L’"Humanae vitae", documento a difesa della dignità umana: l'opinione della prof.ssa
Maria Luisa Di Pietro e di Giovanni Maria Vian
Nel compito di trasmettere la vita, i coniugi non sono “liberi di procedere a proprio
arbitrio” ma, “al contrario, devono conformare il loro agire all’intenzione creatrice
di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti, e manifestata
dall’insegnamento costante della Chiesa”: è uno dei passaggi forti dell’Enciclica
Humanae vitae di Paolo VI, di cui si celebra in questi giorni il 40.mo anniversario.
Sui contenuti fondamentali di questo documento magisteriale, Alessandro Gisotti
ha intervistato la prof.ssa Maria Luisa Di Pietro, docente di Bioetica all’Università
Cattolica di Roma e presidente dell’associazione “Scienza e Vita”: R.
- Ciò che Paolo VI ha messo in evidenza è lo stretto legame tra contraccezione, aborto
e sterilizzazione. C’è poi un monito sulle politiche di controllo demografico delle
quali allora si parlava ancora poco. Alla base di tutto questo indicava il rischio
di una profonda banalizzazione della sessualità. I contenuti che questa Enciclica
ci offre e che ci dovrebbero far riflettere sono dunque molti. Contrasta soprattutto
questo ultimo punto, la banalizzazione della sessualità, che oggi porta a determinati
atteggiamenti nei confronti della generazione umana e nei confronti della vita umana.
Quindi, partendo da lì e riproponendo il vero concetto di sessualità, della coniugalità,
della procreazione responsabile, possiamo porre le basi per quella sfida educativa
di cui oggi tanto si parla. D. - Sappiamo quanto questa Enciclica
sia stata contestata anche all’interno del mondo cattolico. Perché secondo lei? R.
- Gli attacchi più forti sono stati quelli relativi al fondamento dell’insegnamento.
L’altro punto di discussione è stata l’applicabilità dell’insegnamento dell’Humanae
vitae e ancora oggi molti pensano che non sia applicabile. In realtà, l’insegnamento
dell’Humanae vitae è stato poi storicizzato negli studi, nella ricerca della
regolazione naturale della fertilità. Quindi, ciò che è stato contrastato è stato
fatto forse molte volte per volontà di non ascoltare e per mancanza di cognizione
di causa. Ciò che alle coppie si può dare - insegnando la vera procreazione responsabile,
non come viene intesa oggi - è un grande patrimonio di ricchezza che la coppia può
vivere nella sua realtà quotidiana e nella sua relazione con i figli. Quindi, questo
è il grande messaggio che è stato lasciato ed è stata importante la lettura che Giovanni
Paolo II ha dato dell’Humanae vitae. D. - Jean Guitton
definì l’Enciclica “ferma ma non chiusa”. Si può dire che in fondo c’è una visione
integrale della persona umana, non limitata in questa Enciclica? R.
- Sicuramente. Ciò che Paolo VI ha fatto è stato chiarire, richiamare e porre nuovamente
l’attenzione sui concetti di corporeità, di sessualità, di coniugalità e di procreazione
responsabile. Guarda la persona in tutta la sua integrità, ma soprattutto nel rispetto
della coppia e della donna. E’ un messaggio di grandissima speranza e soprattutto
di richiamo a farsi rispettare nel proprio esistere e nella propria dignità di persona
umana. Quindi, è un grande servizio che Paolo VI ha fatto, una grande eredità che
ci ha lasciato. Questi richiami mettono al centro ancora una volta la dignità della
persona umana e quella eccedenza che ogni persona umana rappresenta rispetto a tutte
le altre specie viventi. D. - Pensando anche all’anno in cui
fu pubblicata l’Humanae vitae, il 1968, si può dire che un altro messaggio
forte che viene dato da questa Enciclica è che non c’è libertà senza responsabilità? R.
- Certamente. La libertà e la responsabilità non possono essere scollegate tra di
loro. Chi considera la libertà come qualcosa di separato dalla responsabilità e, quindi,
dal valutare prima quello che si fa e farsi poi carico delle conseguenze che dalle
proprie azioni derivano, ha un concetto completamente deviato di libertà. “Segno
di contraddizione”: così, il direttore de L’Osservatore Romano, Giovanni
Maria Vian ha definito l’Humanae vitae in un editoriale pubblicato ieri
nel 40.mo della firma del documento. In questa intervista di Luca Collodi,
Vian si sofferma sulla lungimiranza dell’Enciclica di Paolo VI:
R. - Sicuramente,
è un documento profetico di fronte agli sviluppi, anche inquietanti, dell’ingegneria
genetica. Colpisce la preveggenza di questo documento papale, del quale Paolo VI spiegò
tutte le ragioni: c’è tutto Paolo VI in questa Enciclica. D.
- L’Humanae vitae suscita ancora oggi accese discussioni. Alcuni ritengono
che la Chiesa non sia legittimata a parlare di sesso. Legittimità che in sostanza
viene riconosciuta alla sola scienza… R. - A questa obiezione
risponde già Paolo VI due giorni dopo l’uscita dell’Enciclica. La Chiesa parla - e
lo aveva detto lui stesso anche tre anni prima all’ONU - "in quanto esperta di umanità”.
Tra l’altro, la parola dell’Enciclica è interessante, perché benché l’insegnamento
si rivolga chiaramente in primo luogo ai cattolici, valuta il matrimonio come un bene
naturale e lo valorizza come tale. E’, quindi, una verità sull’uomo. La Chiesa non
è nemica della scienza. E’ interessante anche questa insistenza di Papa Montini sul
rapporto con gli scienziati. Su questo, tra l’altro, anche i 40 anni trascorsi dal
1968, dalla pubblicazione di questa che fu definita con derisione “l’Enciclica della
pillola”, hanno dimostrato che i risultati della contraccezione artificiale non sono
così positivi, hanno dimostrato che questi timori di una catastrofe planetaria per
una crescita smisurata della popolazione sono infondati. E’ un panorama complessivo
quello che tocca l’Enciclica. E’ un panorama umano sul quale la Chiesa cattolica ha,
in coscienza, voce in capitolo.