Veglia a Roma per ricordare gli immigrati vittime dei viaggi della morte verso l’Europa
“Morire di speranza” è il paradossale titolo dato alla preghiera ecumenica e alla
veglia tenute ieri sera in Santa Maria in Trastevere, a Roma, in memoria delle vittime
dei drammatici viaggi che vedono inabissarsi nelle acque del Mediterraneo tanti
profughi e tanti migranti. L'incontro è stato organizzato in occasione della Giornata
mondiale del Rifugiato da Centro Astalli, Comunità di Sant'Egidio, Federazione Chiese
evangeliche, fondazione Migrantes e Caritas italiana e ACLI, ed è stato presieduto
dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale
per i Migranti e gli Itineranti e del Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace. La preghiera, i gesti, le parole, il cuore di quanti hanno gremito l'antica
Basilica trasteverina hanno detto che a quel paradosso occorre non sottomettersi,
che occorre rifiutare di negare speranza. Canti africani e parole europee hanno risuonato
nelle navate in un comune sentire, universale e fraterno. Nomi di tante vittime sono
stati ricordati con un’offerta di lumini, icone della luce perpetua. Nell'omelia tenuta
ai presenti, il porporato ha ricordato che "la speranza, l'esigenza di futuro non
è mai “clandestina” e non è mai reato, ma si deve e si può coniugare e incontrare
con l'altro. Chi entra nel nostro Paese, rimane un uomo, una donna, un giovane, anche
quando non è in grado di regolarizzare il suo ingresso". Ha poi aggiunto che "non
può esserci sdegno, senza solidarietà. Non c'è nemmeno sicurezza, senza accoglienza
e senza integrazione. In questo anno, nel quale cade il 60.mo anniversario della Dichiarazione
Universale dei Diritti dell'uomo, sentiamo con chiarezza il dovere cristiano di rafforzare
tutti nella speranza", ha detto ancora il cardinale Martino. "Rafforzare tutti: chi
giunge in questo Paese, chi vi è nato, chi vi appartiene da sempre. I cristiani, in
particolare sono chiamati a riconoscere la Famiglia di Nazareth negli uomini, nelle
donne, nei bambini spinti sulle dolorose rotte dell’emigrazione e della fuga dalla
fame, dalla guerra, dalla persecuzione. Benedetto XVI — ha sottolineato il porporato
— ci ricorda che nel “dramma della Famiglia di Nazaret intravediamo le difficoltà
di ogni famiglia migrante, i disagi, le umiliazioni, le strettezze e la fragilità
di milioni e milioni di migranti, profughi e rifugiati. La Famiglia di Nazaret riflette
l'immagine di Dio custodita nel cuore di ogni umana famiglia, anche se sfigurata e
debilitata dall'emigrazione. Eppure anche oggi su queste famiglie incombe il monito
evangelico della strage degli innocenti, l'ombra di Erode, simbolo di un potere incapace
di accogliere e tutelare la vita. Lungo le rotte disperate della ricerca di futuro,
molti fuggono da condizioni che le più solenni dichiarazioni internazionali non esitano
a definire intollerabili sia sul piano dei diritti umani sia su quello della sicurezza
globale della convivenza internazionale. Poi però si pretende che diventino sopportabili
per vittime, quando sulla scorta di un malinteso senso di sicurezza, gli Stati e i
legislatori erodono il diritto alla protezione, all'asilo, all'aiuto umanitario".
Nell’appello diffuso in questa occasione, i partecipanti alla veglia di preghiera
si dichiarano profondamente interpellati, come cittadini italiani ed europei, dalle
drammatiche immagini di profughi attaccati, con tutte le loro forze, alle reti per
la pesca dei tonni, nel tratto di mare che separa l’Africa dall’Italia. Chiedono poi
a tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali, in Italia e in Europa, di rendere
possibili politiche di solidarietà, di accoglienza e di rispetto verso i profughi
e i migranti. In merito, era stato ancora il cardinale Martino a ricordare che "senza
la memoria e il rispetto di questo dolore e della speranza spezzata si edifica un'Europa
virtuale, avulsa dal mondo contemporaneo e, quel che più conta, dalla sua stessa
anima". (A cura di Pierluigi Natalia)