Sbarchi a Lampedusa: inaugurato un monumento di solidarietà ai migranti
Quarantacinque immigrati, tra cui sei donne e un bambino, sono sbarcati nella notte
a Lampedusa. I migranti, a bordo di un'imbarcazione di sei metri, sono riusciti ad
eludere i controlli ed approdare direttamente sulla terraferma. Una motovedetta della
Capitaneria di porto li ha bloccati a Cala Maluk. Dopo le operazioni di identificazione
sono stati condotti al centro di prima accoglienza. Il servizio di Monia Mandracchia:
Oggi, alle
prime luci dell’alba, l’ennesimo sbarco: 45 gli immigrati che hanno raggiunto questa
notte Lampedusa, tra loro cinque donne e un bambino, avvistati dall’equipaggio della
motovedetta della Guardia Costiera, mentre prendeva terra sulla costa di Cala Maluk.
Successivamente i migranti sono stati condotti nel centro di prima accoglienza dell’isola.
A testimoniare la solidarietà verso i migranti, un monumento inaugurato in questi
giorni, dal titolo "Porta di Lampedusa", dedicato proprio a quanti tra loro hanno
perso la vita in mare. Ma qual è il significato del monumento? Lo abbiamo chiesto
al sindaco di Lampedusa, Bernardino De Rubeis:
R.
– Porta di Lampedusa, porta d'Europa, porta di accoglienza: è un monumento donato
all’isola dal maestro Paladino, che vuole ricordare gli immigrati, i morti in mare,
i morti di questo fenomeno epocale dell’immigrazione, gente che parte dalla propria
terra in cerca di nuove speranze, raggiunge Lampedusa, per poi avviarsi verso i territori
italiani ed europei. Altri muoiono in mare e così spengono la loro vita. Lampedusa
viene spesso associata al fenomeno immigrazione, ma qual è il vero volto dell’isola?
Ancora De Rubeis: R. – Lampedusa è un’isola bellissima
e turistica con un mare trasparente. Siamo ormai arrivati a luglio e i turisti invadono
le nostre spiagge. E’ anche terra di accoglienza e pertanto terra di immigrati. Arrivano
in modo silenzioso sul molo. Vengono prelevati dalle vedette della Marina, della Guardia
di Finanza e poi portati al centro di accoglienza, per essere trasferiti in altri
centri di permanenza. Spesso e volentieri i giornalisti speculano su queste notizie.
Io dico che il fenomeno c’è, continuerà a esistere, ma certamente non è un fenomeno
da amplificare in modo negativo. Stiamo affrontando giornalmente, anche se in emergenza,
il fenomeno. Alcuni già sono partiti per essere trasferiti nel centro di permanenza.
Questi 70 che sono arrivati, vicino alle nostre coste, sono già stati curati, sfamati
e verranno trasferiti nei giorni prossimi.
Di fronte
a questa realtà, un ruolo fondamentale viene svolto anche dalla Chiesa. A testimoniarlo
è il parroco di Lampedusa, don Stefano Nastasi:
R.
– Il nostro ruolo è quello di una collaborazione esterna con il centro di prima accoglienza,
perché di norma sono loro a chiamarci, ad invitarci per incontrarli, in quanto tante
volte ne fanno richiesta per un supporto a livello spirituale, per un colloquio o,
ancor di più, per la celebrazione dell’Eucaristia, all’interno del centro. Il centro
di Lampedusa è un centro di prima accoglienza. Da qui poi vengono portati altrove.
E’ soltanto un passaggio quello che avviene qui a Lampedusa.
Lampedusa,
oltre ad essere un’isola turistica esprime solidarietà, vuole crescere e garantire
una vita più dignitosa alle persone che provengono da zone spesso difficili.