Hezbollah in festa, dolore in Israele per lo scambio prigionieri-salme
Sentimenti contrastanti hanno accompagnato lo scambio di prigionieri tra il movimento
sciita Hezbollah e Israele, avvenuto ieri nei pressi del valico costiero di frontiera
tra Libano e Stato ebraico. I miliziani hanno consegnato le bare di due soldati israeliani
catturati nel 2006. Enorme lo strazio delle famiglie, che stamattina hanno partecipato
alle esequie con gli onori militari dei loro congiunti. Di contro, l'euforia di Hezbollah,
che ha ottenuto la liberazione di cinque detenuti libanesi e i resti di 185 miliziani
sciiti e combattenti palestinesi. Ancora in corso oggi manifestazioni nella parte
meridionale di Beirut, roccaforte di Hezbollah. Ma che lettura dare a tale contrapposizione?
Ascoltiamo Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni internazionali
all’Università di Firenze, intervistata da Giada Aquilino:
R. - Da parte
di Hezbollah, e in particolare del leader Nasrallah, c’è non solo l’ostentazione di
un successo, ma di un successo che lo pone come capo politico di primissimo rilievo
per tutto il Libano. Perché Samir Quntar - uno dei 5 prigionieri rilasciati
- non è soltanto una persona che ha ucciso un uomo e una bambina durante un’azione
terroristica di molti anni fa. Non è nemmeno uno sciita o un uomo di Hezbollah. Pare
che sia un druso libanese del movimento palestinese. Quindi, liberando Quntar, Nasrallah
ha dimostrato sia di sapere usare le leve e gli strumenti giusti, sia di avere una
capacità mediatica e politica di primissimo rilievo. Alla “vittoria”, chiamiamola
così, di Nasrallah si aggiunge lo sconforto di Israele che, ricordiamolo, è nel pieno
di una crisi politica legata ad Olmert, che ormai si trascina da parecchi mesi, sia
sul piano politico, sia sul piano personale, con accuse di corruzione. E appunto Israele
ha non solo obbedito a quello che è un obbligo sentito da tutti di riportare a casa
i soldati prigionieri o i loro resti, ma ha anche obbedito a quello che è in parte
un bisogno religioso: non solo per dare degna sepoltura agli uomini, ma anche per
dare certezza alle famiglie, permettendo in particolare alle mogli -dichiarate ufficialmente
vedove - di continuare la loro vita.
D. - Quale sarà
la linea di Israele nei confronti degli Hezbollah libanesi?
R.
- La linea è di estrema preoccupazione, anche perché Hezbollah gioca un ruolo proprio,
ha dei suoi obiettivi in Libano. Hezbollah, in pratica, non vuole nulla da Israele,
non ci sono controversie di confine, a parte le fattorie di Sheeba che, in realtà,
sono una controversia tra il Libano e la Siria, non certo tra Hezbollah e Israele.
Per cui Hezbollah vuole un suo ruolo all’interno del Libano, vuole che la componente
sciita libanese conti sempre di più. E’ chiaro che, in questo gioco, c’è dentro tutto:
c’è dentro la Siria, c’è dentro l’Iran. Tutti soggetti che, per Israele, hanno importanza
primaria. E, ancora una volta, Nasrallah è molto abile nell’usare a suo favore il
grande gioco mediorientale, le paure, le preoccupazioni di Israele, nonché la debolezza
del governo libanese.