2008-07-12 15:10:54

Il commento al Vangelo della domenica del teologo, don Massimo Serretti


La liturgia della XV Domenica del Tempo ordinario presenta il passo del Vangelo di Matteo nel quale Gesù racconta, dopo essere salito una barca per rivolgersi ad una folla radunatasi intorno a Lui, la parabola del seminatore, spiegando così il senso del seme caduto nei vari tipi di terreno:

“Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato (…) Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende”.

Sul significato di questo brano evangelico, ascoltiamo il commento del teologo don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:RealAudioMP3
 
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Il Signore è il seminatore, il seme è la Sua Parola, noi siamo la terra.
La parabola che Gesù racconta ci insegna tre cose. La prima è l'azione di Dio in noi. Essa è prima anche perché è precondizione di tutte le altre. Dio agisce in molti e diversi modi su di noi e in noi. Qui la Sua azione consiste nel dono della Sua Parola che, in qualità di Parola divina, è viva, efficace e, come il seme, porta in sé una potenza fruttificatrice.
La seconda cosa che ci insegna è che il dono del seme gettato nella nostra vita deve essere compreso, ricevuto, tenuto, diversamente il diavolo lo ruba. L'intelligenza del dono si oppone positivamente all'opera del maligno.
La terza cosa che ci viene insegnata è la nostra chiamata ad essere «buona terra» e quindi a tener lontane, come spiega Tommaso d'Aquino, la vacuità, la durezza e la proliferazione delle male piante che sono i vizi (Super Matthaeum, c. 13, l. 1), «le preoccupazioni del mondo», «l'inganno della ricchezza», «l'incostanza» che ci blocca ad ogni minimo accenno di difficoltà. Il seme divino è puro dono, la sua crescita e la qualità del suo frutto sono grazia. Ma sta a noi far sì che la nostra vita, la nostra umanità sia una «buona terra», una «terra buona» (kale).

 
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