2008-06-23 14:36:48

Al via, ad Amman, la quinta edizione del Comitato scientifico del Centro ricerche "Oasis". Intervista con mons. Richi Alberti


Si sono aperti oggi ad Amman i lavori della quinta edizione annuale del Comitato scientifico del centro internazionale di studi e ricerche Oasis. Oltre 80 tra vescovi, professori, giornalisti da oltre 20 paesi d’Europa Asia Africa e America dialogano sulla libertà religiosa e il caso serio della libertà di conversione. Il servizio da Amman di Maria Laura Conte:RealAudioMP3


Da Amman, Oasis rilancia: la libertà religiosa è un bene per ogni società. E’ in estrema sintesi quanto emerso dalla prima parte dei lavori della rete internazionale del Centro Oasis, 80 persone di oltre 20 Paesi di tutti i continenti, convenute ad Amman per l’annuale Comitato scientifico. I dialoghi della mattinata sono stati aperti dall’intervento del cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, che ha sviluppato il tema “Il ‘caso serio’ della libertà religiosa. La libertà di conversione”. “Nella nostra società globalizzata - ha rilevato il patriarca e fondatore di Oasis - la tensione tra libertà religiosa e identità tradizionale di un popolo sta diventando scottante". In particolare, ha proseguito, "il punto critico è: che cosa succede ad una identità di popolo se un numero consistente di persone inizia a metterla in discussione? In alcuni Paesi a maggioranza musulmana l’identità di popolo risulterebbe minacciata se si concedesse la possibilità di convertirsi a chi è già musulmano”. “Il passo che ora dobbiamo compiere in Occidente ed in Oriente - ha quindi osservato il patriarca di Venezia - sta nel mettere meglio a fuoco come il rapporto tra libertà religiosa e identità di popolo incida sulla vita sociale". I cristiani, ha osservato il cardinale Scola, "non intendono mettere a rischio le basi della convivenza sociale dei paesi a maggioranza musulmana ma chiedono lo stesso rispetto per la propria tradizione a chi arriva qui da noi. Ma il rispetto verso l’identità comunitaria non può spingere nessuno, nemmeno i musulmani, a violare la libertà umana del singolo, compresa la libertà di conversione”.

 
Dopo il porporato, è intervenuto Nikolaus Lobkowicz, direttore dell’Istituto per gli studi sull’Europa Orientale di Eichstätt di Baviera che, ripercorrendo la storia di come nella vita della Chiesa si è intesa la libertà religiosa, ha segnalato il passo importante determinato dalla Dignitatis Humanae, in quanto ha trasferito il tema della libertà religiosa dalla nozione di verità a quella dei diritti della persona umana. “Chiaramente - ha rilevato il prof. Lobkowicz - non si tratta di un diritto al cospetto di Dio, ma rispetto alla comunità e allo Stato”. Ha portato il suo contributo al comitato anche Khaled Al-Jaber, professore alla University of Petra, che ha sviluppato il tema del rapporto tra libertà e verità nell’orizzonte del dialogo tra cristiani e musulmani.

L'apertura dei lavori è stata appannaggio del direttore del centro Oasis mons. Gabriel Richi Alberti. A lui, Giancarlo La Vella ha chiesto in che termini si possa parlare oggi nel mondo di libertà religiosa:RealAudioMP3

R. - Noi ci siamo posti questa domanda per il nostro Comitato scientifico che si terrà ad Amman e abbiamo deciso di passare per l’esperienza concreta delle comunità cristiane. Abbiamo preferito non fare un discorso teorico, di principio, ma passare per la testimonianza dei cristiani che vivono in Paesi a maggioranza musulmana, anche per imparare da loro il rapporto con le comunità musulmane, che adesso si presenta molto attuale in Occidente.

 
D. - Le emergenze più particolari in che modo si manifestano?

 
R. - I nostri amici delle comunità cristiane nei Paesi a maggioranza musulmana parlano sempre della necessità di rafforzare il concetto di cittadinanza e cioè che tutti i credenti, qualunque sia la loro appartenenza religiosa, possano vivere condividendo tutti gli usi propri della cittadinanza. In questi Paesi ciò appare come un’urgenza sempre più concreta. Poi mi sembra che si possa dire che sia la via della testimonianza reciproca che apre spazi concreti nel quotidiano. Sono tantissime le opere di carità, le opere di assistenza, le opere educative che le comunità cristiane portano avanti dando così luogo a spazi reali di convivenza.

 
D. - Esiste un problema di libertà religiosa anche in Occidente, che in genere consideriamo democratico e progredito?

 
R. - Esiste un problema non nel senso che ci sia una persecuzione legale o giuridica ma nel senso culturale della riduzione dell’esperienza religiosa al puro privato, al puro individuale. Se noi, sotto il concetto di libertà religiosa, vogliamo intendere la possibilità degli uomini di vivere la loro fede, è necessario dire anche che in Occidente culturalmente tante volte ci troviamo di fronte ad incomprensioni quando vogliamo vivere pubblicamente la nostra esperienza religiosa, non solo considerata appunto come libertà di culto o come manifestazione di pratiche religiose, ma come visione buona della vita.

 
D. - La tutela di un diritto come quello della libertà religiosa può migliorare promuovendo il dialogo interreligioso?

 
R. - Penso di sì, soprattutto se questo dialogo interreligioso è fatto di incontro e reciproca testimonianza. Noi, attraverso l’esperienza di Oasis, abbiamo voluto che si potessero incontrare uomini cristiani e provenienti dall’Islam, che vivono in prima persona la loro appartenenza religiosa sapendo che essa può essere un contributo per la vita pubblica.

 
D. - Come si svolgeranno i lavori ad Amman?

 
R. - Le giornate ad Amman sono organizzate in questo modo. Ci sono momenti dedicati al racconto reciproco, ovviamente con una particolare attenzione alle comunità cristiane in Giordania, che dipendono dal Patriarcato latino di Gerusalemme, e vogliamo farci raccontare da loro come vivono. Poi, ci saranno dei momenti dedicati alla riflessione e al dialogo tra di noi anche sui contenuti teorici. Quindi, un doppio binario di riflessione comune e di racconto reciproco.







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