2008-06-20 14:57:06

Veglia a Roma per ricordare gli immigrati vittime dei viaggi della morte verso l’Europa


“Morire di speranza” è il paradossale titolo dato alla preghiera ecumenica e alla veglia tenute ieri sera in Santa Maria in Trastevere, a Roma, in memoria delle vittime dei drammatici viaggi che vedono inabissarsi nelle acque del Mediterraneo tanti profughi e tanti migranti. L'incontro è stato organizzato in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato da Centro Astalli, Comunità di Sant'Egidio, Federazione Chiese evangeliche, fondazione Migrantes e Caritas italiana e ACLI, ed è stato presieduto dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. La preghiera, i gesti, le parole, il cuore di quanti hanno gremito l'antica Basilica trasteverina hanno detto che a quel paradosso occorre non sottomettersi, che occorre rifiutare di negare speranza. Canti africani e parole europee hanno risuonato nelle navate in un comune sentire, universale e fraterno. Nomi di tante vittime sono stati ricordati con un’offerta di lumini, icone della luce perpetua. Nell'omelia tenuta ai presenti, il porporato ha ricordato che "la speranza, l'esigenza di futuro non è mai “clandestina” e non è mai reato, ma si deve e si può coniugare e incontrare con l'altro. Chi entra nel nostro Paese, rimane un uomo, una donna, un giovane, anche quando non è in grado di regolarizzare il suo ingresso". Ha poi aggiunto che "non può esserci sdegno, senza solidarietà. Non c'è nemmeno sicurezza, senza accoglienza e senza integrazione. In questo anno, nel quale cade il 60.mo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo, sentiamo con chiarezza il dovere cristiano di rafforzare tutti nella speranza", ha detto ancora il cardinale Martino. "Rafforzare tutti: chi giunge in questo Paese, chi vi è nato, chi vi appartiene da sempre. I cristiani, in particolare sono chiamati a riconoscere la Famiglia di Nazareth negli uomini, nelle donne, nei bambini spinti sulle dolorose rotte dell’emigrazione e della fuga dalla fame, dalla guerra, dalla persecuzione. Benedetto XVI — ha sottolineato il porporato — ci ricorda che nel “dramma della Famiglia di Nazaret intravediamo le difficoltà di ogni famiglia migrante, i disagi, le umiliazioni, le strettezze e la fragilità di milioni e milioni di migranti, profughi e rifugiati. La Famiglia di Nazaret riflette l'immagine di Dio custodita nel cuore di ogni umana famiglia, anche se sfigurata e debilitata dall'emigrazione. Eppure anche oggi su queste famiglie incombe il monito evangelico della strage degli innocenti, l'ombra di Erode, simbolo di un potere incapace di accogliere e tutelare la vita. Lungo le rotte disperate della ricerca di futuro, molti fuggono da condizioni che le più solenni dichiarazioni internazionali non esitano a definire intollerabili sia sul piano dei diritti umani sia su quello della sicurezza globale della convivenza internazionale. Poi però si pretende che diventino sopportabili per vittime, quando sulla scorta di un malinteso senso di sicurezza, gli Stati e i legislatori erodono il diritto alla protezione, all'asilo, all'aiuto umanitario". Nell’appello diffuso in questa occasione, i partecipanti alla veglia di preghiera si dichiarano profondamente interpellati, come cittadini italiani ed europei, dalle drammatiche immagini di profughi attaccati, con tutte le loro forze, alle reti per la pesca dei tonni, nel tratto di mare che separa l’Africa dall’Italia. Chiedono poi a tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali, in Italia e in Europa, di rendere possibili politiche di solidarietà, di accoglienza e di rispetto verso i profughi e i migranti. In merito, era stato ancora il cardinale Martino a ricordare che "senza la memoria e il rispetto di questo dolore e della speranza spezzata si edifica un'Europa virtuale, avulsa dal mondo contemporaneo e, quel che più conta, dalla sua stessa anima". (A cura di Pierluigi Natalia) RealAudioMP3







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