Speranze di pace in Somalia: ma la situazione umanitaria resta drammatica
Un accordo di vitale importanza per la Somalia quello firmato, l’altro ieri, tra
opposizione e governo di transizione somalo sotto l’egida delle Nazioni Unite. Tra
i punti fondamentali una tregua militare e l’impegno ad avviare la procedura che porterà
alla smobilitazione dell’esercito etiopico d’occupazione e all’intervento di caschi
blu dell’Onu. A Mario Raffaelli, inviato speciale italiano per la Somalia,
abbiamo chiesto se la nuova iniziativa di pace poggi su basi più solide che in passato.
L’intervista è di Stefano Leszczynski:
R. – Certamente
può essere un punto di svolta, perché oltre ad avere affrontato il problema della
sicurezza ed aver stabilito dei meccanismi per cercare di riportare il Paese alla
stabilità, ha preso l’impegno di costituire entro 15 giorni due strumenti congiunti,
con la presenza di governo e opposizione, presieduti dalle Nazioni Unite: uno specificatamente
sul problema del cessate il fuoco e dei seguiti, ed il secondo sui problemi politici.
Questo fatto, credo segni la differenza positiva rispetto ad altri tentativi del passato.
D.
– Tuttavia, alcuni dei responsabili dell’opposizione non hanno aderito all’accordo.
Questo può essere un problema?
R. – Certamente sì, perché evidentemente adesso
si tratta di vedere quanto da parte dell’opposizione, che ha accettato il dialogo
e ha firmato l’accordo, ci sia un’influenza sui combattenti, su chi poi sul campo
conduce le azioni di guerriglia. Certamente, bisognerà dar per scontato che una parte
dell’opposizione armata non seguirà questo accordo. E’ molto importante il fatto che
nell’accordo ci sia la previsione di un ritiro degli etiopici, anche se condizionata
alla situazione di questo cessate il fuoco e al deployment del contingente delle Nazioni
Unite.
D. – Le Nazioni Unite come intendono subentrare?
R. – L’accordo
dice esplicitamente che le forze devono essere composte da Paesi amici ad esclusione
dei Frontland State, cioè dei Paesi confinanti con la Somalia, e quindi ad esclusione,
per esempio, dell’Etiopia. Questa è materia che sarà discussa, perché evidentemente
l’accordo prevede 120 giorni prima che questa decisione diventi operativa.
D.
– Oggi la Somalia in che situazione è da un punto di vista politico, ma soprattutto
sociale, dopo decenni di guerra?
R. – Purtroppo negli ultimi mesi, e proprio
in collegamento con questa situazione difficile che si è creata dopo l’intervento
etiopico e la guerra che c’è stata, si parla di una catastrofe umanitaria. Le Nazioni
Unite definiscono la Somalia la peggior catastrofe umanitaria esistente al momento.
Di questo si fa menzione anche in questo accordo e si dice esplicitamente che la tregua
che dovrebbe partire tra 30 giorni deve servire innanzitutto a portare sollievo alle
popolazioni, perchè la catastrofe umanitaria è collegata principalmente alla situazione
di instabilità.
Somalia appello ONG Le ONG italiane che operano in
Somalia hanno lanciato ieri un forte appello ai sequestratori per la liberazione di
Jolanda Occhipinti, Abderahman Yusuf Arale e Giuliano Paganini, i tre operatori umanitari,
due italiani e uno somalo, rapiti da guerriglieri somali il 21 maggio scorso. Il messaggio
è stato fatto trasmettere, in lingua somala, dalle principali emittenti locali.