Slitta l'estradizione all'Aja di Karadzic. L'ex leader serbo-bosniaco si difenderà
da solo davanti al Tribunale internazionale
L’estradizione dell’ex leader serbo-bosniaco, Radovan Karadzic, arrestato ieri a Belgrado
dopo 13 anni di latitanza, è stata rimandata. I suoi legali hanno fatto sapere che
cercheranno di allungare i tempi della consegna al Tribunale internazionale dell'Aja
per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia. Intanto, Karadzic ha deciso che si difenderà
da solo anche se sarà affiancato da alcuni consulenti. Restano però ancora latitanti
il braccio destro di Karadzic, il generale Ratko Mladic, e l’ex leader dei serbi in
Croazia, Goran Hadzic. A Massimo Nava, editorialista del Corriere della Sera
ed ex inviato nella guerra dei Balcani, Stefano Leszczynski ha chiesto se il
nuovo corso politico adottato da Belgrado possa portare all’arresto di questi latitanti:
R. - Le condizioni
chiaramente ci sono. C’è anche da dire che il livello di protezioni di cui un generale
come Mladic potrebbe aver goduto e potrebbe godere ancora è sicuramente più alto di
quello di Karadzic. D. - Nel contesto serbo di oggi, qual è
il rilievo che ha la figura di Mladic? R. - Resta il fatto che
Mladic è comunque un soldato, che la divisa che portava durante la guerra la porta
dopo gli accordi di pace a Dayton e continua a portarla anche quando le vicende del
regime serbo cambiano. E’ evidente che, per queste ragioni, i suoi livelli di amicizie,
di protezioni e persino di relazioni personali all’interno della Serbia siano molto
più alti di quelli sui quali potesse invece contare Karadzic. D.
- Queste persone, e soprattutto quelle che avevano un passato di tipo militare nell’esercito
jugoslavo, avevano una sorta di coscienza della gravità e degli orrori del conflitto
balcanico? R. - Il paradosso è, secondo me, proprio quello che
avvenne a Sarajevo, dove ci fu un altro generale serbo, Jovan Divjak,
che era compagno d’armi e compagno di accademia di Mladic, il quale decise di stare
dalla parte di Sarajevo e, quindi, fu il comandante in capo della guarnigione dell’esercito
bosniaco musulmano, che si difendeva dagli attacchi e dai bombardamenti che il generale
Mladic lanciava su Sarajevo. Quella fu naturalmente una scelta di coscienza. Medio
Oriente-visita Obama Ha preso il via in Medio Oriente la visita del candidato
democratico alla Casa Bianca, Barack Obama. In calendario, incontri con il premier
israeliano, Olmert ,e il presidente dell’ANP, Abu Mazen. “La cosa più importante per
me - ha detto Obama - è riaffermare le relazioni storiche e speciali tra gli Stati
Uniti e Israele”. Intanto, c’è stato di allerta dopo l’attentato di ieri a Gerusalemme,
condannato dallo stesso senatore dell’Illinois, che ha provocato 16 feriti.
Afghanistan-violenza Escalation
di violenza in Afghanistan. Numerosi talebani sono stati uccisi nel corso di una retata
nella provincia di Wardak, mentre si stava cercando un capo ribelle. Solo ieri, nella
zona di Farah, più di 30 insorti avevano perso la vita in diversi combattimenti. E’
britannico il soldato della NATO morto ieri in un attacco nella provincia di Helmand.
Sudan-Darfur Prima
visita in Darfur, oggi e domani, del presidente sudanese, Omar al-Bashir, dopo la
richiesta di incriminazione per genocidio e crimini di guerra avanzata nei suoi confronti
dal procuratore capo del Tribunale penale internazionale, Luis Moreno Ocampo. Mentre
la Lega Araba ha annunciato che Khartoum ha accettato di istituire dei tribunali speciali
sulle violenze commesse proprio in Darfur, in collaborazione con l’ONU e lo stesso
organismo dei Paesi arabi, il capo di Stato sudanese è giunto stamani all'aeroporto
di El Fasher, nel nord del Darfur, teatro di un sanguinoso conflitto che secondo le
Naizoni Unite ha già causato 300 mila morti e oltre due milioni di profughi. Sul perché
della missione di al-Bashir nella regione occidentale sudanese, ascoltiamo Irene
Panozzo, africanista dell’associazione giornalistica Lettera 22, intervistata
da Giada Aquilino:
R. -
E’ probabile che al-Bashir, con questo viaggio, voglia dimostrare la sua vicinanza
al Darfur e fare una sorta di atto politico per provare l’intenzione del governo di
trovare una soluzione. Ma è significativo che questa visita arrivi a pochi giorni
dalla richiesta del procuratore Ocampo di incriminazione per al-Bashir riguardo proprio
a crimini commessi in Darfur. D. - La richiesta di incriminazione
per al-Bashir che effetti immediati può avere sul terreno, in Darfur?
R.
- Il governo sudanese ha reagito con un’apparente tranquillità. La richiesta di Ocampo
era stata annunciata il giorno prima dell’atto formale da parte del Tribunale penale
internazionale (TPI) e c’era subito stato un Consiglio dei ministri di emergenza,
durante il quale l’intero governo aveva sia deciso di rispedire al mittente le accuse
di Ocampo, sia di garantire la sicurezza degli operatori internazionali e degli stranieri.
Bisognerà capire, da un lato, se il governo continuerà a tenere questa linea. Dall’altro,
bisognerà vedere quale linea sceglieranno i molti gruppi ribelli che operano in Darfur:
se decideranno di approfittare di un momento di "fragilità" da parte del governo per
aumentare gli attacchi all’esercito regolare o se invece saranno comunque disposti
a riprendere i negoziati di pace, peraltro già molto stentati prima e che quindi potrebbero
essere ancora più difficili adesso.
Zimbabwe-politica Tardano
ad avviarsi i negoziati tra i due principali partiti dello Zimbabwe, quello al potere
del presidente, Robert Mugabe, e quello all'opposizione di Morgan Tsvangirai, per
porre fine alla crisi politica del Paese. L’inizio dei colloqui era previsto per ieri
a Pretoria, in Sudafrica, ma il tardivo arrivo dei negoziatori di Harare ha fatto
posticipare le trattative a domani.
Italia-politica Il decreto sicurezza
è legge. Con 161 voti a favore e 120 contrari il Senato ha detto sì al testo, modificato
il 16 luglio scorso alla Camera, dal quale è scomparsa la contestata norma blocca-processi.
Intanto, la prossima settimana il Comitato nazionale per la sicurezza, come annunciato
dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, approverà il piano per l'impiego di tremila
militari nelle città italiane. Lo stesso titolare del Viminale è chiamato oggi a riferire
in un’audizione alla Camera le misure di identificazione dei minori presenti nei campi
ROM. Intanto, ieri sera è diventato legge anche il "Lodo Alfano", il provvedimento
che assicura l'immunità alle quattro più alte cariche dello Stato. Il servizio di
Giampiero Guadagni:
E’ durato
in tutto 25 giorni l’iter parlamentare del Lodo Alfano, il disegno di legge che sospende
sino alla fine del mandato i processi penali per le quattro più alte cariche dello
Stato: presidente della Repubblica, presidenti di Senato e Camera e presidente del
Consiglio. La legge composta da un solo articolo e quattro commi prevede tra l’altro
che i processi restino sospesi anche in caso di fatti commessi prima dell’assunzione
dell’alta carica. “Una legge giusta più che urgente, in linea con gli altri Paesi
occidentali”, afferma il Guardasigilli Alfano, che conferma per l’autunno la riforma
organica della giustizia e lancia un appello a quelli che definisce i settori più
ragionevoli dell’opposizione. Ma dal centrosinistra le risposte sono negative. Per
il Partito democratico la maggioranza vuole costruire un sovrano senza limiti. Ancora
più dura l’Italia dei Valori, che ipotizza un referendum abrogativo. Più cauta l’UDC
che ieri si è astenuta sul provvedimento. Nucleare- Corea del
Nord-Iran-India “Un buon incontro”: così il segretario di Stato americano,
Condollezza Rice, ha definito la riunione, a Singapore, fra i ministri degli Esteri
dei sei Paesi che discutono del nucleare nordcoreano (USA, Russia, Cina, Giappone
e le due Coree). Sempre sul nucleare, oggi è tornato ad esprimersi il presidente iraniano,
Ahmadinejad, per il quale Teheran “non arretrerà di un millimetro dal suo programma
atomico”. Ieri, il parlamento indiano ha detto sì all’accordo sul nucleare siglato
con gli Stati Uniti. La fiducia era stata chiesta dall’opposizione che considera l’intesa
negativa per il Paese, perché renderebbe New Delhi troppo dipendente da Washington.
Nepal-presidente Ha
giurato oggi il primo presidente della Repubblica del Nepal, l’esponente centrista
Ram Baran Yadav, eletto due giorni fa. Intanto, nel Paese c’è il timore di una crisi
politica dopo che i maoisti, con la netta maggioranza al parlamento, hanno deciso
di non voler formare il governo per la sconfitta del loro candidato alla carica di
capo dello Stato.
USA-ciclone Timore negli USA. La tempesta tropicale
"Dolly" si è trasformata in uragano, il secondo della stagione nell'Oceano Atlantico.
"Dolly" si sta dirigendo verso il confine occidentale tra il Messico e gli Stati Uniti.
Migliaia di persone sono state fatte sgomberare.(Panoramica internazionale a cura
di Benedetta Capelli) Bollettino del Radiogiornale della
Radio Vaticana Anno LII no. 205 E' possibile ricevere
gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale.
La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.