Myanmar: Amnesty International denuncia l’operato delle autorità locali
Continua l’emergenza in Myanmar nelle zone colpite dal ciclone Nargis il 2 e il 3
maggio, una tragedia da 130mila tra morti e dispersi e che ha lasciato due milioni
e mezzo di persone senza niente. Amnesty International, nei giorni scorsi, ha denunciato
al governo del Paese, l’operato delle autorità locali che ostacolano l’arrivo degli
aiuti umanitari dall’estero. In particolare sotto accusa è finito il Consiglio di
Stato per la Pace e lo Sviluppo, non nuovo a denunce di questo tipo, che già il 23
maggio aveva dichiarato la fine della fase di soccorso e l’inizio di quella della
ricostruzione, avviando di fatto una campagna di sgombero dei rifugi governativi e
privati da parte dei senzatetto. L’organizzazione umanitaria ha potuto accertare oltre
30 casi di violazioni di questo tipo e raccolto più di 40 denunce di aiuti confiscati,
nascosti o dirottati verso altra destinazione. Secondo Benjamin Zawacki, ricercatore
di Amnesty che ha appena visitato il Paese, la situazione, soprattutto nell’area dell’Irrawaddy,
è molto critica, con zone colpite ancora non raggiunte e comunque ritenute inabitabili.
Uno dei problemi principali causato dalla distruzione di molti edifici è l’impossibilità
per i bambini di seguire le lezioni, proprio nel periodo d’inizio dell’anno scolastico.
A lanciare l’appello, riportato dall’Osservatore Romano, è l’arcivescovo di Yangon,
Charles Maung Bo, che in una lettera al governo ha descritto in particolare la situazione
del piccolo villaggio di Aima, in cui molte famiglie con bimbi vivono senza cibo né
acqua potabile. Il presule ha sottolineato il delicato ruolo della Chiesa locale che,
in collaborazione con la Caritas Internationalis, assiste 75mila persone, 20mila nella
sola regione di Lebutta, offrendo rifugio e aiuti. Anche l’Opera “Aiuto alla Chiesa
che soffre” (ACS), ha stanziato ulteriori 80mila euro destinati proprio all’arcidiocesi
di Yangon e alla diocesi di Pathein, che si trova proprio nel cuore dell’Irrawaddy,
dove ci sono diversi villaggi abitati da popolazione Karen e di religione cristiana.
Con questa cifra arrivano a 110mila euro gli aiuti di ACS all’emergenza nell’ex Birmania.
Secondo l’Ufficio internazionale dei Gesuiti per i rifugiati, infine, il 70% degli
sfollati hanno trovato riparo nei monasteri, il 28 negli edifici pubblici, il 2% nelle
tendopoli. (R.B.)