof. Pierluigi Valsecchi, docente di Storia dell’Africa
all’Università di Teramo:
R. – In questo
momento le parti avanzano richieste di massima in prospettiva del raggiungimento di
un compromesso. Di fatto, i negoziati - secondo alcuni - dovrebbero riprendere nei
prossimi giorni: c’è chi dice che l’impasse entro sabato sarà risolta. D.
– Una spartizione del potere è davvero possibile? R. – L’accordo
raggiunto lunedì della settimana scorsa è molto impegnativo per l’opposizione: Tsvangirai
ha già accettato di riconoscere Mugabe come capo dello Stato, nella prospettiva di
una apertura di un tavolo per rinegoziare la Costituzione del Paese e giungere ad
una situazione di equilibrio. Per questo, fra l’altro, Tsvangirai è stato anche contestato
dal suo partito, che gli rimprovera per esempio di essere giunto ad un accordo senza
chiedere la liberazione dei sostenitori del Movement for Democratic Ch’ange, incarcerati
durante i disordini dei mesi passati. D. – L’Unione Europea
e gli Stati Uniti hanno rafforzato le sanzioni nei confronti di Harare. Come incide
questa linea su quanto succede in Zimbabwe? R. - Lo Zimbabwe
oggi è un Paese in una situazione economica disastrata; secondo certe fonti, almeno
un terzo della popolazione soffrirebbe la fame; una gran parte di questa massa di
gente avrebbe addirittura lasciato il Paese, creando problemi molto grossi negli Stati
confinanti, compreso il Sudafrica, che media la trattativa tra Mugabe e Tsvangirai.
Le sanzioni hanno quindi un valore simbolico e politico, nel senso che vanno a chiarire
la posizione di una serie di attori internazionali nei confronti del potere di Mugabe,
sottolineando la necessità di arrivare ad una svolta democratica del Paese.