Giornata mondiale del rifugiato: cristiani ed ebrei svizzeri denunciano scarsa attenzione
dei media
“La Giornata mondiale del rifugiato del 20 giugno 2008 è un’opportunità per richiamare
l’attenzione sul destino di tutte le persone che sono state costrette a lasciare il
proprio Paese”: così nell’appello lanciato da diverse comunità religiose svizzere
in occasione della annuale Giornata del rifugiato che si celebra domani. Il testo
è firmato dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Svizzera, dalla Conferenza
dei vescovi svizzeri, dalla Chiesa cattolica cristiana svizzera e dalla Federazione
svizzera delle comunità ebraiche. “Nel mondo, oltre 33 milioni di persone sono in
fuga - ricorda il testo ripreso dall'agenzia Fides -. Gran parte di loro cerca protezione
nel proprio Paese o nei Paesi confinanti a seguito di violenza e persecuzione”. Anche
la Svizzera ha accolto gran parte di queste persone che hanno bisogno di protezione
e le quali costituiscono “una chance e allo stesso tempo una sfida, sia per l’intera
società che per i nuovi arrivati”. Secondo quanto affermano i leader religiosi, il
destino di queste persone che cercano rifugio non ottiene l'attenzione dei media.
Ricordano, per esempio, le decine di migliaia di sudanesi che vivono in accampamenti
in zone desertiche, o le rifugiate irachene che cercano asilo in particolar modo nel
vicino Oriente, o i rifugiati della Birmania che vivono in campi vicino alla Thailandia
e “hanno lasciato il loro Paese molti anni fa e sono in attesa che la loro situazione
difficilmente sopportabile trovi una soluzione”. Lo scorso anno sono state 10.000
le persone che hanno chiesto asilo in territorio svizzero e “nel 75% dei casi la Svizzera
ha riconosciuto la loro necessità di protezione e ha concesso asilo o un’ammissione
provvisoria”. Effettivamente, “la Svizzera si è impegnata a promuovere l’integrazione
nella nostra società delle persone bisognose di protezione” ma questo impegno, ricordano
i leader, non può essere realizzato solo dalle autorità, infatti “l’integrazione presuppone
sia la disponibilità delle persone straniere sia l’apertura di noi cittadini svizzeri”.
“Noi, cristiani ed ebrei, siamo chiamati a impegnarci affinché coloro che hanno bisogno
della nostra protezione vengano accolti e possano costruirsi una propria esistenza”
conclude il testo. (R.P.)