2008-07-02 12:02:14

Il Papa è giunto nella residenza di Castel Gandolfo. Stamani all'udienza generale, Benedetto XVI ha iniziato un nuovo ciclo di catechesi su San Paolo


A pochi giorni dall’inizio dell’Anno Paolino, Benedetto XVI ha intrapreso stamani un nuovo ciclo di catechesi dedicate all’Apostolo delle Genti. Nell’udienza in Aula Paolo VI, il Papa ha offerto ai fedeli una riflessione sull’ambiente in cui visse e operò San Paolo, ribadendo l’attualità di questa figura “pressoché inimitabile”. Una figura, ha aggiunto, dal quale i cristiani del nostro tempo hanno ancora molto da imparare. L’udienza generale di stamani è l’ultima prima di un periodo di riposo estivo, che sarà interrotto in occasione della GMG di Sydney. Oggi pomeriggio intorno alle ore 18.15 il Papa è giunto nella sua residenza di Castel Gandolfo per un periodo di vacanza. Ma torniamo alla catechesi di stamani con il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

E’ giusto riservare un posto particolare a San Paolo, non solo nella venerazione, “ma anche nello sforzo di comprendere ciò che egli ha da dire anche a noi, cristiani di oggi”: è l’esortazione rivolta da Benedetto XVI ai fedeli nella sua prima catechesi dedicata all’Apostolo delle Genti:

 
“L’apostolo Paolo, figura eccelsa e pressoché inimitabile, ma comunque stimolante, sta davanti a noi come esempio di totale dedizione al Signore e alla sua Chiesa, oltre che di grande apertura all’umanità e alle sue culture”.

 
D’altro canto, ha proseguito, “non è possibile comprendere adeguatamente San Paolo senza collocarlo sullo sfondo, tanto giudaico quanto pagano del suo tempo”. Per questo, il Pontefice ha voluto iniziare questo ciclo di catechesi su San Paolo soffermandosi proprio sull’ambiente nel quale l'Apostolo si trovò a vivere e ad operare. Un contesto socio-culturale, quello di duemila anni fa, ha rilevato il Papa, che sotto vari aspetti non differisce da quello odierno. In tale ambito, ha detto, un fattore primario da tener presente è il rapporto tra l’ambiente in cui Paolo nasce e il contesto in cui successivamente si inserisce. San Paolo, ha rammentato Benedetto XVI, viene da una cultura ben precisa, quella del popolo di Israele. Gli ebrei, ha spiegato, rappresentavano allora circa il 10 per cento della popolazione totale dell’Impero romano:

 
“Le loro credenze e il loro stile di vita, come succede ancora oggi, li distinguevano nettamente dall’ambiente circostante; e questo poteva avere due risultati: o la derisione, che poteva portare all’intolleranza, oppure l’ammirazione, che si esprimeva in forme varie di simpatia come nel caso dei timorati di Dio o dei proseliti”.

 
C’era chi, come Cicerone, disprezzava gli ebrei e chi, invece, come Giulio Cesare aveva riconosciuto loro dei diritti particolari. Anche Paolo, dunque, è oggetto di una “doppia, contrastante valutazione”. Tuttavia, ha sottolineato il Papa, il particolarismo della religione giudaica trovava tranquillamente posto all’interno dell’impero romano:

 
“Più difficile e sofferta sarà la posizione del gruppo di coloro, ebrei o gentili, che aderiranno con fede alla persona di Gesù di Nazaret, nella misura in cui essi si distingueranno sia dal giudaismo sia dal paganesimo imperante”.

 
In ogni caso, ha aggiunto Benedetto XVI, l’impegno di Paolo fu favorito da due fattori: la cultura greca, o meglio ellenistica, e la struttura politico-amministrativa dell’Impero romano che garantiva pace e stabilità dalla Britannia all’Egitto. La visione universalistica tipica della personalità di San Paolo, ha proseguito, “deve certamente il suo impulso di base alla fede in Gesù Cristo, in quanto la figura del Risorto si pone ormai al di là di ogni ristrettezza particolaristica”. Tuttavia, ha notato, anche la situazione culturale e l’ambiente del suo tempo non può non aver avuto un influsso sulle sue scelte:

 
“Qualcuno ha definito Paolo 'uomo di tre culture', tenendo conto della sua matrice giudaica, della sua lingua greca, e della sua prerogativa di 'civis romanus', come attesta anche il nome di origine latina”.

 
Una menzione particolare, ha detto il Papa, va attribuita alla filosofia stoica che influì, seppur in misura marginale, anche sul cristianesimo. Ed ha citato alcuni filosofi stoici come Zenone e Seneca, nei quali si ritrovano “valori altissimi di umanità e sapienza” recepiti dal cristianesimo:

 
“Si pensi, per esempio, alla dottrina dell’universo inteso come un unico grande corpo armonioso, e conseguentemente alla dottrina dell’uguaglianza tra tutti gli uomini senza distinzioni sociali, all’equiparazione almeno di principio tra l’uomo e la donna, e poi all’ideale della frugalità, della giusta misura e del domino di sé per evitare ogni eccesso”.

 
Il Papa ha poi rammentato che, al tempo di Paolo, a Roma molti culti pagani prescindevo dai templi ufficiali e si svolgevano in luoghi privati non diversamente dalle prime riunioni cristiane. Tuttavia, ha precisato, le differenze tra i culti pagani e quello cristiano non sono di poco conto e riguardano tanto la coscienza identitaria dei partecipanti quanto la partecipazione in comune di uomini e donne e la celebrazione della “cena del Signore”. Ha così concluso la sua catechesi mettendo l’accento sull’originalità di Paolo dal quale “tutti noi abbiamo ancora sempre molto da imparare”.

 
Al momento dei saluti ai pellegrini in varie lingue, il Papa ha rivolto un pensiero speciale alle partecipanti al Capitolo generale delle Suore Missionarie di Gesù e alla Comunità Cenacolo, che celebra il 25° anniversario di fondazione, e ancora ai rappresentanti dell’Associazione culturale cristiana Italo-Ucraina. Infine, ha incoraggiato i giovani ad essere "pietre vive" della Chiesa, vivendo il Vangelo con generosità e responsabilità.







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