2008-06-09 12:44:36

Dieci anni fa moriva il cardinale Casaroli, artefice dell'Ostpolitik. Il ricordo del cardinale Silvestrini


Dieci anni fa, il 9 giugno 1998, si spegneva in Vaticano, all’età di 83 anni, il cardinale Agostino Casaroli, principale artefice, come segretario di Stato, dell’Ostpolitik della Santa Sede, ovvero il dialogo avviato dalla Chiesa cattolica con i regimi comunisti negli anni precedenti la caduta del Muro di Berlino. Alle 18.30 di oggi, il cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, presiederà la Santa Messa di suffragio nella Basilica romana dei Santi Apostoli, dove il cardinale Casaroli è sepolto. Nella mattinata di domani, un convegno nell’Aula del Sinodo in Vaticano ricorderà il porporato scomparso. Aprirà i lavori il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, con un intervento dal titolo “L’Ostpolitik di Agostino Casaroli 1963-1989”. Seguirà una riflessione a più voci su “Agostino Casaroli, tessitore delle relazioni fra i popoli”: vi prenderanno parte il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, e gli ex ministri degli Esteri di Francia, prof. Jean-Bernard Raimond e Polonia, prof. Wladislaw Bartoszewski. Ancora un intervento, quello del prof. Agostino Giovagnoli, docente all’Università Cattolica, intorno al tema “Ostpolitik, un bilancio storiografico”, quindi le conclusioni affidate al presidente del Comitato per le celebrazioni del decennale della morte di Casaroli, il cardinale Achille Silvestrini, che fu per lunghi anni il suo più stretto collaboratore. Al cardinale Silvestrini, Giovanni Peduto ha chiesto di parlarci di come il cardinale Casaroli abbia condotto l’Ostpolitik della Santa Sede:RealAudioMP3


R. – Bisogna pensare che quando lui cominciò nel 1963, che si era appena avviato il Concilio ecumenico e Giovanni XXIII voleva che venissero i vescovi dall’Est, lui andò a visitare il cardinale Mindszenty che era rifugiato nell’ambasciata degli Stati Uniti dopo il fallimento della rivolta ungherese nel 1956. Nello stesso tempo, andò a vedere il cardinale Beran, che era in una località sconosciuta, che aveva scritto una lettera al Papa per sapere: “Che facciamo per la nostra Chiesa?”. Allora, l’incontro di Casaroli con Beran avviò questa possibilità di occuparsi anche della Cecoslovacchia. Poi, tutto il suo impegno dedicato al suo negoziato paziente con la Jugoslavia, con l’Ungheria, con la Bulgaria, con la Cecoslovacchia per riprendere un rapporto che era stato completamente interrotto. L’altro elemento della sua politica dell’Ostpolitik è la Conferenza di Helsinki, che lui aveva promosso, che lui aveva coltivato: la proposta era venuta dall’Est e il cardinale Casaroli, aveva capito che se la Santa Sede fosse entrata “pleno iure” tra gli Stati membri della Conferenza di Helsinki, avrebbe acquisito con tutti questi governi una legittimazione al negoziato, caso per caso. Quindi, questa partecipazione che incominciò nel 1972 e si concluse con la firma dell’Atto finale, fatta da lui, dal cardinal Casaroli, a Helsinki nel 1975, diede la possibilità in seguito di sviluppare visite, contatti e negoziati con tutti questi Paesi.

 
D. – Quali novità il cardinale Casaroli ha introdotto nella diplomazia vaticana?

 
R. – Non è che lui abbia introdotto delle novità, ma è stato un esempio. Coniugava una fede saldissima ad una grande finezza intellettuale; sapeva imporsi con la prudenza, pazientare nelle situazioni, non per attendere semplicemente, ma per costruire quella che gli sembrava una scelta coerente ed avanzata. Sapeva anche guidare gli altri verso le ragioni di una decisione che lui aveva già maturato da tempo. Era quindi uomo di grandi disegni!

 
D. – Accanto a quest’opera diplomatica, il cardinale Casaroli ne svolgeva un’altra più silenziosa e quotidiana: la vicinanza ai giovani emarginati appena usciti dal carcere …

 
R. – Aiutava quelli che erano usciti dal carcere a trovare lavoro, a inserirsi nella vita. Nell’ultima udienza di Giovanni XXIII, a metà maggio 1963, praticamente due settimane prima della morte del Pontefice, mentre il cardinale Casaroli gli aveva riferito sulle visite che aveva fatto a Budapest e a Praga, alla fine il Papa gli disse: “Lei ci va ancora, da quei giovani a Casal del Marmo?” – “Sì!” – “Continui da andarci!”, gli disse Giovanni XXIII. Era veramente come una specie di consegna che il Papa gli aveva dato.

 
D. – Qual era la spiritualità del cardinale Casaroli?

 
R. – Accanato al senso delle cose possibili, poneva sempre una valutazione delle cose necessarie, cioè del costo morale e spirituale che la Chiesa deve sostenere per fare una determinata scelta. E’ una sapienza che gli dava il coraggio di agire nelle circostanze più difficili, quando di fronte al dubbio e alla solitudine delle scelte, rimane solo la preghiera, l’affidamento al Signore, il salto rischioso nell’atto di speranza, sostenuti dalla certezza che Cristo non abbandona la Chiesa. Quindi, in tutte le cose importanti che ha contribuito a realizzare, ciò che meno appare di lui è in fondo ciò che fu più presente nel suo habitus: la consapevolezza del primato della carità. Specialmente, io vorrei far notare questo: la finezza che si rivelava nel rapporto che aveva con i vescovi delle Chiese perseguitate, e lui era tutto teso ad operare perché non perdessero fiducia nelle ragioni del negoziato, e in ogni momento mostrando loro una solidarietà che arrivava fino alla tenerezza e alla sollecitudine di un padre, al fine di sorreggere la forza di quelle Chiese a vivere “in spe contra spem” fino al giorno in cui potesse tornare la libertà.







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