No al colonialismo culturale ed eugenetico dei Paesi ricchi nei Paesi poveri: così
il cardinale Martino all'Università Cattolica di San Paolo in Brasile
Illuminare la vita sociale degli uomini e dei popoli con la luce del Vangelo, come
fattore determinante del loro pieno e solidale sviluppo, è lo scopo della Dottrina
sociale della Chiesa, capace di dare sicuro fondamento alla solidarietà e alla speranza
di cui ha estremo bisogno il mondo di oggi. Lo ha affermato il presidente del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Martino, in un discorso pronunciato
ieri sera al Centro culturale “Fede e cultura” dell’Università Cattolica di San Paolo
in Brasile. Lo riferisce un comunicato del dicastero. Il porporato ha indicato tre
livelli o cerchi concentrici in cui la globalizzazione della solidarietà, tanto auspicata
dal Servo di Dio Giovanni Paolo II, è doverosa e possibile. Il primo di essi è sul
piano delle singole nazioni e della società civile internazionale. Al riguardo il
cardinale Martino, tra l’altro, ha stigmatizzato che “Organizzazioni Non Governative
ed Associazioni espressive di limitate frange dei Paesi ricchi pretendono di imporre
agli abitanti dei Paesi poveri pratiche e stili di vita propri di alcuni settori radicali
delle società avanzate, soprattutto nel campo della cosiddetta salute riproduttiva.
La Santa Sede ha sempre considerato ciò come forme moderne di un colonialismo culturale
ed eugenetico inaccettabili da parte dei Paesi poveri”.
Il secondo livello
di solidarietà riguarda l’attuazione dei diritti umani. E qui il porporato ha rilevato
la preoccupante forbice tra una serie di nuovi “diritti” promossi nelle società tecnologicamente
avanzate e diritti umani elementari che tuttora non vengono soddisfatti in situazioni
di sotto sviluppo, come il diritto al cibo, all’acqua potabile, alla casa, all’autodeterminazione
e all’indipendenza. Un terzo livello di solidarietà concerne il rapporto tra le generazioni.
Qui si richiede – ha evidenziato il presidente di Giustizia e Pace – che nella pianificazione
globale venga tenuto in debito conto il criterio della universale destinazione dei
beni, il quale rende moralmente illecito ed economicamente controproducente scaricare
i costi attuali sulle future generazioni. Tale criterio va applicato soprattutto -
ma non solo - nel campo delle risorse della terra e della salvaguardia del creato,
un settore reso particolarmente delicato dalla globalizzazione, che riguarda ormai
tutto il pianeta inteso come unico ecosistema.
Nel trattare il nesso tra Dottrina
sociale e speranza, il cardinale Martino ha tra l’altro rivendicato il carattere pubblico
del cristianesimo e la sua indispensabilità per la costruzione della società secondo
giustizia e pace. Facendo eco alla Spe salvi di Benedetto XVI, il porporato
nel suo discorso al Centro culturale dell’Università Cattolica di San Paolo ha ribadito
che se si elimina la speranza cristiana dallo spazio pubblico si elimina Dio dal mondo
e “un mondo senza Dio è un mondo senza speranza”. (A cura di Paolo Scappucci)