Mons. Giordano sul no di Dublino al Trattato di Lisbona: l'Europa deve ritrovare le
sue radici
Prosegue in Europa il dibattito politico dopo che l’Irlanda ha bocciato in un referendum
il Trattato di Lisbona che riformava la Costituzione dell'Unione Europea affossata
a sua volta nel 2005 dalle consultazioni popolari in Francia e Olanda. Con il no di
Dublino il Trattato non può entrare in vigore anche se gli altri 26 Stati dell’Unione
Europea lo ratificassero. Tra le ipotesi più verosimili c’è la possibilità di riportare
gli irlandesi alle urne o abbandonare il Trattato di Lisbona, optando per un'Europa
a più velocità. Per un commento sul risultato del referendum irlandese, che sembra
dare voce agli euroscettici, ascoltiamo mons. Aldo Giordano, osservatore permanente
della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa a Strasburgo, al microfono di Mario
Galgano:
R. – Riguardo
al referendum, devono essere i politici a giudicarlo. Certo, sono dei segnali che
i responsabili della Costituzione europea devono tenere in conto. Noi, come Chiesa,
naturalmente siamo interessati sempre alla “grande Europa” e non solo alle nazioni
dell’Unione Europea. Siamo, quindi, interessati soprattutto all’Europa della storia,
all’Europa della cultura, a quell’Europa che oggi sa confrontarsi con il mondo. Riguardo
al progetto politico, la Chiesa guarda con molto interesse a tutto ciò che può contribuire
ad una maggiore stabilità ed unità dell’Europa, per meglio contribuire anche al resto
del mondo. D. – Quale potrebbe essere il contributo concreto
che può dare la Chiesa per la costruzione anche di un’Europa comune? R.
– L’Europa deve ritrovare i suoi fondamenti, le sue radici; deve trovare il fondamento
dei valori. L’Europa ha bisogno di una idealità, ha bisogno di una visione, ha bisogno
di un’idea. Ma ha anche bisogno che i cittadini europei si impegnino su un progetto
che è un’idea e questa idea deve essere fondata. Oggi non basta, quindi, una vuota
retorica dei valori. Non possiamo dire che l’Europa si impegna per la dignità umana,
ma si tratta poi di vedere in concreto cosa significa dignità umana, dov’è il fondamento
della dignità umana ed anche quali sono i progetti concreti che possiamo perseguire
per difendere la dignità umana. Altrimenti queste rischiano di essere parole piuttosto
vuote. Siamo, d’altra parte, però interessati anche ad un’Europa che considera le
sfide del mondo e le sfide del mondo sono tantissime. Noi siamo preoccupati proprio
di prendere sul serio queste sfide dell’umanità e come europei di riuscire a dare
un contributo. Quindi non un’Europa che cerca di diventare una fortezza, che guarda
soltanto a se stessa, ma un’Europa che ritrova una sua identità, ritrova una sua vocazione,
perchè soltanto così è poi capace di affrontare queste grandi sfide del mondo. Io
credo che se fosse chiaro che l’Europa si sta attrezzando per il tema della fame,
per il tema dell’ambiente, per il tema della pace, sarebbe certamente un’Europa seguita
dai popoli, seguita dai giovani e per la quale merita essere dei protagonisti. D.
– La voce della Chiesa in Europa come viene ascoltata, secondo lei, dal punto di vista
dei politici, dei leader dei Paesi? R. – Su questi grandi temi
- come quelli etici, che vanno dal tema della vita umana e quindi dalla sua nascita
alla sua crescita, alla sua educazione, alla sua fine, ai temi della famiglia; ma
ancora i temi morali come la giustizia, la pace e l’ambiente – io noto che c’è una
grande attesa da parte della politica per la voce della Chiesa. Naturalmente non c’è
soltanto attesa, ma c’è anche una dimensione critica. C’è poi anche una problematica
ecumenica all’interno delle Chiese e le Chiese devono anche tra di loro trovare un
consenso e dare un contributo comune. Ma c’è anche la questione interreligiosa, perché
l’Europa ha un pluralismo religioso e quindi dobbiamo riuscire a presentare delle
proposte o a dare delle visioni condivise anche a livello di religioni. Questo sarebbe
molto utile. Credo che più siamo uniti come cristiani e quindi anche come uomini di
religione, più la politica è attenta soprattutto proprio a queste questioni etiche.
Ci sono delle minoranze che spesso fanno la voce grossa, che lanciano sempre critiche
agli interventi della Chiesa, ma io ritengo che queste siano soltanto delle minoranze.
Se noi riusciamo ad avere proposte serie e mature, se noi riusciamo a non far circolare
delle maschere delle religioni o delle maschere del cristianesimo, se noi riusciamo
a donare l’autenticità delle religioni e la cosa più autentica del cristianesimo,
credo che allora venga dato spazio a questo. E’ soltanto una minoranza quella che
ha una allergia a donare spazio alla religione. Da parte di chi gestisce la cosa pubblica
sarebbe una arroganza pensare di poter rispondere da soli a queste enormi domande,
come il senso della vita, come la domanda della convivenza o le domande della pace.
C’è bisogno di creare spazio, affinché tutte le forze e tutti coloro che hanno qualcosa
da dire possono farlo.