La solidarietà della Chiesa alla gente impiegata nei porti o sulle navi al centro
delle inziative della "Domenica del mare". Intervista con mons. Agostino Marchetto
La speranza cristiana testimoniata, in spirito e concretezza, ai marittimi di ogni
categoria: dai pescatori al personale impiegato nei porti a quello sulle navi da crociera.
E' questo il senso della “Domenica del Mare” che si celebra oggi in molti Paesi. Per
l’Apostolato del Mare, si tratta di un’occasione per riflettere sulle questioni che
i marittimi devono quotidianamente affrontare e di ribadire con loro l’impegno alla
solidarietà. Al microfono di Giovanni Peduto, ne parla l'arcivescovo Agostino
Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti: R.
- Si tratta di un'occasione per prendere coscienza, a livello universale, dell'importanza
che questo settore riveste nelle nostre vite di ogni giorno e per ringraziare i lavoratori
del mare per il grande contributo apportato al nostro benessere. In effetti, il trasporto
del 95% delle necessità in petrolio, alimentazione e altri beni essenziali si effettua
per mare. Ciònonostante, i marittimi sono lavoratori "invisibili", isolati nella zona
portuale, dove fanno scali brevi, che a volte durano meno di 12 ore, prima di riprendere
il mare per settimane di navigazione. Arrivano e ripartono senza che coloro che sono
lontani dai porti lo sappiano o li vedano. La Chiesa ha affidato all'Apostolato del
Mare la missione di incontrarli e di testimoniare la sua sollecitudine pastorale,
offrendo loro un sostegno spirituale e materiale.
D.
- Quali sono i problemi che i marittimi devono affrontare?
R.
- Nel Messaggio che il nostro Pontificio Consiglio ha inviato al mondo marittimo per
l'occasione, si lancia in special modo un grido d'allarme sulla situazione della pesca
internazionale, che è in crisi un po' ovunque. Si tratta di segnali che annunciano
una crisi ancor più grande, se non verrà fatto nulla per affrontare la situazione.
Ad essere in pericolo è tutto un modo di vita, è l'equilibrio alimentare, e a pagarne
le conseguenze più gravi saranno, come sempre, le popolazioni dei Paesi poveri. Nel
nostro Messaggio, si menziona anche la pirateria, flagello che si pensava scomparso
ma che è riemerso con violenza in alcune regioni del mondo. Questi pirati dei tempi
moderni mettono quotidianamente a rischio la vita dei marittimi e la sicurezza delle
navi. Non dimentichiamo, poi, che la professione marittima è tra le più pericolose
al mondo. Proprio nelle scorse settimane, un traghetto si è inabissato durante una
tempesta nelle Filippine e si contano, purtroppo, centinaia di scomparsi.
D.
- Cosa si può fare per influire su questa situazione preoccupante e sostenere i marittimi
e le loro famiglie?
R. - Nel 2006 e nel 2007, l'Organizzazione
internazionale del turismo (OIT) ha adottato due importanti Convenzioni in favore
dei marittimi e dei pescatori. Questi nuovi strumenti offrono un'opportunità eccezionale
ed un eccellente quadro giuridico per migliorare le condizioni di vita e di lavoro
di chi è impegnato in questi settori. Dopo l'adozione delle Convenzioni, è importante
incoraggiare i governi a ratificarle e a legiferare di conseguenza. Finché ciò non
avverrà, la legislazione resterà lettera morta e non potrà apportare un vero progresso
alla vita di milioni di marittimi e di pescatori, con le loro famiglie. Con Papa Benedetto
XVI, noi crediamo che "la grande sfida oggi [sia] 'globalizzare' non solo gli interessi
economici e commerciali, ma anche le attese di solidarietà". Il ruolo dell'Apostolato
del Mare è quello di essere, attraverso le centinaia di suoi cappellani, di operatori
pastorali e volontari, il segno concreto di questa solidarietà della Chiesa universale
e locale nel mondo marittimo. La prossima "Domenica del Mare" sia anche per essi un
incoraggiamento a proseguire il loro impegno apostolico in questo spesso difficile
ed emarginato settore.