Intervista con mons. Aldo Giordano, nominato dal Papa osservatore permanente della
Santa Sede presso il Consiglio d'Europa
E’ stato per 13 anni segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali
d'Europa: sabato scorso il Papa lo ha nominato inviato speciale, osservatore permanente
della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa a Strasburgo: stiamo parlando di mons.
Aldo Giordano, 53 anni, nativo di Cuneo, in Piemonte. Luca Collodi gli
ha chiesto con quale spirito abbia accolto questa nomina:
R. – In questi
13 anni, come segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa,
ho potuto maturare naturalmente un’esperienza europea, grazie all’incontro con tantissime
persone della Chiesa, a livello ecumenico e anche a livello dei governi. Credo sia
significativo che questa esperienza - ed è anche bello - possa restare a servizio
dell’Europa e della Chiesa in Europa. Quindi, sono contento della fiducia che ho trovato
nei miei confronti e ho la speranza di poter fare un servizio umile, ma significativo.
D.
– Mons. Giordano, che cosa dovrebbe essere l’Europa?
R.
– L’Europa dovrebbe riscoprire innanzitutto quella che potremmo dire la sua vocazione.
Un aspetto della sua vocazione è l’aspetto culturale. In Europa si è sviluppato il
pensiero: basti pensare alle scienze, all’arte, alla filosofia, anche alla teologia.
Attualmente, potremmo dire che abbiamo tanti pensieri impazziti, tante idee impazzite
che vanno in tutte le direzioni e non trovano più un’unità. Ci sono però dei pensieri.
Allora, credo che se l’Europa fosse capace di ritrovare l’unità del pensiero, l’armonia
del pensiero, potrebbe riscoprire la sua vocazione e di nuovo avere qualcosa di veramente
importante da donare agli altri continenti. E c’è soprattutto la ricchezza del fatto
che il cristianesimo è stato radice, è stato contributo importante per il nostro continente.
Dall’Europa sono partiti i missionari. Questo è nel dna dell’Europa. Quindi, dovremmo
riscoprire oggi questa dimensione, questa ricchezza che ha l’Europa, per poter contribuire
per il mondo.
D. –Il tema delle radici cristiane
sembra archiviato, almeno nella parte più laica della società europea...
R.
– Io penso che il tema sia sempre più attuale, sempre più urgente. Forse c’è anche
la speranza che il tema sia affrontato in maniera più profonda. La questione è che
per alcuni sembra quasi che ci sia una torta da dividerci e di cui tutti vogliono
una fetta: dai politici, agli economisti, ai religiosi. Questo mi sembra molto banale.
Per altri, il tema del cristianesimo è stato visto come un rischio per il tema della
laicità. Anche questo mi sembra sia superficiale e che non esprima una comprensione
seria del cristianesimo. Per altri, citare il cristianesimo sarebbe un problema per
le religioni, specialmente per i musulmani. Anche qui mi sembra che questo non sia
serio. Se si conoscesse in profondità il cristianesimo, si potrebbe vedere che nella
sua essenza il cristianesimo è un contributo anche per le religioni. Ci sono troppe
maschere di cristianesimo che girano per l’Europa. Se invece potessimo in maniera
più profonda fare un dibattito, dove ci si interroghi veramente in che cosa il cristianesimo
può contribuire all’Europa, come contenuto e non in altri aspetti che sono lontani
dal cuore del cristianesimo, nello stesso tempo e nello stesso modo, noi saremmo veramente
interessati a sentire in cosa l’islam può contribuire all’Europa, cosa le altre religioni
possono dare come contributo, come anche tutte le posizioni umanistiche, ma essere
seri e profondi nel nostro discorso.
D. – Mons. Giordano,
in questi giorni si giocano gli Europei di calcio, un’occasione di unità tra Stati
e persone...
R. – Certamente, è un fattore di unità.
Lo si vede nel fatto che attorno a questo evento europeo si radunano i gruppi, si
radunano le culture diverse, si radunano le nazioni. C’è la presenza negli stadi oltre
le ideologie, oltre gli schieramenti. Quindi, certamente lo sport in genere, e così
anche questo evento, è un fattore di incontro tra i popoli. Bisogna riconoscerlo.
Perchè questo? Uno, perché appartiene all’uomo il fatto del giocare. Quindi, questo
aspetto di gioco, questo aspetto di festa legato al gioco appartiene all’umanità.
E’ una dimensione della vita. Noi uomini abbiamo bisogno di crearci questi spazi di
illusione, di sogno, di magia, di leggerezza che probabilmente richiama in noi l’infanzia.
Sono i bambini che giocano e questa dimensione dell’infanzia è dentro la persona umana
e quindi è importante che ci siano degli spazi, dove in qualche maniera ritroviamo
questa infanzia, che è più libera anche rispetto agli altri. C’è un aspetto educativo,
naturalmente, nello sport, perchè richiede allenamento, richiede gioco di squadra,
richiede conquista, richiede capacità di perdere anche. D’altra parte, dobbiamo riconoscere
che lo sport attuale ha anche molte malattie che vanno radicalmente curate. Io mi
domando, quando in questi giorni vedo il campionato europeo, come si concili la mole
di denaro che viene usata qui per i giocatori e così via con il problema della fame
che discutiamo in questi giorni. Non so se ci sia una sensibilità e una capacità di
poter legare anche i temi. Se fossimo capaci di dare delle testimonianze, degli esempi
in questo senso, saremmo capaci di girare parte del denaro per le persone che soffrono
a tal punto da morire di fame. Oppure pensiamo allo scandalo legato alla salute, ai
fenomeni di doping, ai fenomeni delle sostanze proibite che secondo me, sono soprattutto
pericolosi per i ragazzi e i giovani, perché i ragazzi e i giovani vedono un modello
in questi protagonisti dello sport. Ed è triste pensare che anche i giovani, i ragazzi
che non fanno sport per lavoro, poi però siano influenzati anche da questi capitoli.
Oppure pensiamo a tutto il capitolo della violenza. Questa è un’altra malattia che
va curata. Lo sport dovrebbe essere il luogo dove l’umanità è oltre la violenza, perché
è in una dimensione di gioco e di leggerezza. Invece, purtroppo, dobbiamo dire che
abbiamo questa dimensione. Attorno ad un evento come il campionato europeo si parla
anche di altri commerci molto tristi. Possiamo citare ancora una volta il commercio
sessuale. Fossimo capaci di contribuire a liberare il gioco e a renderlo veramente
gioco, allora credo sarebbe un enorme contributo per le persone e un enorme contributo
per l’incontro tra le persone.