La preoccupazione dei vescovi argentini dopo l’approvazione del “Programma nazionale
per l’educazione sessuale integrale”
Un documento in otto punti, indirizzato “ai genitori, alle autorità educative, ai
presidi e agli insegnanti delle scuole, agli alunni e a tutte le persone di buona
volontà”, per chiarire alcuni passaggi del “Programma nazionale per l’educazione sessuale
integrale”, approvato dal governo argentino: così la Conferenza episcopale argentina
(CEA) esprime la sua preoccupazione per la recente normativa. “La Chiesa – scrivono
i presuli – ha partecipato attivamente, attraverso i suoi rappresentanti, con suggerimenti,
critiche e proposte, perché il Programma contribuisse a consolidare la formazione
armonica ed equilibrata della persona, in un ambito tanto delicato come l’educazione
sessuale”. Ma molte di queste proposte “non sono state incluse nel Programma – sottolineano
i vescovi - mentre altre sono state snaturate”. In particolare, la CEA obietta su
otto punti: in primo luogo, il Programma omette il principio secondo il quale la sessualità
umana è legata all’amore, “oscurando il senso della complementarietà fisica, spirituale
e morale dell’uomo e della donna” e trascura il concetto del matrimonio come scelta
di vita. In secondo luogo, il testo governativo dimentica “il ruolo della famiglia
come agente naturale e primario dell’educazione dei figli e dei loro diritti, riconosciuti
dalla Costituzione”. Inoltre, aggiungono i presuli, “il carattere obbligatorio dei
lineamenti normativi non lascia margine d’azione ai genitori che volessero obiettare
su quei contenuti che attentano alle loro convinzioni religiose e morali”. La CEA,
poi, nota che il Programma propone come prioritaria la promozione della salute in
generale, e riproduttiva in particolare, dando una maggiore importanza all’aspetto
biologico. Altro punto disapprovato dai vescovi è l’accesso ai metodi anticoncezionali,
presentato come un diritto fondamentale dei bambini e degli adolescenti, dimenticando
che “tale diritto si iscrive nell’ambito dell’esercizio della patria potestà, come
prescrive la legge 25.673 sulla salute sessuale e la procreazione responsabile”. La
Conferenza episcopale argentina sottolinea, inoltre, che la nuova norma “minimizza
la dimensione etica della sessualità, basata su valori e virtù morali”, così come,
al contempo, “enfatizza l’uso esclusivo ed obbligatorio di metodi di prevenzione dall’AIDS,
come il preservativo”. Metodi che, notano i vescovi, “oltre ad essere moralmente opinabili,
hanno prodotto risultati negativi ed insufficienti in tutto il mondo”. Contemporaneamente,
il Programma omette altri metodi preventivi, come “l’astinenza e la fedeltà reciproca”.
E ancora: la CEA disapprova il fatto che l’identità sessuale sia presentata, nel Programma,
come una costruzione “socio-storica e culturale”, dimenticando che la persona umana,
“sin dal suo concepimento biologico, è sessualmente definita, sia al maschile che
al femminile”. Inoltre, i presuli argentini ricordano che “l’approvazione del Programma
come piano comune obbligatorio per tutte le scuole del Paese, mina gli ambiti decisionali
propri delle istituzioni educative e delle giurisdizioni”. Infine, i vescovi ribadiscono
l’importanza dell’educazione come “aspetto essenziale del bene comune della Patria”.
(I.P.)