2008-06-09 15:14:28

Nuovi scontri in Libano, nonostante gli accordi di Doha


Scontri con scambi di colpi di armi da fuoco e di mortaio tra sunniti e sciiti nella Valle della Bekaa, nell'est del Libano, hanno provocato due feriti la notte scorsa. Secondo la stampa, sciiti del partito filoiraniano e filosiriano Hezbollah hanno anche lanciato colpi di mortaio sui quartieri sunniti di due città. I militari hanno arrestato alcune persone e sequestrato armi. Numerosi incidenti tra sciiti e sunniti si sono avuti in varie zone del Libano, nonostante l'accordo interlibanese firmato a Doha il 21 maggio scorso per un'intesa politica che ha messo fine ad una crisi politica durata 18 mesi ed ha consentito l'elezione del presidente della repubblica. Il governo di unità nazionale, anch'esso previsto dall'accordo, è ancora in via di formazione.

Iraq
Quattro morti, tra i quali un soldato, e dodici feriti, cinque dei quali soldati, nell'esplosione di un'autobomba a Baghdad, nei pressi del complesso commerciale di al-Mishin, nella parte sud-est della capitale irachena. Inoltre, due colpi di mortaio si sono abbattuti in mattinata sulla "Zona Verde" di Baghdad, l'area ultraprotetta che ospita le ambasciate di vari Paesi e le sedi delle principali istituzioni irachene. Ieri, cinque iracheni sono stati uccisi e altri 30 feriti in attacchi diversi a Baghdad, secondo un comunicato del Comando della Forza Multinazionale in Iraq.

Iran-Iraq
Il “più grande problema” per l'Iraq è “la presenza delle forze occupanti”, cioè gli americani. Lo ha detto oggi la Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, ricevendo il primo ministro iracheno Nuri al Maliki, in visita a Teheran. Il governo iracheno sta trattando con gli USA un patto di sicurezza che potrebbe consentire alle forze americane di rimanere nel Paese anche dopo la scadenza del mandato ONU, il 31 dicembre prossimo. Ma già diversi responsabili iraniani hanno criticato duramente l’iniziativa.

Medio Oriente
Un nuovo tentativo di rilancio del processo di pace israelo-palestinese è alle viste per il 16 giugno prossimo, quando il ministro degli Esteri israeliana, la signora Livni, e il capo della delegazione negoziale dell'ANP, Qorei (Abu Ala), torneranno a incontrarsi a Gerusalemme con il segretario di Stato USA, Condoleezza Rice. L'incontro è stato preannunciato oggi dal negoziatore palestinese Saeb Erekat, a margine di una missione lampo a Ramallah del ministro degli Esteri britannico, David Miliband. Nei giorni scorsi Abu Ala ha equiparato a “un miracolo” l'ipotesi di un accordo fra le parti entro fine 2008, la scadenza auspicata da Washington. Nel governo israeliano, accanto alle voci meno pessimiste, c’è quella del "falco" Shaul Mofaz (vicepremier e ministro dei trasporti) che esclude l'intesa anche per il 2009. Intanto fra i motivi contingenti di lamentela, da parte palestinese, vi è la questione dei ritardi nell'invio verso Ramallah di rimesse spettanti all'ANP. Salam Fayyad, primo ministro fedele al presidente Abu Mazen, è tornato a denunciare l'impossibilità di pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici della Cisgiordania per il mancato arrivo dei fondi previsti, che pure il governo di Gerusalemme aveva assicurato d'aver sbloccato dopo il congelamento imposto per ritorsione alle richieste palestinesi d'un allentamento della cooperazione fra UE e Israele. Sul piano diplomatico, c’è anche da dire che oggi il presidente egiziano Mubarak e quello palestinese Abu Mazen si sono incontrati al Cairo. Al centro del colloquio gli ultimi sviluppi della situazione in Medio Oriente, la proposta del presidente palestinese ad Hamas per riavviare il dialogo interpalestinese, la rimozione del blocco imposto da Israele sulla Striscia di Gaza e gli sforzi volti a raggiungere una tregua israelo-palestinese. Il presidente palestinese è arrivato ieri sera al Cairo nel quadro di un tour nei Paesi arabi che l'ha già portato in Arabia Saudita.

Cisgiordania
Sei persone col volto coperto, apparentemente coloni di un insediamento ebraico, hanno aggredito ieri sera un gruppo di pastori palestinesi vicino al villaggio di Susia a sud di Hebron, in Cisgiordania. Secondo la radio pubblica israeliana, i palestinesi hanno detto di essere stati aggrediti con spranghe e bastoni per motivi non precisati. Quattro di loro sono stati feriti: una donna, che è stata ricoverata in un ospedale israeliano senza conoscenza, e tre pastori le cui lesioni sono ritenute lievi.

Iran
E' un attentato dinamitardo l'esplosione avvenuta su un'auto nell'ovest di Teheran il 26 maggio scorso, che in un primo momento le autorità di polizia avevano attribuito ad un incidente. Lo ha detto il vice governatore della capitale per gli Affari della Sicurezza, Ali Reza Fakkhari, citato oggi dal quotidiano "Kargozaran". L'agenzia Fars aveva dato notizia della deflagrazione, avvenuta su un'auto parcheggiata nei pressi di un edificio, affermando che essa aveva provocato danni ma non perdite umane e che “un sospetto” era stato arrestato. Ma l'ufficio delle pubbliche relazioni della polizia aveva in seguito affermato che si era trattato di un incidente dovuto all'esplosione di una bombola di gas usato come combustibile del veicolo. Ora il vice governatore ha detto che si è trattato di una bomba, ma non ha aggiunto altro sui motivi dell'azione né sull'obiettivo preso di mira. Il 12 aprile scorso una bomba esplose in una moschea di Shiraz, nel sud dell'Iran, provocando 13 morti e 200 feriti. Le autorità ne hanno attribuito la responsabilità a elementi anti-rivoluzionari, a loro parere aiutati dagli USA e da Israele.

Turchia
Un militare turco è morto e quattro suoi commilitoni sono rimasti feriti nell'esplosione di una mina avvenuta stamani in una zona montagnosa non lontana dalla città di Semdinli, nella provincia sud-orientale di Hakkari mentre, in scontri a fuoco tra esercito e ribelli curdi del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK, separatista e fuorilegge), due ribelli sono rimasti uccisi. Lo ha riferito l'agenzia Anadolu citando fonti della sicurezza turca. La Turchia, come anche UE e USA, considera il PKK un gruppo terrorista e lo accusa di essere responsabile di un conflitto che ha causato la morte di almeno 40.000 persone, per lo più curdi, dall'inizio del 1984, anno della rivolta per la costituzione di uno Stato indipendente curdo nel Sud-Est della Turchia.

Algeria
Almeno 13 persone tra cui un francese e il suo autista sono morte a Lakhdaria, in Algeria, in un doppio attacco compiuto alle ore 17 circa di ieri (le 18 italiane) contro un cantiere della società francese Razel impegnata nella riparazione del tunnel ferroviario di Beni Amrane danneggiato qualche mese fa da un incendio. Lo hanno detto all'ANSA responsabili della italiana CMC di Ravenna, associata a Razel. Il 21 settembre nella stessa zona, in Cabilia, 70 chilometri ad est di Algeri, un italiano e due francesi della stessa società erano rimasti feriti in un attentato compiuto contro il convoglio nel quale viaggiavano. La reazione di Parigi non si è fatta attendere: il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha condannato “le barbare violenze” in un messaggio indirizzato al suo omologo algerino Abdelaziz Bouteflika. Anche il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, ha espresso il suo “sentimento di disgusto” di fronte alla “cieca violenza terroristica” e la sua condanna di questi atti che, ha detto, “nulla può giustificare”. Quello di ieri è il terzo attentato compiuto in meno di una settimana in Algeria. Ma perché questi attacchi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Luciano Ardesi, esperto di Algeria e segretario nazionale della Lega per i diritti e la liberazione dei popoli:RealAudioMP3


R. – C’è stata una certa continuità negli attacchi in questi ultimi due anni. La regione che viene colpita in questi attentati è una regione al confine tra la capitale e l’est di Algeri, una zona montagnosa, dove al Qaeda si è installata con una presenza piuttosto numerosa. È chiaro che gli attentati mirano a scoraggiare gli investimenti stranieri. L’impresa è stata attaccata per la seconda volta a distanza di qualche mese; già nel precedente attentato sono rimasti feriti due francesi e un italiano. Inoltre, l’attentato sembrerebbe essere anche in coincidenza con l’apertura della Fiera internazionale di Algeri. Quindi, un segnale preciso inviato agli investitori stranieri.

D. – Durissima è stata la reazione della Francia all’attentato di ieri. Il presidente Sarkozy, ha parlato di “barbara violenza”. Ci possono essere delle ricadute concrete sui rapporti tra Parigi ed Algeri?
 
R. – A seguito di questi attentati, non mi pare. I rapporti sono già tesi in previsione del vertice sulla costituenda Unione Mediterranea, vertice al quale l’Algeria aveva già deciso di non partecipare a livello di capo di Stato, e così sembrerebbe – almeno a tutt’oggi – anche da parte di altri Paesi del Maghreb. Non credo; anzi, direi che in qualche modo questo favorirà la cooperazione per la lotta contro il terrorismo che c’è già da alcuni anni, sia con la Francia sia con altri Paesi europei – tra cui l’Italia – sia con gli Stati Uniti.

Sudan
Le parti hanno trovato un accordo-ponte sul futuro dell'Abyei, la regione del centro Sudan ricchissima di petrolio per il cui controllo Nord e Sud del Paese si erano di recente militarmente scontrate, facendo crescere la tensione fino a far temere una ripresa della guerra. L'intesa - informa Radio Nairobi - prevede un'amministrazione ad interim condivisa e la richiesta di un arbitraggio internazionale per risolvere il problema dei confini. L'accordo autorizza poi, con piene garanzie, il rientro delle decine di migliaia di sfollati fuggiti dagli scontri che avevano investito in particolare Abyei, capoluogo dell'omonima regione. La firma è stata posta nella serata di ieri a Khartoum dal presidente sudanese Omar al-Bashir e dal primo vicepresidente e leader del Sud, Salva Kiir. La sorte dell'Abyei era rimasta uno dei "buchi neri" dell'intesa di pace firmata nel gennaio del 2005 a Nairobi, che aveva posto fine a quasi 21 anni di guerra civile con un bilancio di oltre due milioni di morti. Questo accordo ponte-permette, stando agli osservatori, di disinnescare uno dei maggiori rischi di ripresa del conflitto, che peraltro, a parere di molti, cova ancora sotto la cenere.

Nigeria
Una nave di scorta a una petroliera con a bordo otto militari è stata dirottata da uomini armati la notte scorsa al largo del delta del Niger, il sud petrolifero della Nigeria. Lo ha reso noto oggi l'esercito nigeriano. L’imbarcazione appartiene alla compagnia di servizi petroliferi Addax Petroleum. Finora non si segnala alcuna rivendicazione. Nelle ultime settimane, il Movimento per l'emancipazione del Delta del Niger (MEND), la principale organizzazione separatista armata del delta del Niger, ha moltiplicato le proprie operazioni nel quadro di una campagna mirata a “sabotare le esportazioni di petrolio della Nigeria”.

Somalia
Sono falliti i negoziati tra il governo federale di Transizione somalo (Sfg) e l'Alleanza per la Ri-Liberazione della Somalia (ARS, che rappresenta l'opposizione politica, islamici ma non solo, con sede all'Asmara), che si svolgevano a Gibuti sotto l'egida dell'ONU. Il rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Somalia, Ahmadou Ould-Addallah, incontrando i giornalisti a Gibuti, ha annunciato la decisione di porre termine alla conferenza. Ne dà notizia Radio Nairobi. Era la seconda volta che le parti si incontravano, la prima era avvenuta in maggio. Ma non si sono registrati passi in avanti e, stavolta, governo e opposizione non si sono neanche incontrati direttamente. Il nodo resta quello della presenza delle truppe etiopiche in Somalia: per l'ARS, come precondizione ai colloqui, le truppe etiopiche devono ritirarsi o almeno impegnarsi a farlo. Il governo da parte sua non può invece accettare, almeno per ora, questa richiesta. Sono da registrate, peraltro, anche generiche dichiarazioni delle parti sulla volontà di riprendere il dialogo, ma il clima si fa sempre più difficile sul campo. Gruppi terroristici islamici che rifiutano ogni negoziato colpiscono con sempre maggiore violenza e frequenza, mentre la repressione operata da truppe governative ed etiopiche si fa sempre più feroce. Quasi tutte le vittime (oltre 6.000 solo lo scorso anno a Mogadiscio) sono civili. Nel fine settimana ci sono stati almeno 30 morti; tra loro anche un giornalista locale ed un consigliere del presidente del parlamento somalo.

Prossima visita di Bush in Europa
Il presidente americano George W. Bush arriverà domani sera in Slovenia per partecipare martedì a Lubiana ad un vertice UE-USA. Sarà la prima tappa del suo viaggio di saluto all'Europa. La "questione Iran" è al primo posto nell’ampia gamma di temi nell’agenda del summit. Gli Stati Uniti, che accusano Teheran di usare tattiche dilatorie per portare avanti il programma di armamento nucleare, intendono esercitare nuove pressioni, diplomatiche ed economiche, sull'Iran con l'aiuto dei partner europei, rafforzando inoltre le sanzioni già decretate dalle Nazioni Unite. Ma il summit di Lubiana tratterà un'ampia gamma di argomenti. Sul fronte internazionale si discuterà su come rafforzare la democrazia in Libano, come aiutare i negoziati di pace tra israeliani e palestinesi, come stabilizzare la situazione in Iraq e Afghanistan. Sono in agenda anche la questione del Kosovo e la delicata situazione tra Russia e Georgia. Sul fronte dei problemi globali si parlerà del mutamento del clima (con gli Stati Uniti ancora ostili a dichiarare obiettivi specifici obbligatori di riduzione dei gas inquinanti), dei negoziati commerciali del Doha Round e della crisi mondiale dei prezzi del cibo. I colloqui di Lubiana serviranno anche agli Stati Uniti e all'Unione Europea a preparare il terreno per l'imminente G8, in programma in luglio in Giappone.

Per il Trattato di Lisbona si vota nelle isole atlantiche
I primi cittadini irlandesi hanno già iniziato a votare nel referendum sul Trattato di Lisbona che riforma l'UE, un voto che in caso di vittoria del No potrebbe gettare l'Unione in una profonda crisi. I seggi si sono aperti in cinque isole atlantiche al largo delle coste del Donegal (nordovest): Arranmore, Gola, Inishbofin, Inishfree e Tory. In tutto si tratta di 745 elettori, quasi tutti sull'isola di Arranmore. Questo distretto elettorale (ce ne sono 43 in tutta l'Eire) tradizionalmente vota prima in tutte le consultazioni irlandesi, perchè è sempre costante il pericolo che le pessime condizioni del tempo impediscano alle scatole con le schede elettorali di partire in tempo dalle isole. Le schede delle isole del Donegal verranno contate, insieme a quelle del resto d'Irlanda, a partire da venerdì 13 mattina. I risultati sono attesi, secondo le autoritàdi Dublino, nel tardo pomeriggio di venerdì. Intanto, la battaglia tra il sì e il no si inasprisce, visto che i sondaggi li danno di fatto testa a testa: il primo ministro Brian Cowen ha accusato il fronte del No di diffondere solo paure e disinformazione.

Scuole chiuse dopo il terremoto in Grecia
Scuole chiuse oggi e domani nella regione greca del Peloponneso, colpita ieri da un violento terremoto di 6,5 gradi Richter. La misura è stata adottata per ragioni di sicurezza legate anche al timore di una nuova forte scossa che i sismologi danno come probabile. Resterà aperta solo l'università di Patrasso, ma saranno chiusi gli edifici potenzialmente pericolosi. Il ministro dell'interno, Prokopis Pavlopoulos, si è recato a Patrasso per coordinare l'attività di soccorso e assistenza. Secondo i dati ufficiali, il bilancio della scossa di ieri è di due morti e di oltre cento feriti. I sismologi continuano ad avvertire che potrebbe esserci una nuova forte scossa di assestamento, tra 5,5 e 6 gradi sulla scala aperta Richter, dopo quella principale di ieri, considerata la più violenta registrata in Grecia negli ultimi anni. Durante la notte vi sono state una quindicina di scosse di magnitudo fra 3,5 e 4,5. Malgrado tutto, la situazione nella regione colpita sta tornando lentamente alla normalità. La strada Atene-Patrasso è stata riaperta dopo che ieri era stata ostruita da una frana. Continua a mancare la luce in qualche villaggio in seguito alla rottura dei collegamenti.

Ucraina
Ventuno minatori sono stati ritrovati vivi nelle profondità della miniera di carbone ucraina, dove ieri un'esplosione ne aveva intrappolati sottoterra 37. Lo indicano fonti ufficiali. Stamani, altri due sono stati trovati vivi e uno morto. Il numero dei minatori ancora dispersi nelle galleria della miniera Karl Marx di Enakievo, 60 km a est di Donetsk, è quindi ora sceso a 13.

Cina
Una forte scossa di assestamento è stata avvertita oggi nei pressi del lago di Tangjiashang, nella Cina sudoccidentale, nella zona colpita il 12 maggio scorso da un terremoto del grado 7,9 della scala Richter. Lo afferma l'agenzia Nuova Cina senza fornire particolari. Quello di Tangjiashan è il più grande dei laghi creati dalle frane seguite al terremoto. La settimana scorsa i militari cinesi hanno cominciato a svuotarlo attraverso i canali che hanno costruito. Circa 250 mila persone sono state evacuate dall'area per precauzione. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)


Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 161
 
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