In udienza dal Papa i presuli dell’Honduras, in visita "ad Limina". Il cardinale Maradiaga:
la dottrina sociale della Chiesa ispiri anche il mondo della politica
In udienza stamani dal Papa il cardinale Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, arcivescovo
di Tegucigalpa, capitale dell'Honduras, con altri vescovi del Paese latinoamericano,
da ieri e fino a sabato prossimo, in visita "ad Limina Apostolorum". Su questo Paese
del Centroamerica, una scheda di Roberta Gisotti:
Grande un
terzo dell’Italia, l’Honduras sopravvive grazie agli aiuti internazionali e alle rimesse
degli emigranti, nonostante nel 2005 i Paesi creditori abbiano cancellato il suo debito
estero di oltre 4.200 milioni di dollari. Pochi suoi abitanti solo 7 milioni, per
metà urbanizzati, disoccupati al 50 per cento e al 20 per cento analfabeti, circa
il 70 per cento sotto la soglia della povertà. Settore primario della sua economia
resta l’agricoltura di piantagione dominata dalle multinazionali statunitensi, secondaria
l’industria degli stessi prodotti agricoli. Già colonia spagnola, indipendente nel
1821 nell’ambito della Confederazione dell’America Centrale, Stato sovrano nel 1838,
poi una storia politica nel secolo scorso segnata da continue ingerenze militari e
lunghi periodi di dittatura. Quindi, dal 1982 il ritorno a governi civili, stretti
alleati degli USA, ma tormentati da conflitti interni ed esterni nei Paesi confinanti
di El Salvador e Nicaragua. Oggi permane alta la tensione tra governo e comunità indigene
per lo sfruttamento commerciale dei loro territori.
La
Chiesa di questo Paese, dove i cattolici sono circa l’80 per cento, può contare solamente
su 12 vescovi sparsi in 8 diocesi. 25 anni fa la visita di Giovanni Paolo II, che
di fronte alle diffuse ingiustizie sociali aveva riproposto con vigore gli insegnamenti
sociali della Chiesa, che ancora attendono di trovare applicazione.
Ma
quali sono le attese oggi della Chiesa honduregna, alla luce di quanto emerso lo scorso
anno, in maggio, nella Conferenza degli episcopati latinoamericani, inaugurata da
Benedetto XVI nel Santuario Aparecida in Brasile? Alina Tufani del programma
ispano-americano ha intervistato il cardinale Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga,
arcivescovo di Tegucigalpa e presidente della Conferenza episcopale dell’Honduras:
D. - Eminenza,
sono molte le sfide della Chiesa in Honduras, quali le più urgenti?
R.
- Yo creo que el documento de Aparecida ... Il documento di Aparecida ci
pone in una prospettiva positiva. E' rinato il senso dell'essere cristiano, il senso
dell'amore per la parola di Dio e per il Vangelo. Sono questi tanti elementi positivi
e segni di speranza. Non possiamo dimenticare, nel contempo, i problemi e le questioni
più spinose. Tra queste l'aumento dei poveri, dovuto soprattutto all'incremento del
prezzo del petrolio e dei generi di prima necessità. Neanche la cancellazione del
debito estero ha creato i presupposti per un rilancio del Paese. Anche perché il denaro
viene impiegato per l'acquisto dicombustibile, indispensabile per la produzione
energetica. A ciò si aggiungono anche le difficoltà delle famiglie che rimangono per
noi la priorità.
D. - L’Honduras è uno dei Paesi
più poveri e vive una grave crisi socio-economica, aggravata dalla situazione mondiale.
I governi democratici che si sono succeduti non sono riusciti a risolvere i problemi
di povertà, esclusione e insicurezza…
R. - Siempre
desde la Conferencia de Aparecida ... Lo abbiamo sottolineato ad Aparecida:
c’è bisogno di un sforzo di evangelizzazione affinché la Dottrina Sociale della Chiesa
possa arrivare ovunque, anche nell’ambito politico-istituzionale. Quando si raggiungono
posti di potere, sembra che ci si dimentichi del bene comune. Là dove c’è povertà,
poi, c’è la tentazione al denaro facile e lì subentra il narcotraffico.
D.
- Ha parlato delle varie conseguenze della povertà, tra queste la proliferazione delle
sette. Quali sono le cause di tale diffusione e quali gli eventuali rimedi?
R.
- Una de las causas es que debido ... Per quanto riguarda le sette, una
delle cause della loro proliferazione sta nel fatto che in passato c’era una carenza
di sacerdoti. Alcune comunità non potevano contare su presbiteri anche se nel nostro
Paese è cresciuto il movimento di “delegati della parola di Dio”, laici e laiche preventivamente
preparati che hanno fatto sì che la fede fosse preservata. Ne abbiamo 30 mila e arrivano
ad operare fin nei comuni più piccoli. Qui le sette fanno molto rumore, godono di
profitti, percepiscono denaro e, soprattutto, non hanno strutture da mantenere.
D.
- Come affronta la Chiesa il problema dell’emigrazione?
R.
- La solución no esta en lo que esta sucediendo ... La soluzione
non sta certo nell’alzare muri, ma piuttosto nell’aiutare i Paesi poveri. Nessuno
emigra per piacere, ma per necessità. Quando i giovani non trovano lavoro devono necessariamente
cercare altrove, se non vogliono entrare nel circuito nella droga. Siamo convinti
che la comunità internazionale debba riconoscere che lo sviluppo non può escludere
nessuno e che debba prevalere la solidarietà e la giustizia. Senza solidarietà e giustizia
sociale, infatti, è difficile che ci sia la pace.