Iniziato con la celebrazione del "Vespro ecumenico" il Triduo di preparazione all'apertura
dell'Anno Paolino. La figura dell'Apostolo nel pensiero di p. Cesare Atuire
Il Triduo di preghiere nella Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, che sarà
concluso dalla solenne apertura che Benedetto XVI farà sabato prossimo dell’Anno Paolino,
ha avuto inizio ieri pomeriggio con la celebrazione di un “Vespro ecumenico”. Presieduto
dall’Abate benedettino, padre Edmund Power, il rito ha riunito dinanzi al Sepolcro
dell’Apostolo autorità ecclesiali e fedeli cattolici, ortodossi e protestanti. Ce
ne parla Alessandro De Carolis:
Nel rivolgere
ai presenti un caloroso saluto, il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio
Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha detto: “Quest’ Anno Paolino
è un invito e una sfida a leggere e a meditare di nuovo le Lettere dell’Apostolo,
ad approfondire la nostra conoscenza e il nostro amore per Cristo, a diventare come
Paolo coraggiosi testimoni di Cristo, a diventare una fiaccola che dà luce e orientamento
al mondo e un legame di unità fra i cristiani divisi, affinché siano segno e strumento
di pace nel mondo e diventino una sola cosa perché il mondo creda. In questo senso,
vi auguro un benedetto Anno Paolino che deve essere anche un anno ecumenico”. In
precedenza, dopo aver ricordato che domenica scorsa aveva avuto la gioia di inaugurare
l’Anno Paolino a Tarso - città dove San Paolo è nato duemila anni fa - il cardinale
Kasper ha affermato: “Paolo era di casa nel mondo ebraico e greco, ha fatto il passo
dall’Oriente all’Occidente, da Gerusalemme a Roma e come testimone di Cristo è il
testimone dell’universalità di Cristo che trascende le culture e costituisce, fino
ad oggi, un legame che unisce tutte le Chiese e tutta la cristianità. Lui è l’apostolo
dell’unità di tutti i battezzati. Di più, fervido ebreo, Paolo ha dato testimonianza
che ebrei e cristiani fanno parte dell’una ed unica alleanza di Dio e sono l’uno ed
unico popolo di Dio. Lui è maestro dell’abbondante grazia di Dio per tutti gli uomini
e intanto testimone dell’uguale dignità di ogni persona”.
Riflessioni
condivise, nell’Omelia dei Vespri, dal metropolita Gennadios, arcivescovo ortodosso
d’Italia e Malta, Esarca per l’Europa meridionale del Patriarcato ecumenico, che ha
esaltato San Paolo come “predicatore della verità, angelo dell’amore, difensore dell’unità
dei cristiani e fondatore del monachesimo” e ricordato che “ci ha lasciato lo spirito
di amore, di libertà e di ecumenicità perché Cristo si formi in noi”. In particolare,
ha parlato di “una visione ecumenica che abbia San Paolo come base e fondamento”,
perché “la Chiesa non si fermi su discussioni accademiche ma giunga a sostanziali
risultati”.
I Vespri sono stati animati dai Monaci
benedettini dell’Abbazia, dalle comunità greco ortodossa, metodista valdese, episcopaliana,
e da quella cattolica di San’Egidio. Antifone, salmi, intercessioni sono stati cantati
in latino, greco, italiano. Un canto in onore dei Santi Pietro e Paolo è stato eseguito
secondo la tradizione ortodossa eritrea in lingua giiz. Dopo la recita del
“Padre Nostro”, il padre abate e i rappresentanti delle altre comunità cristiane,
fra i quali il vescovo ortodosso bulgaro Tichon, si sono recati in processione dinanzi
alla Tomba di San Paolo per la Confessio Paulina: ognuno di ha letto l’"Inno
alla Carità", il celebre brano paolino della prima Lettera ai Corinzi.
La
Basilica di S. Paolo Fuori le Mura ma anche gli altri luoghi della presenza dell'Apostolo
a Roma - come l'Abbazia delle Tre Fontane, che sorge sul luogo del martirio di San
Paolo - si preparano ad accogliere le folle di pellegrini attese per questo anno giubilare.
Al microfono di Luca Collodi, l'amministratore delegato dell'Opera romana pellegrinaggi,
padre Cesare Atuire, si sofferma sui tratti salienti della complessa figura
dell'Apostolo delle genti:
R. - Paolo
è un entusiasta della fede. E’ una persona che, come noi, non ha conosciuto Gesù quando
viveva sulla terra. Paolo ha incontrato il Risorto e sopratutto ha fatto un’esperienza
molto particolare. Ha cominciato a perseguitare i cristiani e Gesù gli ha detto: "Perchè
mi perseguiti?". Vuol dire che la presenza di Gesù continua nei cristiani e, pertanto,
Paolo dopo questa esperienza ha sentito una forza liberatrice ed è diventato un grande
comunicatore di questa esperienza credo soprattutto in Occidente, dove abbiamo bisogno
di riscoprire l’entusiasmo e la giovinezza della fede.
D.
- Periodicamente, si torna a parlare della questione che Paolo sia il secondo "fondatore"
del cristianesimo. Cosa ne pensa lei, padre Cesare?
R.
- Paolo è stato il grande missionario della fede, perchè uno che ha macinato più di
14 mila chilometri in quel tempo è stato certamente una persona grande. Che Paolo
sia stato il fondatore del cristianesimo non regge, perchè Paolo stesso nella Lettera
ai Corinzi insiste quando parla delle esperienze dell’Eucarestia dicendo: "Io vi trasmetto
quello che a mia volta ho ricevuto". Non c’è poi evidenza che Paolo abbia creato una
gerarchia. Per introdurre delle novità all’interno della fede - nella vicenda dei
"gentili", i pagani convertiti - Paolo si è rivolto agli altri Apostoli per chiedere
consiglio e ciò vuol dire che Paolo guardava al collegio apostolico per prendere le
sue decisioni.
D. - Secondo lei, il pensiero di Paolo
era già definito nella sua prima Lettera, che è abbastanza recente dopo la conversione?
R.
- C’è un pensiero definito, ma anche in Paolo si coglie una evoluzione. Se uno prende
le sue ultime Lettere, vede un Paolo molto più maturo, anche meno aggressivo nelle
espressioni, vede uno che elabora molto. C’è da dire che l’esperienza di base di Paolo
è la Risurrezione. Paolo prende da dove i Vangeli si sono fermati. Loro hanno raccontato
dall’inizio della missione di Gesù fino alla morte e alla Risurrezione. Paolo prende
la vita di Gesù ma soprattutto riflette attorno alla Risurrezione, e sulla Chiesa
che nasce grazie alla Risurrezione e alla venuta dello Spirito Santo.