I capi aborigeni i primi a salutare domani Benedetto XVI con canti e danze tradizionali
alla festa di accoglienza
In questi giorni, i media australiani molto hanno parlato dell’incontro dei rappresentanti
degli aborigeni con il Papa. E proprio i capi anziani della popolazione indigena locale
accoglieranno con canti e danze tradizionali della loro cultura l’arrivo di Benedetto
XVI, domani al Molo di Rose Bay, quando il Pontefice si imbarcherà sulla nave “Sydney
2000” per poi raggiungere i giovani della GMG al Molo di Barangaroo. Il nostro inviato,
Roberto Piermarini, ha parlato con don Eugenio Zurias, che da un anno
è parroco della parrocchia degli aborigeni a Kutjungka, nel deserto del’Australia
occidentale:
R. – E’
una cultura totalmente diversa. All’inizio abbiamo deciso di imparare la vita aborigena,
abbiamo cercato di imparare la lingua e di essere con loro nei momenti difficili.
E’ una società, tante volte, senza speranza. Poco tempo fa abbiamo avuto il suicidio
di un ragazzo di 13 anni. Noi siamo lì, cercando di essere vicino a loro, anche se
ancora non troviamo dei mezzi forti e chiari per evangelizzare: siamo lì con loro. D.
– Quali difficoltà ci sono concretamente nell’annuncio del Vangelo agli aborigeni? R.
– Per adesso gli aborigeni non parlano l’inglese molto bene e anche se sono cattolici
resta un divario abbastanza grande che dobbiamo cercare di colmare. C’è un grande
lavoro da fare. D. – Della realtà cattolica cosa li colpisce? R.
– Hanno visto che la Chiesa è l’unica che li ama come sono. D.
– Gli aborigeni sono integrati nella realtà australiana? R.
– Secondo me non ancora. C’è stato un primo passo: il primo ministro ha chiesto perdono
per gli errori del passato. Ma secondo me la via per cercare che gli aborigeni si
integrino nella vita australiana è ancora lunga.