2008-07-21 14:50:43

Zimbabwe: si profila un accordo per uscire dalla crisi


Schiarita nella crisi politica dello Zimbabwe. Il partito al potere dello Zanu-Pf, che fa capo al presidente Robert Mugabe, e l'opposizione del Movimento per un Cambiamento Democratico, guidato da Morgan Tsvangirai, stanno per siglare un accordo che spianerà la strada al dialogo tra le due parti. La notizia è stata confermata da varie fonti. Si può porre così fine ad oltre un mese di scontri di piazza, causati dalle dure contestazioni alle elezioni presidenziali di giugno, che hanno riconfermato Mugabe alla guida del Paese. Ma con quest’accordo lo Zimbabwe volta realmente pagina sulla grave crisi che sta vivendo? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al missionario comboniano, padre Efrem Tresoldi, direttore del World Wide Media Center, raggiunto telefonicamente a Pretoria:RealAudioMP3

R. - C’è un cauto ottimismo con la prospettiva di una soluzione della crisi in Zimbabwe, da quando il presidente sudafricano, Thabo Mbeki, ha accettato di includere, nel team di mediatori, anche esponenti dell’Unione Africana e delle Nazioni Unite. Questo fatto ha dato la possibilità a Morgan Tsvangirai di accettare nuovamente di sedersi al tavolo dei negoziati, firmare questo Memorandum dove verranno concordate le regole di fondo per i negoziati e i temi da discutere nell’agenda.

 
D. – L’obiettivo è quello di arrivare ad un governo di unità nazionale, o c’è anche qualcos’altro?

 
R. – Forse al momento è ancora un po’ presto per indicare quale direzione prenderanno i negoziati. Quello che è importante è che questi negoziati siano ripartiti.

 
D. – Come si sta vivendo, nello Zimbabwe, questa lunga crisi che si ripercuote sulla vita di tutti i giorni? E’ stata stampata addirittura una banconota da 100 miliardi: al di là della curiosità, è indice di un’inflazione più che galoppante?

 
R. – Questa ultimissima decisione di stampare queste banconote sta proprio ad indicare la crisi abissale in cui è sprofondato lo Zimbabwe. Addirittura si parla di una inflazione ufficialmente di 2 milioni e mezzo per cento, mentre gli analisti economici parlano di 10 o forse 15 milioni per cento. La gente ormai, in un Paese dove c’è l’80 per cento di disoccupazione, dove i salari non crescono da almeno 10 anni, è alla fame. Ci sono lunghe file davanti alle panetterie, per avere il pane che poi, tante volte, finisce prima perché la richiesta è superiore all’offerta. Sappiamo come l’esodo dallo Zimbabwe continua soprattutto verso il Sudafrica perché appunto la situazione diventa sempre più disperata.

 
D. – In questa situazione, qual è l’impegno della Chiesa locale, della chiesa africana?

 
R. – Ultimamente una delegazione - che è tornata qualche giorno fa da una visita in Zimbabwe - ha fatto appello per sostenere la distribuzione di cibo alle popolazioni dopo una stagione agricola pessima. E' una situazione dovuta soprattutto alla politica errata di una ridistribuzione delle terre male organizzate, nelle mani di poche persone che sono nell’entourage di Robert Mugabe. La Chiesa, a livello locale, si è espressa soprattutto per condannare questa elezione farsa che ha dato la vittoria a Mugabe. Il Consiglio ecumenico delle Chiese ha alzato la voce proprio la settimana scorsa chiedendo sanzioni contro lo Zimbabwe, dicendo che la violenza sostenuta dal governo contro l’opposizione, è dilagante ed inaccettabile.







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