Immagini, documentari e rarità nell’allestimento “Il Concilio in mostra” che si apre
oggi a Roma. Il racconto dell’evento che cambiò la Chiesa contemporanea
Pannelli didascalici, manoscritti, foto, interviste e autentiche rarità, come la spiegazione
della Pacem in Terris di Giovanni XXIII attraverso la voce dello stesso Papa.
E’ quanto si può trovare visitando l’allestimento “Il Concilio in mostra” che si apre
oggi a Roma. Un’esposizione che attinge alle immagini della RAI per raccontare l’evento
– il Concilio Vaticano II - che cambiò il volto della Chiesa contemporanea. Benedetta
Capelli ne ha parlato con il curatore della mostra, il prof. Alberto Melloni,
docente di Storia contemporanea all'Università di Modena e Reggio Emilia:
R. -
Il Concilio Vaticano II, tra le tante caratteristiche che ha avuto, ha anche quella
di essere stato il primo Concilio dell’era della televisione. E’ molto interessante
vedere, in questo immenso giacimento che sono le "Teche Rai", le centinaia e centinaia
di ore che la tv dedicò al Concilio e che sono, per un verso, un modo molto originale
di rappresentarlo ma anche un modo con il quale il Concilio stesso ha preso coscienza
delle sue dimensioni, della sua varietà. A partire da episodi conosciuti: come l’intervento
del giurista Mortati in televisione durante la prima sessione, quando si votava lo
schema sulla Rivelazione, oppure quello dell'allora padre Roberto Tucci (oggi cardinale,
ndr) quando spiegava, in maniera molto limpida, cosa era accaduto in Concilio e come
era maturato un risultato positivo per il Concilio e per la Chiesa.
D.
- Come è articolata questa mostra?
R. - La mostra
tende semplicemente a ricordare lo scorrere del tempo del Concilio. Noi, molto spesso,
tendiamo ad identificare il Concilio con un corpus di documenti che sono i
testi approvati, le norme che sono state stabilite, come se fossero nati tutti in
un momento. In realtà, quegli atti sono nati all'interno di un percorso durato vari
anni, fatto di intensissimo lavoro per un’assemblea sterminata: l’unica assemblea
di "pari" che si sia mai radunata sul pianeta terra.
D.
- L'allestimento che getta anche una luce sulla funzione della televisione, fino a
quel momento giovane, ma di grande impatto pedagogico...
R.
- Questo senz’altro, perchè riesce a far vedere come, in un momento in cui l’immagine
poteva essere usata con un elemento di candore purificante, i media potevano essere
uno strumento di comunicazione della verità e del modo in cui la Chiesa comprendeva
se stessa. Questo è stato il grande merito di una RAI a canale unico, che ha davvero
consentito a tanta parte della Chiesa - dal Papa fino all’ultimo dei vescovi - di
rappresentarsi. In una certa misura, questa televisione fa anche vedere che cosa fu
quello che poi Giovanni Paolo II definì la “grande grazia del Concilio”. Il perché
Wojtyla usava questa espressione della grazia, sta nel fatto che, anche attraverso
il sistema televisivo, si coglie questo elemento di grande speranza, di fiducia nel
Vangelo e al tempo stesso nell’umano, che ha animato quella che rimane una tappa fondamentale
della Chiesa cattolica e del secolo XX.
D. - Possiamo
dire una Chiesa, fino ad allora invisibile, che poi si è resa invece visibile, si
è mostrata?
R. – Si scopre, ad un certo punto, una
dimensione davvero planetaria. Più in generale è la comprensione che il Papa è certamente
la guida e il pastore della Chiesa universale ma che accanto a lui c'è l’esperienza
dei vescovi. Nell'esperienza dell'episcopato c’è qualcosa che parla interamente e
pienamente di quella che è la cattolicità che, in fondo, era quello che poi nel Vaticano
II viene chiamata la Collegialità episcopale.