2008-07-13 14:27:08

Sydney sempre più capitale della gioventù mondiale: all’aeroporto, gruppi di giovani accolgono con canti e balli i coetanei in arrivo. Le loro testimonianze


E intanto le regazze e i ragazzi che dai vari continenti continuano a riversarsi su Sydney stanno ormai progressivamente catalizzando l’attenzione della metropoli. Alcuni di loro, come detto, si danno il cambio, lungo tutto l’arco della giornata, per ricevere con un canto e un sorriso i coetanei in arrivo dagli altri Paesi. Il nostro inviato, Roberto Piermarini, li ha raggiunti per raccogliere le loro testimonianze:RealAudioMP3


Ci troviamo all’aeroporto internazionale di Sydney dove stanno arrivando i gruppi da tutte le parti del mondo. C’è un gruppo di giovani del Cammino Neocatecumenale qui in Australia con la missione di accogliere cantando i giovani che arrivano dalle varie parti del mondo. Tra loro, abbiamo chiamato Gabriele Turchi, uno di quelli che sta facendo questo servizio: un servizio molto bello perché i giovani sono contentissimi di essere ricevuti a Sydney da altri giovani che, cantando, li accolgono in festa.
 
R. - E’ un’esperienza meravigliosa, perché qui in Australia non siamo tantissimi e far vedere ai ragazzi questi fratelli che vengono dall’estero è stupendo. Arrivano da un viaggio di 24 ore e ci trovano fuori con icone, chitarre, che cantiamo per dare loro il benvenuto. E loro si uniscono a noi, ballando, a volte anche per 20 minuti, mezz’ora, con gli assistenti che cercano di portarli via con i loro pullman, e loro che invece vogliono rimanere e continuare a ballare. E’ veramente un momento di festa e gioia per tutti quanti.
 
D. - Cosa dicono gli addetti dell’aeroporto di questa esperienza nuova per loro, perchè non sono abituati a vedere persone che scendono dall’aereo e vengono accolte in questa maniera?
 
R. - Gli addetti ai lavori, specialmente i volontari del pellegrinaggio, del World Youth Day, aspettano che noi arriviamo la mattina perché diamo un po’ di vita a tutto l’aeroporto. Appena ci vedono, vengono subito a ballare con noi. Chiedono se possiamo cantare “Resuscitò”, se possono ballare con noi, se possono battere le mani. Fanno spostare la gente per crearci spazio, per poter fare i balli. Alcuni dicono che aspettano di venire a lavorare per poterci sentir cantare. Ci sentiamo in comunione con tutti. Anche la polizia ci lascia fare quello che vogliamo. Anzi, un poliziotto ieri ci ha detto che è rimasto molto sorpreso, perché questo pellegrinaggio si è dimostrato una manifestazione di pace e amore.
 
D. - Quali turni di lavoro avete fatto in questo tempo, se possiamo chiamarli così?
 
R. - Noi ci svegliamo la mattina alle 5, e facciamo tre turni: dalle 6 a mezzogiorno, da mezzogiorno alle 18, e dalle 18 a mezzanotte, 24 ore su 24.
 
D. - Ecco l’esperienza di un altro giovane. Come ti chiami?
 
R. - Mi chiamo Paolo.
 
D. - Che esperienza hai fatto nell’accogliere questi giovani che vengono da tutto il mondo all’aeroporto internazionale di Sydney?
 
R. - Per me, è stata una cosa fantastica vedere tutti questi giovani che arrivano a Sydney, in un’isola deserta, dove la religione non è una cosa molto importante. Per me è stato fantastico, per cambiare davvero il modo di vivere.
 
D. - Sara, che esperienza è stata vedere in viso questi giovani che arrivano, stravolti dal viaggio? Che esperienza hai fatto in questo tuo servizio di accogliere questi giovani che vengono da tutto il mondo?
 
R. – Ieri, siamo stati all’aeroporto per sei ore e abbiamo aspettato quelli del Cammino che non sono venuti. Ma, alla fine, anche abbiamo aspettato sei ore, abbiamo cantato, abbiamo ballato, ed eravamo tutti felicissimi perché siamo rimasti tutti in comunione. Per me è stata un’esperienza bellissima e anche se non c’è stata quella soddisfazione di vedere arrivare chi aspettavamo, siamo stati bene comunque. Per me è stato bellissimo, perché siamo stati in comunione tra di noi, con questa gioia, in attesa di questo pellegrinaggio.
 
D. - Che significa, secondo te, per i giovani australiani assistere a questa accoglienza da parte di altri giovani?
 
R. - E’ bello notare le facce della gente all’aeroporto in attesa di persone che magari non vedono da tanto tempo. Hanno il viso pieno di gioia. E poi, sì, ci siamo noi che abbiamo creato un caos. Appena arrivano i ragazzi del pellegrinaggio basta uno sguardo e c’è già intesa. Ci uniamo tutti in un canto, in un ballo. C’è una gioia comune a tutti, che va oltre un’affettività o la mancanza di non aver trovato qualcuno. I ragazzi australiani hanno proprio bisogno di vedere questo: che possiamo amarci ed accoglierci in questo modo, perché l’abbiamo imparato da Dio.

L’ultimo messaggio di Benedetto XVI, come pure gli altri suoi riferimenti dedicati a vario titolo alla GMG negli ultimi tempi, costituiscono per i giovani uno spunto serio di riflessione spirituale e umana. Il nostro inviato, Roberto Piermarini, ne ha parlato con alcuni ragazzi incontrati a Sydney:RealAudioMP3  
 
D. - Ti aspettavi una risposta così grande da parte di tanti giovani venuti qui in Australia o pensavi che, anche per motivi di costi o altro, ne sarebbero venuti meno?
 
R. - Avendo già l’esperienza di altri pellegrinaggi, posso dire che si vede che c’è uno spirito che a questi giovani piace, uno spirito di unione da tutte le parti del mondo. Vengono qui in Australia da molti Paesi e sono felici, si vede che è importante per loro venire qui. E se vengono da 24 ore di volo con questa voglia, noi non possiamo fare altro che accoglierli con amicizia.
 
D. - Nel Messaggio di quest’anno per la GMG, Benedetto XVI dice che sono i coetanei che devono evangelizzare gli altri giovani. Tu che ne pensi?
 
R. - Per me è una frase molto forte. E quello che mi piace finora di questa GMG è il fatto che noi possiamo accogliere le persone da tutto il mondo, come la Chiesa vuole accogliere tutti in Australia, specialmente in questo tempo. Quando qualcuno viene in Australia, dopo aver viaggiato da Roma, questo posto è come un deserto, non c’è nessuno. Invece, la Chiesa viene ad accogliere tutti.
 
D. - I tuoi coetanei che non frequentano la Chiesa o sono lontani, che cosa dicono di questo pellegrinaggio?
 
R. - Non ne capiscono molto, però sanno che c’è qualcosa. Questo li risveglia, li fa pensare: cosa c’è di così bello? Perché mezzo milione di persone vengono a vedere un uomo vestito di bianco? Forse non capiscono niente, ma avvertono c’è qualcosa. E questa domanda può far sviluppare qualcosa di bellissimo.  







All the contents on this site are copyrighted ©.