Il cardinale Rodé: la vita consacrata non è un'autorealizzazione, ma esperienza
di Dio che diventa servizio del prossimo
“La vita consacrata è chiamata a presentarsi come una roccia solida, esempio di fedeltà,
anche nelle difficoltà della vita”. Con queste parole tratte dalla riflessione conclusiva
affidata al cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di
vita consacrata e le Società di vita apostolica, si è chiuso ieri l’incontro internazionale
per superiore di comunità. Come riportato dall’agenzia SIR, all’evento, ospitato presso
il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum a Roma, hanno preso parte 156 religiose da
tutto il mondo e provenienti da 51 congregazioni diverse. “In quasi nessuno Stato
dell’Europa le legislazioni coincidono con i principi cristiani – ha esordito il porporato
– le superiore hanno una sfida chiara, ma allo stesso tempo una funzione irrinunciabile:
rilevare le forme sottili di secolarizzazione interna che si sono introdotte nel nostro
ambiente”. Tra queste, il cardinale Rodé ha individuato “il linguaggio che ha perso
il contenuto religioso, l’opzione per le attività sociali a scapito di quelle ecclesiali,
la concezione della missione come agente di progresso sociale più che forma di evangelizzazione”.
Il cardinale ha quindi posto l’accento sul concetto di spiritualità: “Oggi se ne parla
molto – ha spiegato – ma s’intende spesso l’arte dell’autorealizzazione o quell’insieme
di tecniche adeguate all’analisi psicologica con un vago riferimento al divino, mentre
la vita consacrata deve testimoniare con la parola e con la vita il primato della
spiritualità che si orienta contemporaneamente all’esperienza di Dio e al servizio
degli uomini”. (R.B.)