“Combattere la povertà, costruire la pace” è il tema scelto da Benedetto XVI per la
Giornata mondiale della pace 2009
“Combattere la povertà, costruire la pace”, è il tema - reso noto oggi - scelto da
Benedetto XVI per la prossima Giornata mondiale della Pace, del 1 gennaio 2009. Tema
che vuole sollecitare “una risposta urgente” “alla grave questione della povertà,
“non una mera fatalità”, né un fenomeno da ricondurre ai soli fattori tecnici o economici.
Lo scandalo della povertà” - si legge in una nota esplicativa - manifesta “l'inadeguatezza
degli attuali sistemi di convivenza umana nel promuovere la realizzazione del bene
comune”. “La risposta va allora cercata - sollecita la nota - prima di tutto nella
conversione del cuore dell'uomo al Dio della carità”. Roberta Gisotti ha intervistato
don Albino Bizzotto, fondatore dell’Associazione “Beati i costruttori di pace”:
D. -
Quando parliamo di povertà dobbiamo intenderla certo come "problema materiale", ma
ancor prima come problema "morale e spirituale". Perché don Bizzotto, questa sottolineatura
nella nota che accompagna il tema? R. - Credo che il punto nodale
sia se noi scegliamo le persone prima di tutto il resto o se ci sono altre cose che
ci importano più delle persone. Non basta soltanto lavorare contro la povertà, ma
credo sia determinante riconoscerci poveri e in questo senso, allora, avere gli uni
bisogno degli altri. Così, le persone acquistano immediatamente importanza, dignità
e siamo anche capaci di 'cose nuove', volendoci bene. D. -
Povertà e malnutrizione non sono una "mera fatalità". Don Bizzotto, dalla sua esperienza,
dove sono le maggiori manchevolezze? R. - La prima manchevolezza,
senza dare colpa a nessuno, è che ognuno di noi è cresciuto all’interno di un sistema
dove noi siamo i privilegiati e gli altri devono soffrire, pagare, lavorare per i
nostri privilegi. In questo tipo di mondo, chi deve cambiare di più non sono i poveri,
ma siamo noi che siamo nel rango strutturale dei ricchi. E la seconda cosa, è che
la politica, e cioè l’organizzazione delle Nazioni e degli Stati, non debba ancora
continuare ad impegnare energie, attività e risorse soltanto per una sicurezza fondata
sulla forza e fondata sulle armi di distruzione, piuttosto che impegnare tutta la
capacità umana, ma anche tecnica, a favore della vita e delle necessità quotidiane
delle persone. D. - A dire il vero, già da tempo, non solo in
ambito ecclesiale, ma anche politico ed economico, si evidenzia lo stretto collegamento
tra povertà e pace. Così, infatti, leggiamo in numerosi documenti delle Nazioni Unite.
Ma dalle parole difficilmente si passa ai fatti... R. - La nostra
pace è fondata sulla forza e imposta con la forza: non è la pace. E questo è il dramma
che stiamo vivendo e rovesciare l’ottica dei responsabili sia dell’economia come della
politica verso un rispetto dei bisogni elementari delle persone credo sia la necessità
più urgente che abbiamo. Tutti, oggi, siamo impegnati per le cose più elementari:
l’acqua, l’aria, la terra come luogo da dove provengono le cose per la vita di tutti
quanti. Se continuiamo con la logica che fino a questo momento è stata quella che
ha fatto prendere le decisioni più importanti credo che non avremo futuro. D.
- Forse, solo con una spinta dal basso di responsabilità individuali potremo muovere
i vertici politici ed economici che decidono il futuro del Pianeta... R.
- Io credo che il buono e il cattivo sia ovunque, alla base come al vertice. L’importante
è che siamo determinati. E per noi cristiani quella scelta della povertà che è anche
l’annuncio di una felicità - cioè la condivisione totale con tutti quanti, fino ad
essere capaci di non aver paura per noi, ma condividere tutto - felicità a fondamento
di tutta la storia del cristianesimo e fondamento della novità dell’annuncio cristiano.